Napoli. Veritas Restaurant, i guizzi di Gianluca D’Agostino e lo charme di Stefano Giancotti

Corso Vittorio Emanuele 141
Tel. 081.660585
www.veritasrestaurant.it
Aperto la sera; domenica a pranzo
Chiuso lunedì, domenica sera
Degustazioni da 20 a 48 euro

di Tommaso Esposito

Una sosta al Veritas Restaurant.
Cominciamo dal pane.

Tutto bianco;  condito con le olive nere di Gaeta;  ai semi di sesamo.
E’ perfetto:  crosta, mollica, briciole. Piace.
Lunghi, sottili, appena cosparsi di scaglie di sale.
Fragranti d’olio d’oliva e di forno.
Un piccolo benvenuto.
Lingua di vitella con crema di cavolfiore, papaccella riccia e tartufo.
Morbidona elastica frattaglia che guizza vivace e si embrica con l’acidula papaccella.

Palamita marinato con saltimbocca croccante  di Michele Leo, insalata mediterranea
e ricotta infornata.
Un antipasto vivace. C’è folla con quei riccoli di ricotta, belli asciutti e odorosi.  Delicatamente sapido per natura il filetto dell’azzurro. Freschezza esprimono il pomodoro  seccato al sole, rinvenuto nell’olio e la cipolla rossa. La riccia scarola a crudo rilascia quel po’ d’amaro che serve e stimola.

Insalata di polpo “arricciato”, crema di patate.
Si legge e si gusta in verticale.
Il fondo è la crema, poi il polpo, in cima il fritto di carciofo.
Dal basso verso l’alto si esprime,così,  il gioco dei contrasti.
Della temperatura:  tiepido, freddo, caldo.
Del tatto: cremoso morbido,  elastico tenace, croccante asciutto.
Del gusto: tenue dolce lieve,  sapido marino, amarostico.
Non un gioco soltanto. Lo si nota al palato.

 

Spaghetti con cicoria e gamberi rossi.
Curato nella scelta dei crostacei: belli grossetti , eviscerati e carnosi.
Si sente tutta la loro dolcezza anche nella bisque che amalgama la pasta.
Alla selvatica  cicorietta, perciò, non riesce il contrappunto.
E il piatto resta piacione, piacione.

 

Bella a vedersi per il colore che riflette lampi d’argento la Pasta e patate al nero con insalata di seppie e pomodoro di Sorrento.
Qui la patata si sente, si distingue. Non è saporosa purea che nonna ci fece.
Il cuoco l’immagina e la rende altra minuzzaglia.
Dodicesima, forse, tra tanti maccheroni ‘mmescati.

E buono è il sapore della seppia, del suo umore scuro che fascia, avvolge.
Vien voglia d’intingolare le dita e suggerle con voluttà.

Filetto di baccalà con purea di zucca lunga napoletana e scarole.
Dissalato alla perfezione.
Ti accorgi  che è mussillo per l’odore della pelle.

Gioca ancora tra l’amaro e il dolce il fondo di cocozza con scarola.

 

 

Pera farcita con ricotta al pepe rosa,  briciole di amaretti .
E’ il dolce. Espressivo, vellutato, profumato di frutta e di spezie e di mandorle amare.

 

In una Napoli gastronomicamente pigra e sonnacchiosa i barlumi, i guizzi di Gianluca D’Agostino e lo charme di  Stefano Giancotti sono dunque certezze.
Torneremo al menu di primavera
E voleremo, di certo.


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