Milano, presentata la decima edizione di VinNatur

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Alessandro Marra

È stata presentata ieri a Milano l’edizione del decennale di VinNatur (accento sulla “u”) che si terrà dal 6 all’8 aprile 2013 sempre a Villa Favorita di Sarego. Le novità della decima edizione saranno una serie di degustazioni guidate (10 vini di 10 anni: 10 vini naturali che hanno sulle spalle 10 o più anni di invecchiamento; La voce del vulcano: 10 vini frutto di grandi terroir vulcanici, l’Irpinia, l’Etna, il Gambellara, i Colli Euganei, l’Etna) e un convegno sui vini (cosiddetti) naturali.

Nell’appartamento Lago, nel cuore di Brera, c’era anche Angiolino Maule (accento sulla “a”), Presidente dell’Associazione e vignaiolo de La Biancara, e Chi si aspettava una “risposta” alla polemica sui vini naturali non è rimasto deluso: peccato solo non aver potuto pungolare oltre Angiolino, non essendo io rimasto per il buffet (curato -per la cronaca- dal giovane chef Carlo Pozza, in abbinamento alla Malvasia Frizzante 2010 di Camillo Donati, al Pico 2010 de La Biancara -l’azienda di Maule- e al Taurasi Nero Né 2006 de Il Cancelliere).

C’è stata pure la presentazione di un’iniziativa -se non ho capito male- collaterale alla fiera vinnaturista che sarà Sestri Les Vins,
un banco d’assaggio che si terrà a Sestri Levante, il 24 e 25 febbraio prossimi. La cittadina ligure sarà terra di degustazioni per tutto il mese di febbraio, con i ristoranti del territorio impegnati nel proporre la tradizionale ligure in abbinamento ai vini degli aderenti all’associazione VinNatur, che saranno presenti ad ognuna delle serate per raccontare i propri vini. Non male.

Dopo l’intervento iniziale sul bisogno di un’altra associazione – “VinNatur è un movimento che ha mosso i primi passi nel 2003 ma solo nel 2006 ha acquistato dignità di associazione. Lo scopo è quello di fare ricerca per produrre vini privi di difetti e senza chimica aggiunta. In questo senso, i soldi introitati dall’associazione sono serviti e serviranno proprio a creare opportunità di ricerca con le Università e a promuovere la cultura del vino” – è arrivato, inevitabile, il riferimento alla polemica innescata dall’ormai famoso pezzo del Gambero Rosso: “avrei una risposta da dare ma son troppo in basso per farlo. Solo vorrei dire: non vi pare un controsenso quello di dover pagare per non inquinare? Premesso, comunque, che il produttore naturale è come un direttore d’orchestra, c’è chi esegue bene e chi male, non capisco perché un vino debba essere per forza di cose limpido o pulito visto che poi, per fare un esempio, l’acidità volatile faciliterebbe pure la digestione perché abbassa il PH. Per dire, l’annata 2005 è stata per me disastrosa: i 20 minuti di grandine del 14 agosto hanno significato una grossa perdita quantitativa e qualitativa; la settimana intera di pioggia durante la vendemmia ha fatto il resto. Nel 2011, un mio amico sommelier giapponese ed io abbiamo stappato una magnum di quel millesimo: per me il vino era clamorosamente ossidato, non per lui. Dove sta la verità?”.

E poi: “Noi vogliamo stare fuori dalla polemica, parliamo appunto di vini da territorio, ci adoperiamo per fare ricerca sui suoli, per prevenire le malattie, per studiare i lieviti e –soprattutto- i batteri, cercando di ostacolarli con le uniche armi in nostro possesso: pulizia, temperatura ed ossigeno. Il termine naturale è fuorviante? Noi, per naturale, intendiamo niente chimica in cantina né in vigna, possibilmente con meno di 50 g/l di solforosa; ma possiamo anche non usare la parola naturale se non sta bene. Ripeto, se da’ fastidio la togliamo. Non ci interessa altro che produrre vini puliti ed è per questo che da 4 anni facciamo analisi sui pesticidi”.

Prosegue, poi: “Dal punto di vista produttivo, il vino naturale costa anche meno: usiamo alghe, scarti e composti vegetali per la vigna, stiamo cercando di togliere anche rame e zolfo. La cosa più costosa è il rischio dell’annata. Poi, sono d’accordo, c’è sempre il produttore ‘ingordo’, che si monta la testa. Se incontrate chi mette davanti la certificazione, tremate! Sono in molti quelli che oggi cavalcano la moda.

Sul successo dei vini (cosiddetti) naturali, infine: “ho paura perché è arrivato troppo in fretta. Conosciamo solo l’1% dei lieviti che portiamo in cantina, abbiamo ancora molto da fare, da conoscere e da studiare. Il confronto, anche con i vignaioli stranieri e -soprattutto- francesi (davanti ai quali siamo oggi più credibili che in passato), farà chiarezza”.

 

Foto di Alessandro Marra


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