Nobile di Montepulciano Bindella a Napoli: la degustazione

Pubblicato in: Eventi da raccontare
Marina Alaimo e Giovanni Capuano

di Luca Miraglia     

Il nuovo ciclo di “Storie di vini e vigne”, incontri organizzati presso l’Enosteria Cap’Alice di Mario Lombardi in collaborazione con la giornalista Marina Alaimo e giunti ormai al terzo anno di vita, non avrebbe potuto iniziare in maniera più “nobile”: la prima serata è stata infatti dedicata proprio al Vino Nobile di Montepulciano, storica denominazione vinicola toscana coincidente con la bellissima cittadina rinascimentale sita in provincia di Siena.

Ci ha presentato i suoi vini l’azienda “Bindella”, nata nel 1985 quasi per gioco con l’acquisto – da parte dell’imprenditore svizzero Rudi Bindella, operante nel ramo della ristorazione e dell’import-export di vini di pregio – di una piccola proprietà costituita da una casa colonica pressoché diroccata e da 2,5 ettari di vigneto, ubicata in località “Vallocaia”, rientrante a pieno titolo nella zona di produzione del Vino Nobile di Montepulciano che – va sottolineato – rappresenta la prima Denominazione di Origine Controllata e Garantita autorizzata in Italia, nel lontano 1980.

E “Vallocaia” è il nome di una delle tre declinazioni di Vino Nobile presentate in degustazione ed illustrate con passione ed autorevole competenza dal responsabile dell’azienda, l’agronomo ed enologo Giovanni Capuano, il quale, giunto in Toscana dalla natia Cava dei Tirreni per una breve sosta di studio, ha trovato a Montepulciano il suo luogo d’elezione e, ormai da oltre quindici anni, conduce – in sintonia con la proprietà – la gestione e lo sviluppo dell’azienda, giunta ad oltre 35 ettari vitati, comprendenti non solo il Sangiovese (nella sottovarietà “Prugnolo gentile” presente soltanto a Montepulciano), ma anche altre varietà tipiche della tradizione viticola toscana quali il Colorino del Valdarno, il Mammolo ed il Canaiolo nero.

Gli assaggi hanno riguardato, in una panoramica che ha impegnato non poco l’attento pubblico richiamato dall’elevato interesse dell’incontro, le tre tipologie con cui l’azienda propone il suo Nobile: “Bindella” e “I Quadri”, nelle annate 2003, 2008 e 2012; “Vallocaia”, la riserva più pregiata, nel millesimo 2010: una fotografia, perciò, ampiamente rappresentativa delle molteplici sfaccettature e connotazioni che il Nobile è in grado di presentare, in dipendenza della natura dei suoli che ospitano le vigne e dell’andamento climatico delle annate, nonché delle scelte di cantina.

Eccone quindi il dettaglio, nella cui illustrazione Giovanni Capuano ha mostrato una brillante capacità affabulatoria, oltre che una rara competenza tecnica.

Le tre annate del “Bindella DOCG” (un uvaggio a prevalenza Sangiovese – nel pieno rispetto del disciplinare di produzione – con un saldo del 15% di Colorino, Mammolo e Canaiolo nero) hanno tutte evidenziato una grande eleganza, sostenuta da un’elevata freschezza che mitiga la spinta alcolica; inconfondibili le note floreali di viola mammola ed iris, integrate da toni balsamici intriganti e vivaci.

L’annata più giovane (2012), figlia di una stagione siccitosa, mostra una grande concentrazione di tannini ed un sorso decisamente alcolico, ma lo scorrere del tempo non potrà che evidenziare ancor più le già presenti, elegantissime note minerali e di grafite.

Marcatamente diversa l’espressività del Nobile “I Quadri DOCG”, un Sangiovese in purezza che interpreta appieno la differente natura del suolo su cui giace la vigna “Santa Maria” (argilloso e limoso) rispetto al precedente, prevalentemente sabbioso, nonché l’esuberanza del varietale: i sentori olfattivi – anche in questo caso piuttosto uniformi per le tre annate – sono all’inizio più cupi e necessitano di tempo per esprimersi (donde la definizione di “vino dell’attesa” coniata da Marina per sintetizzarne l’immagine): dopo, ecco finalmente giungere gradevoli note iodate e di rabarbaro, unite ad una sostenuta balsamicità e ad una fine speziatura.

Il gusto è pieno, materico, il tenore alcolico importante ne fa un vino da grandi arrosti di carne rossa e selvaggina.

Il “Vallocaia” rappresenta il più prestigioso cru aziendale (è infatti l’unica “riserva”) e prende il nome dalla località “da cui tutto ebbe inizio”: è un blend di Sangiovese al 90% , con l’aggiunta del solo Colorino per il restante 10%.

Sviluppa la propria maturazione nell’arco di due anni, dapprima in legni piccoli e poi in botti grandi, terminando l’affinamento con un ulteriore anno di bottiglia.

All’olfatto è profondo e complesso, con una piacevole nota agrumata di arancia rossa, integrata da note balsamiche e minerali nonché dall’onnipresente, piacevolissima viola mammola; il palato è pieno ed austero, ed il millesimo assaggiato si mostra ancora giovanissimo, evidenziando grandi potenzialità di sviluppo gusto-olfattivo: un vino davvero importante, in grado di offrire grandi emozioni.

Come è nella tradizione di queste serate, ispirate dalla ricerca di abbinamenti gastronomici il più possibile in sintonia con i protagonisti enoici, il menu degustazione ha previsto due piatti classici della cucina toscana, la “ribollita” (minestra di verdure accompagnata da pane croccante), e l’arista di maiale alle castagne cotta al forno, guarnita, però, dai napoletanissimi friarielli; in chiusura abbiamo apprezzato un tortino di mele annurche con crema chantilly.

 

 

Una serata felicemente conviviale, che ancora una volta è riuscita a creare quell’alchimia che rende le serate da Cap’Alice imperdibili.

 


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