Nove locali dove il baccalà diventa mito

di Tommaso Esposito

C’è chi ormai lo prevede con certezza: è boom di baccalà. La tendenza sembra essere proprio il consolidamento sulla tavola degli italiani di piatti a base di questo pesce salato che vien d’Oltremari, come lo descriveva il purista Basilio Puoti nel suo vocabolario della lingua napoletana di metà Ottocento, e del suo analogo, lo stoccafisso, che invece viene essiccato ai gelidi venti dei fiordi nordici. I dati sono chiari: dalla Norvegia e dalla Finlandia il maggior export estero si dirige verso il Triveneto e la Campania.
Non a caso il Norwegian Seafood Council, l’ente fondato dal Ministero della Pesca norvegese, con l’avallo di Sua Maestà il Re Harald V di Norvegia, nomina ogni due anni gli Ambasciatori del Baccalà e dello Stoccafisso.

A dicembre 2014 è toccato a Paolo Barrale, cuoco del Marennà di Sorbo Serpico in provincia di Avellino, di essere insignito del prestigioso riconoscimento grazie alle sue ricette, ma soprattutto ai suoi “Cannelloni di Stoccafisso di Norvegia con salsa di vongole e tartufi di mare, limone e clorofilla di prezzemolo”.
Ma dove è possibile nella nostra regione sedersi a tavola per fare una full immersion tra mussillo e coroniello?

Partiamo da Napoli ricordando Antonella Rossi a Napoli Mia sulla Riviera di Chiaia da sempre metteva in carta il baccalà e speciali sono i suoi carpacci e le sue cotture al vapore.

Baccalaria, in Via Sedile di Porto, è la novità assoluta nata dall’idea di Toti Lange di affidare allo chef Vincenzo Russo il mandato di cucinare baccalà, soltanto baccalà.
Somma Vesuviana è la meta indiscussa per chi voglia fare un vero e proprio pellegrinaggio sulle tracce del sacro merlucio.

Qui c’è la trattoria tradizionale ai Tre Pizzi Lo Smeraldo, ma c’è soprattutto Locanda Nonna Rosa dove bisogna prenotarsi almeno dieci giorni prima per essere sicuri di assaggiare il tegamino di stocco e patate o le candele spezzate a mano con la genovese di baccalà preparate da Enzo Nocerino.

Salvatore Granato sta a Marigliano nel suo ‘O Scialatiello dove tra i fritti di ventresca e gli intingoli con pomodorino olive e capperi trionfa il mussillo alla brace più buono che si possa trovare in giro.

A Giugliano Luisa e Laura Iodice a Fenesta Verde vi faranno assaggiare l’impeccabile baccalà fritto alla napoletana di cui parla il Cavalcanti.

A Candia, terra irpina di nocciole e Fiano, Antonio Petrillo governa la sua Corte dei Filangieri. Qui assaggerete il baccalà alla pertecaregna, marenna tipica dei contadini saporita e gustosa grazie anche al peperone crusco fritto che la guarnisce.

Se poi si è stufi del solito paccaro con lo stocco, si può andare da Francesco Fusco a Il Moera di Avella e godersi i suoi ravioli di baccalà con provola e patate.

Alla rotonda di Arzano un locale cult dove davvero il baccalà accompagna tutto. Non a caso si chiama Biancobaccalà

Una mezzora da Napoli via autostrada e si può raggiungere Vairano Scalo dove Antonio Ruggiero regna da Re nell’Osteria del Baccalà in cui si trova tutto, anche il quinto quarto dai ventricelli alle panzelle.

E infine c’è la pizza con scarola e baccalà. La più buona è il calzone al forno di Vincenzo Di Fiore nella sua Bella Napoli ad Acerra.


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