Trattoria Zappatori a Pinerolo e la cucina bifronte di Christian Milone

Christian Milone, chef Trattoria Zappatori

Trattoria Zappatori
Corso Torino, 34 – Pinerolo
Tel. 0121.374158

Chiuso la domenica
christian.miloneehcn@alice.it

di Paolo Vizzari

Dopo anni passati a mandare avanti due ristoranti con una sola cucina, Christian Milone ha raccolto idee e intenzioni per compiere un ponderato grande salto. Della sua Trattoria Zappatori si è a lungo discusso quasi più per la natura bifida che per i piatti, e questo benché le doti del cuoco di Pinerolo non siano mai state in discussione. Fino al recente cambio di marcia e mentalità, infatti, chi chiamava per prenotare veniva messo di fronte a un bivio: da una parte agnolotti, vitello tonnato e tanta tradizione piemontese; dall’altra – purché si trattasse di clienti col palato pronto e sufficiente apertura mentale, come ammoniva perentoria la voce all’altro capo del telefono – l’esperienza trasportante della Gastronavicella. Il neo riscontrato da buona parte del pubblico in questa divisione (non solo concettuale ma pure fisica, con due sale separate molto diverse tra loro) stava nel fatto che dietro alla fumosa paratia di proclami e moniti vari si nascondesse senz’altro un ottimo ristorante, privo però di quella vena trascendentale che tanti abracadabra sembravano promettere. Ora tutto questo è finito, e il nuovo corso vede due anime convivere in un solo ristorante. Niente più Gastronavicella (se non come titolo per il menu creativo), ma una sola carta che racchiude sia piatti classici sabaudi sia proposte di rottura. Si apre quindi un nuovo capitolo nella storia di Christian Milone, e il primo capoverso lascia presagire un epilogo interessante.

Nella raccolta e intima sala, illuminata il minimo indispensabile a vedere quel che si ha nel piatto o al limite chi siede di fronte, si viene fatti accomodare a un tavolo nudo, senza tovaglie o runner di alcun tipo. In capo a un paio di minuti compare una curiosa scatola di benvenuto, dentro cui spiccano un sorbetto al crodino con nocciole tostate e una pralina di fegato d’anatra e cacao amaro.

Scelgo di provare unicamente il lato eccentrico del Milone pensiero, ed estraggo quattro piatti più un dessert dal menu Gastronavicella. Si parte con una tartare di cappesante e asparagi servita con uovo di quaglia alla nocciola e caviale di tartufo estivo a completare. Equilibrato e fresco, con l’uovo leggermente troppo delicato in bocca ma utile a rendere ancor più cremoso il fondo vegetale.

Proseguo con un primo piatto sui generis, ovvero dei tajarin con brodo di bollito e “…oltre trenta estratti di piante, radici, frutti e fiori”. La vena stravagante sta nel fatto che i tajarin non siano di pasta fresca, ma di cetriolo crudo. Divertente la sensazione lattica ricreata, e ottimi (anche se un po’ complicati da affrontare con forchetta e cucchiaio) i tagliolini.

Spazio poi alle carni, cominciando con una sella d’agnello accompagnata da salsa di focaccia (piena e cremosa), mais, cipolle di Tropea in carpione di lavanda e fondo di pepe nero. Cottura della sella perfetta, così come il jus che l’accompagna; fra tutti i piatti il più convincente, privo di punti deboli.

A chiudere le questioni salate, un cugino umile del piccione, ovvero il colombo. In quattro parti con quattro diverse cotture, guarnito con cioccolato bianco, noce moscata e verza bruciata. Funziona di nuovo ogni elemento, e anche qui la salsa rende merito al piatto, però stavolta un appunto è legittimo: più che apprezzabili le tinte dolciastre e “corpulente”, ma un tocco maggiore di contrasto permetterebbe al piatto di fare un ulteriore salto in avanti.

Si passa al dessert, un non convenzionale ma riuscito gioco intorno ai gambi di carciofo, qui nobilitati da gelato alla colomba (il dolce pasquale, non il pennuto), crumble di cioccolato e sale, violette, liquirizia e tapioca al malto. Il legante complessivo sono in realtà alcune gocce di miele di corbezzolo aggiunte con sapienza, ma la sorpresa maggiore sta nell’armonia sprigionata dall’incontro di carciofo e gelato di colomba. Poco dolce, non stanca nemmeno una volta terminato.

Se la cantina permette di bere qualche etichetta interessante e verrà senz’altro aggiornata per stare al passo con le ambizioni della cucina, il servizio è il giusto contraltare ai piatti, silenzioso e discreto nel presentare ogni creazione e ritirarsi lasciando libertà al cliente.

Buona la prima, insomma. Christian Milone si conferma ottimo cuoco di bella prospettiva, e sembra essersi deciso a lasciar parlare i piatti al posto suo. Ora c’è da attendere la risposta di clienti e critica, ma intanto gli vanno riconosciuti (oltre a indubbie doti tecniche) coraggio e determinazione, due caratteristiche che spesso portano lontano.

foto: Domenico Di Benedetto

 


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