“Contrade vigne particelle vignaioli”: le numerose sfaccettature del gaglioppo e del suo terroir

Pubblicato in: I vini da non perdere
Ciro' degustazione

di Giovanna Pizzi

Il Gaglioppo e il Cirò.

Un’uva antichissima per una delle prime Doc che ha visto la luce in Italia.

La storia di quest’uva è radicata nello stesso terroir che la ospita, ed è proprio la terra a donare quelle caratteristiche e diversità che lo caratterizzano in tutte le sue espressioni.

La degustazione che sabato 18 dicembre l’Enoteca Regionale Cirò ha ospitato, aveva uno scopo ben preciso: un gruppo di aziende che condividono la stessa idea produttiva, come sul regime biologico, ha deciso di mettere a confronto diverse espressioni di gaglioppo, vinificato con la stessa identica metodologia, nella stessa cantina, mantenendo gli stessi parametri e lasciando addirittura maturare il vino in damigiane di vetro per non considerare l’influenza di agenti esterni.

Lo scopo di tutto ciò?

Consolidare il concetto di “Cru”, ovvero studiare e comprendere le diverse espressioni delle sottozone della denominazione, vinificando con uno stesso metodo tutte quelle uve provenienti da vigne e terroir diversi.

Ed è proprio quello che si è ottenuto.

Il merito di questa “magia” è tutto da attribuire alla diversificazione geologica di una zona di coltivazione varia e ricca come quella della Calabria e della Doc Cirò nello specifico.

La degustazione che c’è stata si presenta come un progetto ambizioso da parte degli organizzatori e dei vignaioli che hanno deciso di far squadra per un obiettivo comune, ovvero valorizzare al massimo l’espressione del proprio territorio e dei suoi prodotti.

Cataldo Calabretta, ‘A Vita, Sergio Arcuri, Tenuta del Conte, Cote di Franze, Vigneti Vumbaca, Dell’Aquila, Fezzigna, Il Brigante e Scala, sono queste le cantine che hanno reso possibile questo incontro, questo faccia a faccia con una realtà che va conosciuta, studiata e apprezzata.

La degustazione è stata accompagnata dalle parole di Matteo Gallello, cronista del vino per anni redattore di “Porthos”, e dai suoi spunti letterari che hanno introdotto il concetto di “degustazione geosensoriale”, intesa come la sensibilità di tenere in considerazione il vino nella sua interezza invece di sezionare meccanicamente l’assaggio nei parametri visivo, olfattivo e gustativo, perché esso non nasce per essere solamente annusato bensì per essere bevuto. Quindi è importante tornare alla capacità di percepire temperamento e sapore del vino e soprattutto di assaggiarlo anche in relazione ai suoi luoghi di nascita, fermo restando che la peculiarità dei vigneti può essere veicolata solo se c’è rispetto dell’uva e del vino stesso.

L’evento, che ha avuto come spettatori e assaggiatori giornalisti e addetti ai lavori, è stato realizzato grazie alla sensibilità dell’amministrazione locale guidata da Francesco Paletta, coordinatore regionale dell’associazione Città del Vino e vicepresidente nazionale dell’alleanza dei comuni a vocazione vitivinicola, e del dott. Pier Macrì responsabile del progetto, oltre che al fattivo lavoro dello studio Gagliardi Associati per la comunicazione e l’organizzazione.

A concludere, il palato è stato allietato da alcuni piatti studiati appositamente da Giuseppe Pucci, chef di “A Casalura”, per l’occasione: Arancino con pecorino crotonese dop; sfoglia con genovese di podolica e provola di latte; Pip salat, patate silane; cavatedd, broccoli ed acciughe di punta Alice; ventresca di tonno, il suo cuore, cavolfiore e limone; salsiccia locale, zucca, rape e pomodori secchi; crostatina, ricotta di Melissa, vino cotto di gaglioppo (vi prego di concedervi un pranzo o una cena da lui per una immersione nei sapori calabresi).

Tutte persone che amano il territorio, che vogliono rendere il vino elemento culmine del turismo calabrese, dando modo a questo spaccato di esser conosciuto e apprezzato non solo in Italia, ma anche in tutto il mondo.

Si è parlato di percezioni gustative, dell’importanza di apprezzare ma anche capire a fondo il gusto di ogni singolo vino, esaltando al meglio tutte quelle caratteristiche che rappresentano al meglio il Cirò non solo come vino, ma anche come realtà, come terroir. Ed ecco dimostrato che le varie contrade imprimono il loro carattere al vino: Vallo, con vini dal corpo snello e una timida espressione olfattiva; Caraconessa, appena fuori dalla Doc, i cui vini sanno di tabacco, frutta estiva e sono più terrosi; Brigante, 360 m slm nell’entroterra, vino sapido dal guizzo ferroso e dalla finezza tattile; Piciara, terreni in pianura i cui vini sanno di mare e hanno sentori iodati e speziati; Salici, i suoli più antichi dell’areale del Cirò il cui vino è più strutturato e morbido e sa di macchia mediterranea e agrumi; Valle di Casa, contrada in cui sono piantate le ultime viti centenarie di Cirò; altra contrada è Mortilla, collina argillosa dal vino particolarmente alcolico ma equilibrato, docile e confortevole; e ancora Donnicicio i cui vini hanno statura elevata e si esprimono con un rapporto tannino-acidità di grande impeto e da invecchiamento; e infine Santanastasia dal vino imponente, potente e con una sorprendente frescezza.

Il pubblico è riuscito a seguire un criterio di valutazione che verteva a sottolineare l’importanza di come un terreno sabbioso, o argilloso, o ancora calcareo, possa infondere differenze nel bicchiere: austero e tannico in alcuni calici, più naturale e delicato in altri. Le espressioni del gaglioppo non si contano sulle dita di una mano, sono così tante le sue sfaccettature che uno studio simile può portare solo ad un grande lavoro difficile da decretare rapidamente completo.

Bisogna provare e sperimentare ancora molto, perchè le mille facce di un terroir creano altrettante percezioni che arricchiscono non solo la bevuta e il vino stesso, ma anche la nostra cultura, il nostro sapere e conoscere una zona ricca come la Calabria, spesso messa anche in disparte ingiustamente.

Benvengano questi progetti, queste scommesse e le collaborazioni di grandi e piccole cantine, tutto a favore dell’ amata terra di Calabria.

 


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