Il Vecchio Mulino 1834 a Castelfranci: solida cucina in un paesaggio da fiaba

Il Vecchio Mulino a Castelfranci

Il Vecchio Mulino 1834 a Castelfranci
Strada Provinciale Ponteromito
Tel.331 207 0586
Aperto a pranzo e cena

Torniamo dopo tanti anni in questo luogo incantato: il Vecchio Mulino a Castelfranci sulle sponde del fiume Calore in Irpinia ha resistito, la tenacia di Daniele Del Polito ha premiato e tutto è ancora un incanto, una fiaba. Dopo aver parcheggiato l’auto si prosegue a piedi nel Parco, il fiume scorre placido e la frescura fa dimenticare l’estate torrida. Il restauro filologico del fabbricato ci fa sentire subito a casa, anche se l’hotellerie  e la mise en place un po’ ridondante rispondono più alla estetica da banchetto, come del resto è giusto che sia in un posto come questo dove si viene per vivere momenti importanti. Approdiamo guidati dal vecchio ranger irpino Lello Tornatore che ha celebrato sui social proprio il Calore con le sue rinomate alici (occhio, è una gag) con migliaia di fotografie.

Il patron, Daniele Del Polito, classe 1975, ha ricoperto ruoli importanti in numerosi alberghi italiani tra cui citiamo il Pellicano oltre ad aver lavorato per cinque anni a Londra presso l’hotel Savoy dove ha svolto le funzioni di maitre d’hotel. Nel 2013 scommette sull’Irpinia, in questa area incantata naturale lungo il Terminio e dobbiamo dire che questo locale è una delle poco novità gastronomiche della provincia di Avellino degli ultimi anni a fronte di numerose chiusure.
Fortunato l’incontro con Vincenzo Vazza, classe 1991, lunga esperienza con Oliver Glowig e al Pagliaccio da Anthony Genovese. Due grandi scuole che lo formano, oltre naturalmente al diploma di alberghiero.

La linea di cucina abbastanza chiara e leggibile, quello che spicca, e che ci ha fatto piacere, trovare la centralità della pasta secca nei primi, un segnale inequivocabile che siamo in Italia e non sulla luna. Uno sforzo di coinvolgimento dei produttori locali di carni, anzichè rivolgersi ai soliti cataloghi tutti eguali dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, farebbe fare alla proposta un notevole salto in avanti nella tipicizzazione del locale visto che qui siamo in un vero e proprio Eden di biodiversità dove, con un po’ di pazienza, si trova di tutto.
Di buona scuola il piatto della trota marinata e affumicata, che costituisce un ottimo inizio. Buonissimi e golosi praticamente tutti i primi, dalla coraggiosa pasta e cipolle alla mezzamanica con podolico e tartufo nero. Molto ben eseguita l’anatra.
La proposta ci è sembrata concreta, pratica, arricchita dal fiore di zucca, dai pani fatti in casa e dal babà salato irresistibile tentazione. Buona la carta dei vini, con tanti irpini (siamo in areale docg Taurasi), campani e buone referenze extra regionali e dei distillati, di ottima scuola i dolci. Bonus il finale di formaggi di capra di un produttore del luogo.
Insomma, una cucina di tecnica concreta, ovviamente a vocazione autunnale, una bellissima meta fuori porta a circa 25 minuti da Avellino, facilmente raggiungibile. Vivamente consigliata per fuggire al caldo estivo della costa, bellissima comunque in tutti i mesi dell’anno per la pace e la serenità della costruzione e del parco che la circonda.
Pagherete, vini esclusi, sui 40 euro alla carta

 

Cosa si mangia al Vecchio Mulino di Castelfranci

10 novembre 2016

di Romualdo Scotto di Carlo

Daniele Del Polito ci accoglie con grande garbo e una bella notizia: la sua fidata cercatrice, una esperta vecchina del posto, gli ha appena portato un paio di chili di porcini. Sfida raccolta, noi ci gustiamo il Ripa Bassa di Villa Raiano e aspettiamo per vedere cosa verrà fuori dalla cucina de “Il Vecchio Mulino”.

Siamo in giro in Irpinia alla ricerca di caciocavalli e pecorini con il nostro pusher locale, ben noto ai lettori di questo blog, e una sosta a Castelfranci, in questo antico mulino sulle rive del Calore non poteva mancare.

Onore e merito al Comune di Castelfranci che ha recuperato il mulino borbonico di Bosco Baiano per destinarlo alla promozione delle tradizioni enogastronomiche locali. La voglia di Daniele di tornare alla sua terra, dopo anni in giro per l’Europa come maitre in importanti alberghi, ha fatto il resto. Oggi questa bella struttura sulla sponda del Calore è un’oasi di tranquillità imperdibile e la sua cucina riserva interessanti sorprese.

Come il fritto di alici, che Tornatore insiste essere del sottostante Calore ma che Daniele ci assicura provenire da lidi più sicuri.

Ma è con la “declinazione di porcini” che entriamo subito in argomento e raccogliamo la sfida di Daniele.

La bruschetta con porcino è idea semplice quanto efficace mentre col porcino su mousse di pecorino irpino siamo alla prepotenza del territorio. Gusti netti, riconoscibili, che si bilanciano perfettamente.

L’allungo finale è però vincente: il cestino di parmigiano con insalatina di porcini freschi e pecorino irpino è da gola profonda. Ora siamo certi che la fatica dell’anziana cercatrice di funghi non è stata sprecata!

L’idea di cucina che emerge da questi primi esempi è moderna. Leggerezza e tecnica nel trattare i prodotti del territorio, senza forzare la mano. È così con il defatigante baccalà in tempura che precede i primi: l’insalata all’italiana è una citazione divertente e centrata e la salsa di pomodoro in agrodolce ammicca ad altre cucine regionali.

Ed ecco i porcini. Arrivano sontuosi con le tagliatelle, sfumate al fiano, come impone la vocazione territoriale. Ben tirate, callose, profumate e rispettose della freschezza dei porcini. Un piatto non semplice. Alto il rischio di cadere nella banale trivialità dei finti agriturismi. Ed invece qui i porcini sono davvero nobilitati.

A dispetto del fiano usato per sfumare i porcini e delle norme di abbinamento, ad accompagnarci, ben sapendo cos’altro ci aspetta, chiediamo un greco, un rosso vestito da bianco. E la scelta cade sul Greco di Sertura.

Sertura è un’azienda giovane, nata nel 2008 dalla tenacia di Giancarlo Barbieri. Sei ettari vitati tra greco fiano ed aglianico, esposti a sud e allevati a guyot tra i 360 e i 500 metri sul livello del mare. Prima uscita sul mercato nel 2013. L’annata che beviamo è la 2014, perché Sertura sceglie di attendere e esce con calma, un anno dopo. Un greco importante, in linea con l’areale di provenienza, che funzionerà benissimo anche sui piatti successivi: grande freschezza e solida struttura, sentori agrumati delicati, bella lunghezza. Ottimo sulle tagliatelle, svolge un egregio lavoro anche con la impegnativa proposta successiva di Daniele Del Polito e del suo chef, Raffaele De Risi.

La genovese di podolica è sontuosa, leggera ma impegnativa come una genovese dev’essere.

La cipolla, inutile dirlo, è la ramata di Montoro, il pecorino quello giusto. Il risultato è di grande armonia e delicatezza. Ed il Greco di Sertura fa la sua bella figura.

Lo teniamo anche sul morbido filetto di maiale in crosta di pistacchi e porcini -sempre loro, ottimi- su vellutata di zucca.

Ancora una bella rappresentazione, nella quale nessun attore prevale e nessuno è pleonastico.

Largo però all’orgoglio irpino con l’arrivo in tavola dell’agnello di Mario Laurino, il talentuoso macellaio di San Michele di Serino, per il quale Tornatore ritiene ci avrebbe invidiato anche il titolare di questo blog. Daniele Del Polito ce lo propone con salsa di caciocavallo e caviale di melanzane.

Affondo riuscito. L’agnello conquista tutti i commensali, anche quelli meno propensi a queste carni. Ad accompagnarlo, un prezioso fuori carta, l’aglianico prodotto a Paternopoli da Nilde Tecce, gentile compagna di Daniele, per il quale realizziamo seduta stante una artigianale etichetta che non rende onore al bel vino che la simpatica Nilde ci offre.

Chiusura dolce ma non stucchevole con una deliziosa ricotta con fichi di Paternopoli che, se ce la facessimo, reclamerebbe un secondo giro.

La cucina di Raffaele De Risi è giovane, scattante, equilibrata ma con le giuste spinte, attenta al territorio ma aperta alle contaminazioni.

Le fa da contrappunto il servizio in sala di Daniele Del Polito e dei suoi collaboratori: impeccabile ma non ingessato, discreto ed efficiente, mai sopra le righe. Un esempio per molte sale.

Salutiamo il Calore, le sue fresche sponde e la rassicurante oasi di pace del Vecchio Mulino: la sosta giusta per il nostro giro in Irpinia!

Il Vecchio Mulino 1834
Località Bosco Baiano 83040 Castelfranci AV
Tel. 331.2070586 www.ilvecchiomulinoristorante.com
Aperto a pranzo e cena; chiuso il lunedì.


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version