Viaggio nella ciambotta

Pubblicato in: La stanza di Carmen

di Carmen Autuori

Paese che vai ciambotta che trovi. Dal Centro alle Isole questo piatto dalle umilissime origini è diffuso in tutto il Meridione d’Italia. E’ sinonimo d’estate in quanto ne racchiude tutti i sapori ma anche i colori. Gli ingredienti base sono le verdure dell’orto, che adesso sono nella loro forma migliore; patate, melanzane, pomodori, cipolle, zucchine e l’immancabile basilico diventano le protagoniste di questa pietanza che sarebbe riduttivo definire un semplice contorno.

Anche se non possiamo attribuire ad essa una data certa di nascita, la ciambotta è sicuramente di origine contadina ed è così gustosa da far dimenticare il desiderio della carne sebbene, come vedremo, in alcune zone è arricchita da salsiccia o addirittura dal pesce.

Il nome deriva dall’antico termine francese “chabrot” che significa miscuglio, e ricorda per alcuni la ratatouille, la zuppa di verdure dei cugini d’Oltralpe anch’esso piatto di origine contadina che veniva consumato nei campi accompagnato dal pane. Nel passaggio da una regione all’altra (anche da una provincia e un’altra) ha assunto caratteristiche e nomi diversi.

Ad esempio in Abruzzo si chiama “ciabotto” ed è preparata, oltre che con i canonici ortaggi misti, anche con carote e fagiolini, mentre a Ventotene, nel basso Lazio, gli ingredienti sono fave, piselli freschi, patate, carciofi e pancetta che a differenza delle altre versioni ne fanno un piatto primaverile. La ciambotta lucana presenta due caratteristiche proprie: la presenza di tocchetti di salsiccia stagionata o di uova che vengono aggiunte a fine cottura e la pagnotta scavata che fa da contenitore al prezioso intingolo. In passato, essendo la colazione dei contadini, veniva preparata la sera precedente in modo che il pane s’impregnasse di tutti i sapori rendendo così il piatto ancora più gustoso. La presenza del pane, questa volta sbriciolato, è una peculiarità della versione calabrese assieme ad abbondante pecorino.

Un discorso a parete merita la versione pugliese. In provincia di Foggia, precisamente nella zona costiera,  la ciambotta è una sorta di zuppa di pesce, nata nelle case dei pescatori, realizzata con il pesce invenduto a cui vengono aggiunti peperoni e pomodori: in sostanza con la versione classica condivide solo il nome. Sempre in Capitanata ma nelle zone interne torna ad essere il piatto vegetariano classico che noi conosciamo. Si differenza solo per l’aggiunta di qualche ingrediente, ad esempio i fagiolini, i fiori di zucca e anche qui qualche tocchetto di salsiccia stagionata.

Cugina della ciambotta, in Sicilia troviamo la famosissima caponata. Sono tante le scuole di pensiero che ci riportano a questo nome. Sicuramente la più antica è quella che lo farebbe derivare dal greco ” captos” (tagliato), infatti le verdure che sono alla base del piatto anche in questo caso sono tagliate in pezzi più o meno uguali.

Secondo altri il termine deriverebbe dalla sua versione aristocratica che prevedeva, oltre alle verdure, anche l’ uso del pesce capone, oggi chiamato lambuga, caratterizzato da carni piuttosto asciutte che necessitavano di una salsa agrodolce per poter essere consumate, come riporta il Cavalcanti nel suo “Trattato di cucina teorico – pratico”.

Col tempo il pesce venne sostituito dalle melanzane, in quanto i ceti popolari meno abbienti non potevano certo permettersi di acquistare tale prelibatezza. Ad ogni buon conto ad arricchire la caponata, oggi piatto sicuramente vegetale a base di melanzane, troviamo uva passa, pinoli, sedano, aceto e zucchero.

Ma la regione che presenta più “sfumature” di ciambotta è la Campania. Partendo dall’Irpinia troviamo una sorta di zuppa un po’ brodosa che prevede le zucchine, i fagiolini, i fiori di zucca le melanzane, mentre nel salernitano la ciambotta è rigorosamente fritta. Le canoniche verdure vengono tagliate a dadini e fritte separatamente per poi venir calate in un sugo ristretto preparato con cipolla e passata di pomodoro, a decorare l’insostituibile foglia di basilico.

Nel Vallo di Diano viene chiamata “ciauredda” ed è composta di solo tre ingredienti: melanzane, peperoni e patate. C’è poi la versione cilentana, anche in questo caso si chiama “ciaurieddo”.

A parlarcene è Lucia Giannatasio, dell’agriturismo Ai Monaci, di Montano Antilia.

“ Molto spesso si preparava e si cucinava direttamente nell’orto dove si avevano a disposizione tutti gli ingredienti necessari: melanzane, peperoni, patate, cipolle, basilico se si preparava stufata nel tegame altrimenti se si friggeva, erano sufficienti solo melanzane, peperoni, patate, sale e olio. Bastava poco e naturalmente era fondamentale la ‘sartania’, la classica padella in ferro, annerita completamente dall’uso prolungato sul fuoco.

Era facile da maneggiare perché aveva un lungo manico ed era facile da pulire con l’erba saponina, un’erba spontanea che si trovava sovente vicino alle fonti di acqua. I nostri nonni la usavano per lavarsi le mani e le stoviglie che usavano prima di portarle a casa.

Di questo piatto esistono due versioni a seconda del tipo di cottura: stufato o fritto, dipendeva dai tempi che si avevano a disposizione e a volte dalla fame a seguito del lavoro nei campi, quest’ultima influiva molto sui tempi di cottura. Gli ingredienti principali erano gli stessi tranne che per lo stufato che era aromatizzato con cipolle e basilico. Il pranzo anche se fugace, era sempre accompagnato da un buon bicchiere di vino, quest’ultimo tenuto a fresco nei cosiddetti ‘mummoli’, recipienti in terracotta che venivano immersi nei pozzi d’acqua con una ‘funicella’, una cordicella. Si terminava con un frutto colto direttamente dall’albero”.

Sempre nel Cilento troviamo un’altra versione di ciambotta, la “misculella di sciurilli”. Si tratta di una specie di zuppetta i cui ingredienti sono i fiori di zucca, le foglie tenere della pianta, le zucchine, le patate e qualche pomodoro.

 

Ciambotta stufata

Di Lucia Giannattasio

1 cipolla grande

300 gr di melanzane

250 gr di patate

250 gr di peperoni preferibilmente di colori diversi

200 gr di pomodorini rossi

1 spicchio di aglio

Qualche foglia di basilico

Origano di montagna essiccato

Olio evo ​

Sale

Pulire,  lavare e tagliare a tocchetti tutti gli ortaggi. In una ampia padella versare l’olio e far rosolare per qualche minuto la cipolla e l’aglio tritati, senza farli imbiondire. Aggiungere le verdure partendo dalle patate, far rosolare qualche minuto e aggiungere nell’ordine le melanzane, i peperoni, le zucchine e i pomodorini. Versare 50 ml di acqua, salare, coprire con un coperchio e far cuocere per 15/20 minuti, girando di tanto in tanto. Il tempo di cottura varia a seconda della grandezza dei tocchetti di ortaggi. Quando il tutto sarà cotto, togliere il coperchio e far cuocere fino a quando non si restringe il fondo di cottura in modo da ottenere una ciambotta più densa. A cottura ultimata aggiungere il basilico e l’origano e lasciar riposare un po’ prima di assaggiarla.

 

Ciambotta fritta

Pulire, lavare e tagliare a listarelle le melanzane, i peperoni, le patate. Friggere in abbondante olio gli ortaggi separatamente. Dopo aver tolto l’olio in eccesso, unire gli ortaggi fritti in una zuppiera e salare a piacere.  Si può accompagnare  questo fritto misto di ortaggi con pane casereccio oppure con i biscotti di pane, i cosiddetti mascuotti o viscuotti, leggermente bagnati.

 


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