Apologia della pasta ripassata in padella, cucina di recupero e di rispetto del cibo che fa il piatto ancora più buono

Pubblicato in: Minima gastronomica
Pasta ripassata in padella

Pasta ripassata in padella. Come resistere? Oggi per fare i fighetti potremmo chiamarla doppia cottura ma in realtà parliamo di uno dei metodi più antichi e popolari per evitare di buttare la pasta avanzata dal giorno dopo.
I napoletani stanno alla pasta come i cinesi al riso. E non solo perché i maccheroni hanno reso possibile l’incredibile espansione demografica della città a partire dalla fine del ‘600, ma per il loro attaccamento viscerale, istintivo, a questo cibo.
Oggi che abbiamo eccesso di calorie ci pare normale buttare gli avanzi, ma così facendo spesso ci perdiamo il meglio.
E’ tradizione napoletana, infatti considerare tutte le fasi di un piatto di pasta, sino a declamare che alcune, per esempio la pasta e fagioli e con i legumi e gli ortaggi, le lasagne, i maccheroni al forno, sono sicuramente “più buone se riposate, apposate”.
Dare il tempo giusto alle cose e non buttare il cibo sono le due basi filosofiche della pasta ripassata in padella.
Ci sono due modi sostanziali.
Quello più amato dai napoletani è usare l’uovo con formaggio e avanzi di salumi come nuovo elemento di gusto, e dunque fare le frittate di maccheroni che sono pratiche, si trasportano facilmente e conservano la pasta per almeno un altro giorno.
L’altro è una spece di ripartenza e in questo tra gli chef il maestro è sicuramente Peppe Guida che non fa altro che rimette in pratica quello ch gli hanno insegnato la nonna, la mamma e le sorelle con un pizzico di astuzia professionale in più.

In pratica si riparte con uno sfritto di olio d’oliva con cipolla o aglio a seconda della ricetta che vogliamo riportare in vita o, a questo punto, anche usando lo strutto o il burro. Quando la padella è ben calda si aggiunge la pasta conservata rigirandola con energia e, nel caso, aggiungendo appena un po’ di acqua bollente per evitare che diventi secca e il pomodoro si rattrapisca perdendo comunque il proprio gusto trasformandosi in una sorta di concentrato.
Si riscalda con energia a fuoco vivo sino a qundo si crea l’effetto bruciacchiato, arruscato, che è la vera leccornia che regala gusto al ripasso.
Una pratica simile si trova anche a Bari, sono gli spaghetti all’assassina,  la ricetta che fa impazzire i baresi purosangue.

In sostanza la pasta ripassata è sicuramente più buona perché più ricca di grassi e grazie all’effetto bruciacchiato che tutti cerchiamo inconsapevolmente quando mangiamo la pasta al forno o una bistecca ai ferri.

Il ripasso della pasta può essere fatto per quasi tutte le preparazioni, ad eccezione forse proprio degli spaghetti al pomodoro che possono essere meglio recuperati solo con una frittata e magari l’aggiunta di un pezzo di caciocavallo o di latticino conservato.

Sicuramente il ripasso in padella a fuoco vivo è più gustoso ed efficace di ogni altra tecnica, è in pratica una sorta di secondo tempo di una ricetta che ci consente di godere in pieno del sapore di ciò che è avanzato approfittando per aggiungere qualche resto di frigo o di dispensa a casaccio per arricchire la preparazione.

Oggi questa usanza sta scomparendo, ma i veri intenditori di pasta non ci rinunciano e qualche cuoco, come appunto Peppe Guida, sta ragionando su come dare dignità alla filosofia del recupero del cibo dei bei tempi appena appena andati. Ad esempio con la sfraveca, ossia i pezzettini di pasta che si ottengono quando spezziamo le candele e gli ziti o che restano nei pacchi.

Da questa povertà c’è ricchezza culturale, il rispetto vero per il cibo e dunque per chi non ne ha, e dunque alla fine il rispetto per se stessi.


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