Tordomatto a Roma, Adriano Baldassarre snellisce il menu ma i piatti super ci sono tutti!

Tordomatto di Adriano Baldassarre Roma

Tordomatto, Adriano Baldassarre

TORDOMATTO
Via Pietro Giannone, 24 (Trionfale)
Aperto: a pranzo, dal venerdì alla domenica. A cena, dal lunedì alla domenica.
Chiuso mercoledì.
Tel.  06 69352895
www.tordomatto.com

di Virginia Di Falco

Adriano Baldassarre è tornato col suo Tordomatto (una stella Michelin) dopo le ferie estive, dopo la chiusura dovuta al lockdown, ma – soprattutto – dopo una riflessione a tutto tondo sulla propria cucina e sul mestiere di chef che lo aveva portato, già l’anno scorso, da un lato a concentrarsi sui piatti di tecnica e ricerca e, dall’altro, a sguinzagliare la sua romanità verso una sorta di succursale, con l’apertura di una trattoria autenticamente popolare (l’Avvolgibile, nel quartiere Appio Latino).

Un percorso che lo ha portato alla scelta coraggiosa e centrata di snellire molto la proposta del Tordomatto, dove oggi trovate solo 2 menu degustazione, a 50 e 70 euro (sì, avete letto bene!) e una carta parecchio dimagrita. Tre antipasti, tre primi di pasta, tre secondi e quattro dessert. Ma i piatti chiave sono tutti lì, in una cucina solida, sempre molto studiata, pur con una spontaneità che va oltre i titoli e le didascalie.

La sala, di un’eleganza molto sobria, forse chiede più luce, anche se i meravigliosi piatti delle collezioni classiche di Richard Ginori illuminano letteralmente i tavoli ben distanziati.
Il benvenuto è il cappuccino di baccalà, ormai la sua firma.

Tra gli antipasti, la ricciola salta di qua e di là grazie alla stuzzicante suggestione di pizzaiola; e l’agnello crudo si fa strada in una ‘cacio & ovo’ di grossa e grassa golosità con un’ombra quasi impercettibile di cocco che rinfresca e ingentilisce.

Discorso a parte merita la pasta, con quella fresca lavorata a mano, certosino trionfo di estetica e gusto, come nei tortelli di melanzana bruciata, succo di pomodoro e basilico. Mentre quella secca non manca mai, vera sfida del cuore, per Baldassarre.

E infatti non tradiscono i suoi personalissimi ‘spaghetti ajo e ojo’ serviti con calamaretti a crudo, piatto di una semplicità disarmante ma di notevole intensità. Un punto leggermente sotto, questa volta, le linguine ‘gamberi, peperoni e maggiorana’, con un acuto dolce troppo pronunciato.
Il pane, che ricordavamo buono, invece, è strepitoso (finisce e viene prontamente sostituito).

Tra i secondi un saporito pollo con i peperoni che evoca un tandoori in salsa romanesca.
L’impressione, che si rafforza ad ogni portata, è quella di una cucina ormai matura, che però non si siede a guardare, e cerca stimoli continui nella memoria delle radici così come in quella dei lunghi viaggi. Riuscendo così a soddisfare, al contempo, appetito e curiosità.

In chiusura, pre dessert al frutto della passione in sorbetto e granita; un delicato omaggio ad Aldo Fabrizi profumato di biscotto e cioccolato bianco e la versione al cucchiaio della classica ‘ricotta & visciole’. La piccola pasticceria, infine, è un riuscitissimo esercizio di tecnica e gusto che convince molto più dei dessert.

Una carta dei vini, infine, con 700 etichette e interessanti percorsi personali, da «quaderno di cantina», a dir la verità penalizzata dalla lettura obbligata su smartphone (e dall’assenza di Simone Romano: dove stava?).
Noi abbiamo puntato il dito sul verdicchio di Corrado Dottori, che si è destreggiato egregiamente tra i piatti.
Alla carta, sui 70 euro. Spesa di grande soddisfazione.

Qui di seguito la recensione del 18 settembre 2017:

di Virginia Di Falco
Inquieto, cocciuto, incontentabile. Anche se lo conosci solo attraverso la sua storia e uno scambio di poche battute sono questi i primi aggettivi che ti vengono in mente pensando ad Adriano Baldassarre.
Quarant’anni appena compiuti, curriculum tanto importante quanto accidentato, da poco più di un anno ha riportato a Roma, nel quartiere Trionfale, il suo Tordomatto. Aperto nel 2004 a Zagarolo, chiuso dopo 5 anni di successi e una stella Michelin, il Tordo Matto è stato la sua ossessione negli anni successivi, ma anche la ragione del suo lavoro e della sua ricerca, soprattutto nei due anni trascorsi in India.

Ed è tornato a Roma in grandissima forma, Adriano. Non c’è che dire. Il nuovo Tordomatto è un ristorante elegante e moderno, tanto negli arredi quanto nella concezione della cucina.
Una sala dai colori tenui, tovagliato classico, sedute comode in un silenzio confortevole che in questo quartiere ha quasi del miracoloso.

Una carta nella quale è bello perdersi, anche se i tre menu degustazione sono ben concepiti: ConFusione, 10 portate che tengono insieme i classici dello chef con i suoi piatti più nuovi, a 120 euro; IspirAzione, che permette di comporre il proprio menù, a 85 euro; e TraDizione per chi non sa resistere al richiamo della coda alla vaccinara o al coniglio alla cacciatora, a 65 euro. A dispetto del nome, come vedremo, il filo rosso che lega tutti i suoi piatti è quello della memoria, dai ricordi della spiaggia del mare teramano dove è nato fino alle suggestioni della sua ultima lunga esprienza a Mumbai.

Le “svojature” iniziali sono un ottimo start: tre bon bon che concentrano tecnica, stile e, soprattutto, sapore. In un boccone la schiettezza dell’oliva all’ascolana, nel secondo una rassicurante panzanella, nel terzo la rusticità sapida e ruvida di ciauscolo e pecorino.

Il benvenuto è invece uno dei suoi cavalli di battaglia: il cappuccino di baccalà, piatto del 2004, indimenticabile concentrato di golosità, persino quando nella terza o quarta cucchiaiata è l’olio extravergine di oliva a predominare ed avvolgere il palato. Ricco, sontuoso, equilibrato: il piacere che procura è così simile a quello del budino di quando si era piccoli che ti chiedi perché mai qui non venga servito come dessert.

Tra gli antipasti, l’ostrica avvolta dal lardo caramellato con cipollotto fermentato è gustosa e seducente; lo iodio arriva al palato con un po’ di ritardo ma arriva, solo frenato dalla dolcezza croccante del grasso.

Un puro concentrato di mare, invece, Scampi, sabbia, spugna e corallo: dalle alghe alla salicornia non una nota stonata, gli scampi mai nascosti anzi, sempre protagonisti ad ogni boccone, nonostante il ruolo importante delle spezie.

Quanto la cucina di Baldassarre sia solida e concreta, seppure realizzata con studiatissima tecnica, avrete modo di apprezzarlo nel suo spaghettone alla puttanesca. Cottura della pasta particolare, il rosso del pomodoro reso scuro dal concentrato di olive, la sapidità naturale della polvere di cappero a completare. Elegante eppure robusto.

Lieve ma incisiva la sua interpretazione della ‘pescatora’ qui eseguita con il riso (attenzione: non risotto!). Cottura magistrale per tempi e tecnica, con i chicchi in perfetta tenuta dopo i brodi del pesce utilizzato (sì, un brodo per ciascun ingrediente di mare).

Prima del dessert, ancora un’esplosione di spezie e profumi: un piccolo bon bon che racchiude un concentrato di basilico e zenzero. Fresco e pulito, niente di meglio per affrontare il dolce.

Il massimo della qualità che si possa pretendere da cacao e cioccolato nel divertente quanto impegnativo Bocce e pallino, fondente passione. Quattro declinazioni di cioccolato fondente su un piano di terra di cacao, a ricordare un campo da bocce in miniatura.

Sempre giocoso, anche se meno cerebrale e meno sorprendente l’altro dessert, Barbatrucco.

Si chiude con un assortimento di piccola pasticceria.

Un’esperienza senza dubbio appagante, in una sala che funziona benissimo grazie anche al garbo e alla competenza di Simone Romano che segue con passione una carta con circa 100 etichette oltre che, naturalmente, l’abbinamento ai menu degustazione e la mescita. Il servizio si coordina alla perfezione con la cucina, a partire dal saluto dello chef a ciascun tavolo, per continuare con le tante attenzioni che ci si aspetta a questo livello di ristorazione, dal cambio di tovagliolo per il dessert alla pashmina di cortesia per le serate più fresche.
Una tavola, questa di Adriano Baldassarre, tra le più interessanti e mature oggi a Roma, che fa onore alla cucina italiana e capitolina senza peccare di provincialismo. Ricordi e suggestioni della terra (e del mare) di origine escono fuori nitidi e consapevoli dopo il lungo soggiorno all’estero con un risultato di ritorno pieno e ammirevole.

TORDOMATTO A ROMA DI ADRIANO BALDASSARRE


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