Il nostro pranzo Fin du Monde, lungo otto ore tra amici, vini e qualche piattino:-)

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Giancarlo Maffi

E Ciomei portò il suo olio nuovo.

Un signore, molto signore, il faut le dire, che possiamo ubicare sopra Roncobilaccio, con un po’ di sangue meridionale e molto vino francese nelle vene mi chiama, nel mese di ottobre.

Dice “Giancarlo, mi piacerebbe ripetere quella cosa che facciamo da me ormai da tre anni. Un po’ di buon vino, qualche piattino francese unito ad un paio di pietanze della nostra terra. Ce ne stiamo tranquilli, con pochi amici, in souplesse, senza ansie da prestazione. Pensaci tu per le persone, mi fido, non ti sei QUASI mai sbagliato, massimo sette posti”.

Quasi, dice. E i brividi corrono lungo la schiena. Se ricordo bene quelli dell’anno scorso gli erano piaciuti, più o meno. Inizio il giro delle telefonate ma a metà strada mi richiama.

“Senti, perchè non invitiamo un paio di chef quest’anno?”.

Spiazzato, rifletto su alcuni nomi. Poi ne faccio, dopo suggerimento e consulto telefonico col produttore oleario Ciomei. Piacciono. Igles Corelli e Mauro Uliassi saranno dei nostri. Cinque telefonate le avevo già chiuse, più i due chef e siamo arrivati. Due saltano. Pazienza, sarà per l’anno prossimo. Anzi no, c’è la fine del mondo, cribbio! E l’olio santo di Ciomei ha la dedica, infatti: in occasione del pranzo del 10/12/12 “FIN DU MONDE”. Poi a uno, e ci sono anche affezionato, non piacciono le “feste dell’Unità”, che per lui sono più di tre persone. Mi ha già detto no un paio di volte quest’anno e per i miei gusti il terzo diniego non me lo faccio dire nemmeno da miss Mondo o dallo scrittore più bravo d’Europa.

La squadra è fatta. Pignataro parte da Salerno alle sei con il treno, scende a Firenze, Aldo Fiordelli lo recupera in stazione e partono per il nord. Ciomei prende Corelli a Pescia da Atman, il sottoscritto in Versilia, Fabrizio Scarpato alla Spezia e via veloci. Uliassi fa il misterioso ma ci chiede l’indirizzo preciso e promette che ci aspetterà davanti alla casa del nostro Uomo. E’ un casino perchè tutti vorrebbero portare qualcosa. Voi portereste l’acqua al mare? Il Corelli si impone, con la scusa che è la fine del mondo l’ultimo salame di mora romagnola lo vuole portare, salame fatto per lui personalmente e assolutamente senza conservanti tranne dei fiori di…(segreto professionale). Impossibile rifiutare, vi assicuro, dopo un assaggio fatto al suo ristorante.

La faccio breve. Alle 13:30 siamo sul divano. Si parte con il botto, Dom Perignon 2000 Magnum, il salame di mora romagnola e un cucchiaio di lumache alla “velefacciocomepareame” ma lo stile è chiaramente francioso. Le facce di Corelli&Uliassi la dicono tutta: “ma questo è capace di fare anche da mangiare”.

Poi la tavola. Si inizia a stappar bottiglie, i miei compagni di zingarata ve ne parleranno.

Il primo piattino è fresco e saltante. Animelle e foie-gras, valeriana.

Altro tappo che salta, la pietanza è zuppa di rane, spugnole, rane. A metà fra Giuan Brera e Le Violon d’Ingres. Inaki non la sa fare uguale, ve l’assicuro.

Altra bottiglia: siamo uomini o caporali? e poi il 22 finisce tutto e bisogna berle.

Tegamino di trippette di baccalà, peperoni e peperoncino. Bomba golosa, da mangiarne un chilo. Corelli&Uliassi sempre più basiti.

Poi, con un uppercut senza paragoni, il piatto della festa, per me. E’ un risotto ma non è un risotto. E’ popolare ma è anche pop. Forse i Costardi lo fanno più strano, o forse solo più contemporaneo, ma questo è sesso, scabroso, maiale. E’ lussuria pura, bavosa, animale, ancestrale. E legale è leccare il dito passato sul fondo del piatto.

Gli argomenti scivolano come il vino, qualche volta leggeri, talora urticanti. Si parla ancora del caso Bottura vs. Striscia, con risultati al tavolo inaspettati. Poi tutti vorremmo la più autorevole e raffinata critica italiana, Fiammetta Fadda, a capo della Michelin ma sappiamo già che non sarà cosi.

Ho espressamente chiesto al padrone di casa, si dice faccia di tolla dalle mie parti, la ripetizione di un piatto dell’anno precedente: brasato con puré. Avete presente la famosa pubblicità del “si taglia con un grissino” ? Quella, fatta realtà. Con purea, decisamente Robuchonaise. Il vino? Su questo niente Francia, per una volta. Barolo, e che Barolo, Sarmassa 2001 di Voerzio!

 

Chiusura con un dolce, che in realtà serve solo come passepartout per aprire l’immancabile e inarrivabile Chateau d’Yquem, 1993 questa volta..

Chartreuse? Oui, verte.

 

 

 

 

 

 

 

A questo punto persone normali avrebbero amabilmente chiacchierato un pochino, gentilmente ringraziato e levato le tende. Già le 17 pareva orario decente. Ma noi, volendo evitare rischi al rientro, avevamo prenotato sette camere sette.

“Fermi tutti” dice il nostro amabile Ospite.

“Visita nella cantina della baita, temperatura bassa ma perfetta, mettetevi i cappotti”.

Ormai conosco il coup-de-theatre. Chi viene per la prima volta resta abbastanza sconvolto. Bell’Italia sì, ma soprattutto grandiosa Francia, con profondità da grandi abissi. Io mi diverto a guardare le espressioni dei visi. C’è gente navigata, mica paglia, ma lo stupore impera. Ce ne torniamo su con qualche meraviglia.

Si riapre, centellinando… si fanno le 19:30. Esce l’anima meridionale del Nostro. “Scegliete una pasta”. Siamo indecisi. “Allora – dice lui – le facciamo tutte” sorridendo come un bambino.

La pasta è Vicidomini di Castel San Giorgio, nuovi spaghettoni, roba per uomini veri. Ho visto chef pieni di sé saltare per aria, a casa mia, con la Vicidomini, accusando sempre gli altri, perchè in questo paese la colpa è sempre degli altri, naturalmente.

Tre sberle: GRICIA-MATRICIANA-CACIO E PEPE.

Solo un pelo di pepe di troppo e salatura eccessiva sull’ultima, ma sono le 22:30 e il nostro Ospite cucina per noi dalla mattina. Tiriamo un sospiro di sollievo, tutti: la perfezione non esiste, grazie al cielo.

Io chiudo con un goccio di Krug Rosè che prima avevo snobbato. E’ una brutta sberla, per me. E’ troppo elegante il bastardo, troppo femminile. E’ un flash malinconico. Si inumidiscono gli occhi, maledizione.

 

Quel matto di Uliassi, che si è bevuto anche due birrette per sostituire l’acqua che evidentemente gli schifa, riparte pazzescamente per Senigallia, noi tutti ci rifugiamo in albergo.

Giornata unica, da levare il fiato. Mauro, già oltre Milano, ci manda un messaggio: “grazie ragazzi, quando si rifà?”.

Un unico appunto, perchè la verità, almeno la mia, è sacra: il culatello portato a metà pranzo era morto. Il padrone di casa ha fatto del suo meglio ma le pratiche rianimatorie sono state vane. Il produttore? Perchè infierire? Lo conoscono tutti…

Sempre Santo invece Joselito, ma quello me lo sono portato a casa io!

Venga pure la Fin du Monde, ora.

Per me questo è stato il pranzo di Natale.

Si pensa già al prossimo, nella speranza che l’Uomo con la baita mi sopporti ancora…

 

LA CANTINA
Dom Perignon Vintage 2000 (Magnum)
Batard Montrachet Grand Cru 1999, Gagnard (Magnum)
Montrachet Grand Cru 2000 Chateau de Puligny
Montrachet Grand Cru 1997, Bouchard P&F
Romanée St. Vivant 1989, Romanée Conti
Petrus 1995
Gevray-Chambertin 1° Cru Les Champeaux, D. Mortet
Barolo Sarmassa 2001, Voerzio (Magnum)
Chateau d’Yquem, Lur Saluces 1993
Krug Rosé
Trebbiano d’Abruzzo 2002, Valentini
Chevalier Montrachet 2002, Bouchard P&F
Birra di Natale
Chartreuse
Chateau Margaux 1° Grand Cru, 1984
Chateau Cheval Blanc 1° Grand Cru, 1992

 


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