Tenuta Mainardi
Strada Mainardi 11
Aquara
Telefono 0828 1897465
Aperti a pranzo e cena (è consigliabile la prenotazione)

di Carmen Autuori
Siamo tornati ad Aquara, alle pendici dei monti Alburni, il borgo a soli 25 minuti da Paestum che restituisce l’archetipo dell’autenticità del vino, del cibo e delle persone.
Qui Rocchina Nicoletta, classe 1950, insegna al mondo che non bisogna mai smettere di inseguire i propri sogni: il suo lo ha realizzato alla soglia dei settant’anni con l’apertura della Taberna, il ritrovo conviviale che ruota esclusivamente intorno alla cucina rurale di Tenuta Mainardi.
Erano gli anni Cinquanta quando il suocero Giuseppe Serra acquistò il fondo destinandolo alla produzione di ortaggi, olio e vino, attività portata avanti dal figlio Domenico che si specializzò nella produzione vitivinicola, mantenendo tecniche arcaiche e naturali. Oggi alla guida dell’azienda c’è la terza generazione rappresentata dai figli di Domenico e Rocchina, Marco e Luca Serra, uno dei tanti esempi di giovani che pur avendo studiato fuori – rispettivamente enologia ed economia aziendale – hanno deciso di mettere al servizio della propria terra il loro bagaglio culturale con l’obiettivo di sposare il connubio vino e ospitalità.
E a questo proposito entra in scena da prima attrice mamma Rocchina, fulcro della bella famiglia che ha fatto dell’unione indissolubile il suo punto di forza.
Aquarese Doc, Rocchina ha trascorso l’infanzia e l’adolescenza fuori dal suo paese, tra la costiera amalfitana da una zia e poi ospite di una comunità di suore a Monteforte Cilento. All’epoca era usanza abbastanza diffusa, per chi come sua mamma era impegnata tutto il giorno nei campi, mandare le figlie o presso parenti oppure in convitti gestiti da religiose per permettere loro di frequentare la scuola e d’impegnare il tempo libero imparando l’arte del cucito e del ricamo. Della prima esperienza Rocchina conserva un ricordo bellissimo, della seconda un po’ meno.
Poi il ritorno casa, dopo aver abbandonato l’idea di prendere i voti, e a soli 17 anni l’incontro con Domenico il suo attuale marito.
<<Ci siamo sposati che io non ero ancora maggiorenne – mi racconta – e subito mi sono trasferita qui, dove abitiamo ancora adesso. All’inizio non è stato facile, anzi, non c’era l’elettricità, né l’acqua, a parte il pozzo nel cortile, e per accedere a contrada Mainardi si doveva percorrere un’impervia mulattiera, gli unici rumori che sentivo dopo il tramonto erano le cicale in estate e le civette in inverno. Una situazione al limite del desolante, ma dovevo trovare dentro di me la forza di restare: era quella la mia nuova di dimensione di donna, di moglie e anche di mamma perché nel frattempo era nato Giuseppe il mio primo figlio.
A dire il vero mio marito mi ha sempre supportata nei momenti bui, ma spettava a me prendere in mano le redini della nuova vita. Allora ho cominciato con l’impegnarmi nell’azienda agricola, sebbene quando sia arrivata qui non sapevo neanche camminare tra le zolle. E poi c’era la cucina, la mia grande passione, i cui rudimenti li ho appresi da mia madre che era una cuoca straordinaria. Nel tempo libero divoravo riviste e libri di cucina, erano i regali che mi facevano più felice >>.
Non ha frequentato l’alberghiero, né corsi di formazione, la sua “palestra” è stata una casa sempre piena di ospiti, parenti che, nel periodo estivo, tornavano ad Aquara dalla Germania dove erano emigrati e anche tanti amici che si godevano il fresco sotto la quercia secolare deliziati dai piatti che uscivano dalla cucina dell’instancabile Rocchina che interpretava le ricette apprese dai libri con gli ingredienti dell’orto e con le carni degli animali da cortile allevati da lei.
<<A cavallo di Ferragosto non eravamo mai meno di trenta persone a tavola, a colazione, a pranzo e a cena. Poi c’erano i cavati di mezzanotte e il pollo arrostito, il dopocena che concludevano le lunghe serate, un “ammazza caffè” a modo nostro.
Ma non solo, ho imparato a destreggiarmi con le grandi quantità in occasione dei momenti salienti della vita contadina, ossia la mietitura del grano, la vendemmia e la raccolta delle olive. In quelle occasioni cucinavo per le squadre di operai – che notoriamente sono di appetito robusto – enormi quantità di pasta fatta in casa, in genere grossi cavati perché più veloci nella realizzazione rispetto ai fusilli o ai ravioli, tortiere di pollo, agnello o capretto con le patate e, a seconda della stagione, la “minestra strenta”, erbe spontanee lessate e ripassate in padella con il pane raffermo, oppure grandi teglie di parmigiane. Non mancavano mai i nostri salumi e i formaggi di capra>>.
A proposito di salumi, i giorni del maiale a casa Serra erano famosi in Aquara e nei paesi limitrofi. Le famiglie impegnate nell’uccisione dei suini e nella relativa lavorazione delle carni erano almeno quattro o cinque. Il coordinamento dei lavori, naturalmente, spettava a Rocchina che, mentre si occupava della cucina, sorvegliava con piglio da generale la realizzazione, sempre con carne sceltissima, di soppressate e salsicce. I canonici tre giorni a cavallo di Sant’ Antonio Abate erano scanditi da precisi menu. Il primo giorno – quello dell’uccisione – si mangiava la “sfrionzola”, i pezzi di carne meno nobili, patate e peperoni sott’aceto, fritti in enormi padelle direttamente sul camino. Il secondo giorno, quello della lavorazione per intenderci, il pranzo era molto più ricco e strutturato. Si cominciava con l’antipasto, la “pastina cu ‘a gallina”, gallina disossata e tritata, mescolata con uova, formaggio di capra e prezzemolo a formare un polpettone che veniva fatto sobbollire nel suo brodo, opportunamente filtrato, a cui veniva aggiunta la pastina, in genere i grani di pepe, a seguire pasta fresca con ragù di carne di gallo o di manzo. Il terzo era dedicato al sanguinaccio sia rustico, ovvero con sangue di maiale, pane raffermo, cioccolato, zucchero e spezie e brodo preparato con il brodo delle ossa di testa, sia “a crema” a base di latte, sangue, cioccolato e spezie.
Ma il desiderio di Rocchina, forte della lunga esperienza sul campo, restava quello di aprire un’attività di ristorazione, invogliata anche dalla numerosissima schiera di amiche che le riconoscevano non solo le sue capacità culinarie, ma anche quelle organizzative.
Ma, si sa, la vita fa strani giri: Rocchina ha dato sempre priorità alla famiglia, accettando di restare dietro le quinte, pur di vedere i suoi figli realizzati e soprattutto felici.
Come dicevamo, Marco e Luca che nel frattempo erano tornati ad Aquara, avevano preso in mano le redini dell’azienda e nel 2009 avevano inaugurato la cantina di Tenuta Mainardi, mentre Giuseppe, il primogenito che vive fuori, dava una mano ai fratelli nella parte commerciale, cosa che avviene ancora oggi.
L’idea dei Serra era stata sempre quella di abbinare i vini, tutti da vitigni autoctoni, ad una cucina di territorio resa attuale grazie all’alleggerimento dei grassi e alla presentazione originale, frutto della fantasia di mamma Rocchina, senza mai snaturare la tradizione.
Iniziarono, così, le degustazioni in cantina accompagnate dai piatti tipici aquaresi e furono immediatamente apprezzate anche fuori regione dagli appassionati di vini e cibi autentici.
Poi nel 2019 finalmente la svolta, ovvero la decisione di aprire la Taberna, il ritrovo conviviale dove poter gustare i piatti del territorio: si era avverato il sogno di una vita di Rocchina.
<<Abbiamo scelto questo nome non a caso – spiega -, ma per richiamare il concetto delle vecchie osterie che su tutta la dorsale appenninica offrivano ai viandanti cibo e vino, unici punti di ristoro durante viaggi infiniti. Per questo abbiamo voluto mantenere l’atmosfera familiare a partire dai piatti che sono quelli schietti della cucina rurale, alla scelta dei numeri, non più di 20 persone. Vogliamo offrire ai nostri ospiti un’esperienza immersiva che parte dalla tavola e abbraccia la realtà di Tenuta Mainardi, compreso il giro in vigna, la visita in cantina, la possibilità di soggiornare con i camper, rifugiarsi sotto la quercia secolare che è custode della nostra storia, ascoltare i suoni della natura e perdersi nella bellezza degli Alburni. Questo luogo che cinquant’anni fa mi incuteva timore e un senso costante di solitudine oggi è la mia oasi felice, qui attingo energie positive, le stesse che io e tutta la mia famiglia cerchiamo di trasmettere ai nostri ospiti>>.
La cucina di mamma Rocchina
Partiamo da un presupposto: qui non esiste menu, ma una semplice lavagna dove sono scritti i piatti del giorno. Al momento della prenotazione, Domenico su indicazione di Rocchina va nell’orto e raccoglie quello che la stagione offre.
L’orto, protagonista dall’antipasto ai secondi, è l’asse su cui gira il menu della Taberna.
A cominciare dalle verdure ripiene come, in questa stagione, melanzane, peperoni, fiori di zucca e in primavera la minestra strenta. Immancabili i salumi che vengono realizzati sempre sotto l’occhio vigile di Rocchina, i formaggi prevalentemente locali e una straordinaria ricotta di pecora dell’Azienda Agricola Marmo Massimo.
La pasta fatta in casa è realizzata con farina da grano Senatore Cappelli coltivato in azienda, macinata in un mulino di prossimità.
Cavatelli, fusilli e ravioli la sua specialità, sia nella versione al sugo, ovvero con ragù di carne mista alla maniera contadina che con le verdure. Straordinari quelli con pesto di fiori di zucca (ci ha promesso di svelarci la segretissima ricetta).
I legumi, sia a zuppa che per le minestre con la pasta, sono cotti all’antica cioè nella “pignata” vicino al fuoco del camino.
A nostro avviso, però, Rocchina è una vera maestra nella cottura delle carni, prevalentemente quelle da animali da cortile. Il pollo ruspante alla cacciatora, morbido all’interno e rosolato a regola d’arte fa invidia a qualsiasi cottura CBT, mentre l’agnello ed il capretto vengono cotti nel forno a legna oppure, in inverno, nel camino in un’apposita teglia sul cui coperchio viene adagiata la brace rovente.
I dolci sono quelli della tradizione cilentana, la “pizza roce”, la cui ricetta è una preziosa eredità della mamma, il suo cavallo di battaglia, pan di Spagna, crema gialla, bagna al limone (senza alcun elemento alcolico) e una glassa sottilissima. L’ unico elemento moderno è il nome: nasprotto.
La frutta di stagione è sempre raccolta al momento dagli alberi che ombreggiano il casolare e a conclusione del pasto, dopo il caffè con la moka, i rosoli fatti in casa, ai fichi, al fico d’India e alla carruba, conservano tutto l’anno il gusto e i profumi dell’estate e restituiscono un patrimonio prezioso: quello dell’accoglienza attenta e sincera dell’indimenticabile Rocchina.
Tenuta Mainardi
Strada Mainardi 11
Aquara
Telefono 0828 1897465
Aperti a pranzo e cena (è consigliabile la prenotazione)
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
2-Alessandra Civilla, la prima donna di Lecce
3-Angela Mazzaccaro, la regina dei fusilli di Felitto
4-Angelina Ceriello, I Curti di Sant’Anastasia
5-Stefania Di Pasquo, Locanda Mammi ad Agnone
6-Giovanna Voria, Corbella a Cicerale
7-Caterina Ursino dell’Officina del Gusto a Messina
8-Maria Rina, Il Ghiottone di Policastro
9-Mamma Rita della Pizzeria Elite ad Alivignano
10-Valeria Piccini, Da Caino a Montemerano
11-Mamma Filomena: l’anima de Lo Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi
12-L’uomo cucina, la donna nutre – a Paternopoli Valentina Martone, la signora dell’orto del Megaron
13- La vera storia di Assunta Pacifico del ristorante ‘A Figlia d’ ‘o Marenaro
14 -Veronica Schiera: la paladina de Le Angeliche a Palermo
15 – Laila Gramaglia, la lady di ferro del ristorante President a Pompei
16- L’uomo cucina, la donna nutre – 16 Michelina Fischetti: il ponte tra passato e futuro di Oasis Sapori- Antichi a Vallesaccarda
17 Bianca Mucciolo de La Rosa Bianca ad Aquara
18 Alice Caporicci de La Cucina di San Pietro a Pettine in Umbria
19 A Casalvelino Franca Feola del ristorante Locanda Le Tre Sorelle
20 Carmela Bruno, l’ostessa longobarda dell’Osteria La Piazzetta a Valle dell’Angelo
21 Marilena Amoroso dell’Antica Trattoria e Pizzeria Da Donato a Napoli
22 L’uomo cucina, la donna nutre Rosanna Marziale de Le Colonne Marziale a Caserta
23-L’uomo cucina, la donna nutre Lucia Porzio della trattoria Cià Mammà a Napoli
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