L’uomo cucina, la donna nutre 1- A Mormanno l’ostessa Catia Corbelli di Osteria del Vicolo


Osteria del Vicolo a Mormanno
Vico I° San Francesco, 5
Tel. 0981 80475
Aperto a pranzo e cena

Catia Corbelli, Osteria del Vicolo

di Carmen Autuori

Non è una cuoca né tantomeno una chef e nemmeno una pizzaiola: Catia Corbelli è orgogliosamente un’ostessa nell’accezione più bella del termine, ossia una donna che nutre ed accoglie, e che ama senza mezze misure con la stessa intensità il suo adorato Francesco, la sua terra – è figlia del Pollino – e la suocera, Pina Palazzo, da cui tutto ha avuto inizio.

Siamo nel centro antico di Mormanno, terra di confine che s’incunea tra due regioni, Basilicata e Calabria, ai piedi del magnifico monte Pollino. Importantissimo crocevia per chi voglia raggiungere il sud dell’Italia, in passato grazie alla Statale Regia delle Calabrie e dalla fine degli anni Sessanta con una delle autostrade più belle del Paese, la Salerno – Reggio Calabria. Un luogo di sosta, dunque, da sempre vocato all’accoglienza dei viaggiatori. Qui nel 1968 la signora Pina fonda l’Osteria del Vicolo, che affaccia sulla piazza principale del  borgo. Lo scopo è quello di offrire un piatto caldo agli operai delle tante realtà economiche che all’epoca popolavano Mormanno: cererie, piccole industrie tessili, il pastificio D’Alessandro che all’epoca era uno dei pochi che esportava la pasta all’estero e alle maestranze addette alla costruzione dell’autostrada. Una solida cucina di tradizione che rimane ancora oggi il fulcro di questa realtà conosciuta da Nord a Sud.

Negli anni Novanta cambia tutto, tante aziende chiudono i battenti, inizia il lento ed inesorabile spopolamento dei paesi e la formula del piatto caldo con il vino non ha più ragione di esistere. Così, la signora Pina chiama a raccolta i due figli Francesco e Vincenzo Armentano ed insieme decidono di trasformare l’osteria in un pub – pizzeria, interpretando, con l’occhio di chi sa guardare oltre, i mutamenti sociali: è il momento di puntare sui giovani e sulle loro esigenze.
Nel giro di pochi anni il pub diventa un forte attrattore per tutto il cosentino e qui, sin da adolescente Catia, trascorre le sue serate, ogni volta che torna a casa da Cosenza dove frequenta con passione la facoltà di Scienze Politiche. E proprio una di queste serate le stravolge la vita.

“Mi sono innamorata di Francesco, che conoscevo da sempre, forse nel giro di un’ora – ci racconta -, galeotta fu una frase buttata lì quasi per caso grazie alla quale ebbi la precisa percezione di quanto quest’uomo fosse visionario tanto quanto me: mi spiegò che la sua volontà di restare a Mormanno, paese ormai quasi del tutto spopolato, era dettata dalla consapevolezza che laddove non c’è nulla si può costruire tutto. In quel momento capii che volevo ‘costruire’ con lui il mio futuro e nel giro di poco più di un mese ci sposammo”.

Catia Corbelli e Francesco Armentano

Catia irrompe come un tornado nella vita di Osteria del Vicolo e in quella della famiglia Armentano e si avvia a diventare un’ostessa senza passare per la cucina che resta il regno della signora Pina, perché le competenze vanno ai competenti, sostiene Catia, e la suocera è l’unica persona che porterebbe con lei se mai dovesse pensare di andare via. Un affetto ed una stima per questa donna che a 81 anni regge ancora saldamente le redini del comparto cucina, e che stravolge anche tutti gli stereotipi che vedono suocera e nuora come eterne rivali.

Pina e Catia sono due facce della stessa medaglia, la prima è l’ostessa in senso classico, quella che trascorreva il suo tempo tra la cucina e l’accoglienza in sala degli avventori, la seconda è l’ostessa moderna che guarda all’evoluzione dei tempi per mantenere l’attualità del suo ruolo.

E cosa significa essere un’ostessa moderna ce lo spiega Catia Corbelli.

“In questo momento storico l’ostessa non è più una figura deputata a trascorrere il tempo solo in cucina ed in sala, ma il suo è un ruolo trasversale che comprende lo studio del territorio e di tutto ciò che questo offre, anche nell’ottica di una economia circolare che privilegi le piccole realtà produttive, dando valore e visibilità alle microimprese, l’unico argine che si può costruire contro lo spopolamento delle zone interne del nostro meraviglioso Sud. L’ostessa moderna fa rete con le altre realtà del suo settore, perché è la collaborazione il vero motore di sviluppo.  Conosce la sua terra non solo dal punto di vista enogastronomico ma anche artistico, culturale e paesaggistico in modo da poter offrire validi suggerimenti a chi è di passaggio. In altre parole, la gente non ha fame solo di cibo e sete di vino, ma soprattutto di conoscenza profonda dei luoghi. L’osteria deve essere, allora, una sorta di guida che spazia dall’acquisto dei prodotti tipici ai suggerimenti degli itinerari artistici, paesaggistici e culturali in genere. E, perché no, farsi promotrice di eventi letterari che non siano limitati solo al mondo della gastronomia, ma che abbraccino anche la poesia, la saggistica, la narrativa. Ben vengano anche serate a tema che diano il giusto risalto ai doni preziosi che ci offre la nostra terra, come i funghi, il tartufo (sul Pollino sono presenti ben 12 varietà) oppure le straordinarie Lenticchie di Mormanno – ex presidio Slow Food – che, insieme al fagiolo poverello e al cece seccagno, rappresentano un vero e proprio fiore all’occhiello della nostra grande cucina contadina, e che restano tra i piatti più richiesti dai nostri clienti”.

Le lenticchie di Mormanno vengono coltivate nell’orto adiacente all’osteria. Il legume che si caratterizza per il gusto particolarmente sapido e per la buccia sottilissima, che diventa quasi un tutt’uno con il cuore, è stato recuperato dopo che essere stato confinato ad una coltivazione a margine dei campi di frumento e di fagiolo poverello, in seguito all’abbandono delle campagne. A differenza delle altre varietà, le lenticchie di Mormanno, non richiedono l’impiego di cipolla, carota e sedano in cottura, ma semplicemente di una foglia di salvia per poi essere ripassate in padella con peperone crusco sbriciolato ed origano del Pollino. Territorio con territorio, dunque, spiega Catia.

Catia Corbelli, la zuppa di Lenticchie di Mormanno

Cosa si mangia a casa dell’ostessa?

Lo zoccolo duro rimangono sicuramente i piatti della tradizione, quelli del ricettario di mamma Pina.

Partiamo dai raschiatelli, il piatto della domenica e delle feste comandate, maccheroni al ferretto, conditi dal ragù di maialino nero. La novità, in questo caso è dato dalla carne di maialino che sostituisce quella classica.

I raschiatelli di Osteria del Vicolo

Sempre tra i primi, imperdibili almeno in questa stagione, i tagliolini con fonduta di caciocavallo podolico con tartufo estivo che pur non essendo un piatto della tradizione concede al territorio (in questo caso podolico e tartufo) il ruolo di elemento innovativo, senza voli pindarici e accostamenti azzardati.

Tagliolini con tartufo e fonduta di podolico

Così accade anche con i risotti e gli gnocchetti con erborinato al profumo di lavanda, che omaggiano il Parco della Lavanda, a Morano Calabro, vero e proprio attrattore turistico nato grazie all’intuizione di Selene Rocco. Quando si dice fare rete…

E poi la frascatula, la polenta del Sud, con porcini e scorzone estivo, piatto diffusissimo in Basilicata e un po’ in tutto il Meridione.

Frascatula con porcini e tartufo

Tra i secondi merita sicuramente l’assaggio il Maialino nero con liquirizia, cipolla di Tropea caramellata, sfumato con il moscato di Saracena: un piatto “geografico” lo definisce Catia. Talvolta la cipolla viene sostituita con la bianca di Castrovillari, del cui recupero si è fatta promotrice anche Catia.

Maialino nero, liquirizia e cipolla di Tropea caramellata

Il baccalà alla Mormannola o alla castroviddara resta uno dei capisaldi dell’osteria. Si tratta di un piatto succulento a base di baccalà, peperoni e pomodori, il cui consumo una volta era limitato a determinati periodi dell’anno, come quello della vendemmia, per poi essere riproposto in tutti i periodi dell’anno.

Baccalà alla Mormannese

Se vi trovate a percorrere la Salerno – Reggio Calabria nel periodo a Cavallo di Carnevale, vi consigliamo vivamente di fare una piccola deviazione (Osteria del Vicolo si trova a solo 5 Km dall’uscita) solo per assaggiare la soppressata al sugo, un antico piatto di recupero che Catia ha presentato anche in Rai.

Catia e la soppressata al ragù

Tra i dolci il mitico bocconotto di Mormanno, un involucro di pasta frolla farcito con marmellata di amarena nella sua versione classica resta inossidabile. C’è poi quella rivisitata da Francesco, che si occupa (anche) della pasticceria: frolla con cacao amaro e noci, farcito con marmellata di fichi e servito con una salsa al mosto cotto. Ancora una volta territorio con territorio. È questa la vera rivisitazione, secondo Catia.

I bocconotti di Mormanno

L’Osteria del Vicolo, in memoria dei vecchi tempi del pub, offre anche una buona selezione di pizze. Grani antichi nell’ impasto e farciture che parlano del Pollino e della Calabria tutta, come quella al fiordilatte (mai viene usata la mozzarella di bufala), salsiccia e cicorie.

La pizza fiordilatte, salsiccia e cicoria

Vastissima la selezione di salumi, magnifico il capocollo, e di formaggi tutti acquistati da produttori locali, ma c’è bisogno che lo specifichiamo?

I salumi ed i formaggi di Osteria del Vicolo

Qualora decideste di prolungare il vostro soggiorno oltre il pranzo e la cena, ammaliati dai racconti dell’ostessa, potrete dormire in uno dei B&B della famiglia Armentano, non fosse altro che per gustare a colazione un bocconotto appena sfornato oppure una profumatissima torta al limone di Rocca Imperiale o, perché no, una selezione di salumi e di formaggi serviti con il pane caldo.

Catia vi accompagnerà fino all’automobile, con i suoi racconti, i suggerimenti che vanno dagli itinerari ai consigli per gli acquisti di tutto ciò che di buono offre la sua amata terra. E voi non la dimenticherete facilmente. Non è facile dimenticare una vera ostessa.

2 Commenti

  1. Non solo la deviazione.Questo posto merita il viaggio.Sarò di parte perché anch’io sono figlio della magica statale 18 ma ho sentito letteralmente il profumo di casa e di cose vere.Complimenti e ad maiora agli attori principali nonché alla cronista con la speranza e l’augurio che post come questi non solo convincano i figli migliori del territorio a restare ma invoglino anche quelli che sono partiti a tornare.FRANCESCO

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