Napoli, Ristorante Pallino. Il menu a colori di Luisa Cuozzo

Via del Parco Margherita, 45
Tel. 081 19575042  –  392 3271232
www.pallinonapoli.it
Aperto la sera, domenica a pranzo
Chiuso lunedì, domenica sera
Degustazioni a 22 e 32 euro senza vino e dolce

di Tommaso Esposito

Nicola Micera monzù famoso intorno al 1840 proprio da queste parti, sulla strada che ascende al Vomero, aprì la sua taverna e le  diede nome Pallino.
Come chiamavano lui che era rotondetto assai.
Tra i fornelli gli successe suo figlio Salvatore.
E fu Pallino 2 nel 1860.
Dieci anni dopo lo scettro passò a Vincenzo, il Pallino 3.
E allora accadde il bello: la trattoria divenne cenacolo, fu luogo di cultura e buon mangiare.
Intorno ai tavoli si riunivano Salvatore Di Giacomo, Ferdinando Russo, Eduardo Scarfoglio, Benedetto Croce che accolsero ospiti Giosuè Carducci, Antonio Fogazzaro, Giuseppe Giacosa, Gabriele d’Annunzio, Francesco Jerace e Guy de Maupassant di passaggio per Napoli.
Ora Luisa Cuozzo cuoca reduce da Master Chef prima edizione ha aperto il suo Pallino che, a rigor d’aritmetica, dovrebbe essere il quarto.
Eredità pesante quella dei Micera che, a quanto pare, non spaventa la cuciniera.

A partire dall’arredo.
Colori vivaci, accesi.
Kid style si direbbe.
E va bene così.

Anche la carta è a colori.
Si può scegliere il Giallo, il Verde, il Rosso, l’Indaco e l’Azzurro.
Ogni tinta il suo menu.
Poi c’è l’appendice della tradizione.
Con i grandi piatti: dalla Genovesa al Rraù passando per i vermicielli a’ Puveriello.
Allora si va per il Giallo e per l’Indaco.
Intanto il benvenuto.

 

Una polpettina odorosa di rosmarino e cacio. Gustoso boccone d’avvio sostenuto da un sorso di birra artigianale sannita Saint John’ Bier.
Gli antipasti con assaggi come natura offre e tradizione comanda sono comuni.
Vanno alla giornata.

C’è oggi pancotto di San Marzano, fresco, vivacemente pommaroloso.
Un ciuffo di formaggio podolico ridotto in crema con un goccio di balsamico e biscotto croccante. Sapido in sé.
Mortadella bolognese artigianale. Profumata gradevolmente d’aglio in tocchetti all’insalata con limone.
All’agro come se fosse pere e musso. Bella idea.

Nella piccola rossa cocotte una zuppa di cipolle ramate e bianche con il pane cafone e il caciocavallo.
Eccellente ripresa della pietanza contadina cucinata nelle serate uggiose dell’inverno.

E poi il flan di carciofi. Controtempo, ma saporito lo stesso.

Il pane fa compagnia: è quello bianco fragrante. Ci sono grissini e gallette al sesamo.

Il primo Giallo.

Vermicelli allo scammaro con Fiore Sardo Dop, Olive di Gaeta, Capperi di Pantelleria Igp, pinoli e alici.
Buona la cottura della pasta. La cuoca ha scelto di spezzare a metà i maccheroni. Le sia concesso, ma ci sottrae il piacere del pieno inforchettare. E buono è pure l’olio che è sostanza dello scammaro. Qualche cappero in meno e sarebbe stato più che buono.

Dalla cantina, piccola ma interessante e abbordabile, giunge uno scattante Piedirosso Campi Flegrei Contrada Salandra 2009. Andrà a tutto pasto.

Il primo Indaco.

Riso Carnaroli al salto mantecato con zafferano, ripieno di calamari, gamberi, cozze, lupini, pollo, salsiccia e piselli.
All’apparenza un sartù rovesciato. Ma è una partenopea versione della paella.
Quella ibrida valenciana, la piaciona ciaciona.

Il secondo Giallo.

Baccalà in crosta di pane al rosmarino, su crema di cicerchie, scarola e pancetta.
Buono non c’è che dire. Ben fatto e sapido più per le cicerchie che per natura.

Il secondo Indaco.

Pollo alle mandorle di Noto con salsa al limone di Sorrento e cicorie ripassate.
Che bello, si sente al naso che è pollo, cosa rara oggidì.
L’agrume raggiunge lo scopo, profuma dà freschezza, e il crunch delle mandorle fa vivace il morso.

E c’è pure lo spassatiempo.

Un pizzico di crema neo-chantilly avvia al dessert.

Pancake morbido al cacao con semifreddo di castagna e zabaglione alla vaniglia.
Odoroso e speziato.

Bene, la cucina di Luisa è allegra, guarda a un pubblico giovane,  strizza l’occhio a chi ama la tradizione e vuol mangiare pagando il prezzo giusto.

E così Napoli si arricchisce di un nuovo posticino dove coccole e buona cucina sono di casa.
Monzù Micera di lassù sarà contento.
E pure noi quaggiù!


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