Oasis a Vallesaccarda. Gli antichi sapori sulla grande tavola della famiglia Fischetti

Oasis Vallesaccarda interni

Via Provinciale 5
Tel. 0827.97444
www.oasis-saporiantichi.it
Aperto sempre
Chiuso giovedì, domenica sera
Degustazioni da 20 a 70 euro

di Tommaso Esposito

Si scende a Sud.
Giù verso le Puglie, lungo l’autostrada, quasi parallela ai solchi degli antichi tratturi.
Si esce a Vallata.
Siamo in Baronia, periferia irpina e terra di confine.
Lo sguardo coglie colline e valli.
Ti appaiono ora pascolo, ora campo coltivato.

Qui trovi ancora tesori nascosti della gastronomia.
Ne è ricca la grande tavola della famiglia Fischetti.
Passano gli anni, ma restano vive le emozioni che si provano in questa casa.
C’è eleganza nello stile dell’accoglienza, ma anche il calore e la premura affettuosa per l’ospite.
Tavoli grandi e candidi che a mano a mano si riempiono di buon mangiare.

Già i pani raccontano storie di mugnai e di farine.
Di forni.

Poi gli oli.
E il burro.

Manteca, ha per nome. Accenti catalani che rimbalzano ancora tra le valli.
E’ racchiuso nello scafo di un caciocavallo.
Con qualche acciuga e con il pane potresti cominciare e giungere, così, in fine.

Ma la carta reclama.

Ops. C’è ancora un boccone fritto di carmasciano in  liquida salsa di carciofo.  Così, tanto per scuotere qualche papilla.

Si comincia. L’uovo.

E’ di gallina ruspante, fatto all’occhio di bue, pane verdure e bottarga di tonno.
E’ l’elogio dell’aia e dell’orto. La bottarga fa sapido pendant  con i lipidi del tuorlo, cremosi e densi. Intensi.

Minestra di verza e patate.  Mineralità e dolcezza. Levità, eppure.

 

Baccalà, sedano rapa, pomodori arrostiti, sentori di agrumi. Il gioco dell’ arancia con le sue zeste è bello. Gareggia il trancio di mussillo umororoso con il profumo del sedano che a tratti sa di finocchietto selvatico, a tratti di tonda liquirizia.

L’aglio bruciato sta lì da sempre.

Involge i ravioli di ricotta con la salsa di noci.
Spettacolo.

I trilli, avi di fusilli e ricci de’ foretana, candidi e teneri, Un po’ dolci, un po’ amari, un po’ sapidi. Stanno con il baccalà, i carciofi e i fichi mandorlati del Cilento.

C’è pure uno zafferano irpino, quello di Lacedonia.

I suoi pistilli profumano e colorano gli gnocchi piacioni che la cipolla ramata di Montoro addolcisce, mentre il caciocavallo di Vallata tenta di rendere rude.

Risotto Carnaroli gran riserva 2013. Piemontese (unico ahimè per rimpiangere quello raro del Principato Citeriore).

Un bel piatto, in cui le note agrodolci con sono vezzo modaiolo, ma sapori centrati.

Poi i secondi.

Con lo stracotto di agnello, purè affumicato al legno di faggio e riduzione di Taurasi. Qualche carciofo, è il tempo delle mammarelle, croccante non è solo contrasto tattile.

Cremoso di baccalà e tartufo. Insolita veste sudista del sud del baccalà mantecato. Mantecato, appunto.

Il maiale bianco, peperoni all’aceto, arance e vin cotto. Goloso e stimolante.

E i dessert. Senza orpelli. In sé.

La mousse di cioccolata, latte e gianduia.

La Millefoglie con crema e amarene. Coccolosa come non mai.

Eccoli, dunque, i tratti essenziali  di una cucina di territorio.
Di tradizione.
Qua sono in grado di attraversare il tempo, restando concretamente e golosamente moderni.
Miracolo?
Macché.
E’ una grande e bella tavola!


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