Slow Food a Roma con il Fiano di Avellino e i suoi territori

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Degustazione a doppio report. Paolo Mazzola e Mimmo Gagliardi ci hanno trasmesso le loro emozioni

di Mimmo Gagliardi

E venne il 10 maggio…e da quella domenica in cui il Napoli vinse il suo primo scudetto sono trascorsi ben 25 anni. In una data così rappresentativa per ogni tifoso napoletano ho deciso di festeggiare a mio modo, così eccomi all’Hotel Excel di Roma per la prima storica degustazione di Fiano di Avellino vissuta attraverso i propri territori d’origine.

Come hanno tenuto a significare tutti i degustatori d’eccezione che hanno condotto la serata, Francesca Rocchi presidente Slow Food Lazio, Luciano Pignataro giornalista de ”Il Mattino” e responsabile Slow Wine Campania, Fabio Turchetti giornalista de ”Il Messaggero” e responsabile Slow Wine Lazio, Franco Fancoli fiduciario Slow Food Roma e Lidia Puccio fiduciaria Slow Food Ciampino, il significato della degustazione non era la spasmodica identificazione delle sensazioni olfattive nei vini, quanto la comprensione di come il territorio possa influenzare il prodotto finale agendo sulle materie prime: le uve.

Altro elemento importante, discusso nell’introduzione, è l’orientamento che Slow Food ha inteso dare alla propria guida Slow Wine: non una mera elencazione o classificazione di vini, quanto un utile strumento per capire i viticoltori e le cantine che particolarmente si distinguono sul territorio per i meriti del loro serio lavoro ed orientare chi volesse acquistare un vino a compenetrarsi maggiormente con chi lo produce.

La serata si svolge attraverso quattro batterie, una per ogni territorio, con due vini in proposta per ognuna di esse.

La prima zona è LAPIO.  Pare che proprio il nome del Fiano di Avellino DOCG derivi dall’area agricola “Apia” (ovvero l’odierna Lapio), da cui risale il termine “Apiano” e “Apiana”, dato all’uva già conosciuta dai poeti latini. Il territorio di Lapio, l’unico tra i quattro in analisi stasera, a rientrare anche nella DOCG Taurasi, è situato tra i 400 e i 600 metri di altitudine e composto da marne argillose con affioramenti calcarei, che permettono ai vini qui prodotti di acquisire una definizione aromatica precisa e una buona struttura, accompagnati a decisa acidità e forte mineralita’.

Il primo vino è il Fiano di Avellino DOCG  Colli di Lapio di Clelia Romano, annata 2010, titolo alcolemico 13%, fermentazione solo acciaio inox, enologo Angelo Pizzi. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è fruttato con note di pera bianca, sentori agrumati di pompelmo, fondo floreale con costante nota minerale. Al gusto è fresco, abbastanza morbido, salino, con un finale minerale, che resta costante con la sua notevole persistenza. La vendemmia è leggermente tardiva per questo vino, che viene raccolto a fine ottobre.

Il secondo è il Fiano di Avellino DOCG di Rocca del Principe, annata 2010, titolo alcolemico 13,5%, fermentazione solo acciaio inox, enologo Carmine Valentino. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è floreale, minerale, ma con un po’ di attesa emergono note fruttate ed agrumate. Al gusto è fresco, salino, con un finale minerale, che resta costante con la sua buona persistenza. Equilibrato.

La seconda zona è SUMMONTE.  La zona, che prende il nome dal castello che la domina (Castrum Submontis), è costituita prevalentemente di depositi piroclastici, quindi sabbie, ceneri e minerali, che si sono posati sui banchi rocciosi e argillosi in epoca remota dopo un’eruzione, probabilmente di qualche vulcano napoletano. Il territorio è situato 500 e i 700 metri di altitudine. I vini qui prodotti sono ricchi di frutto e hanno notevole struttura.

Il primo vino è il Fiano di Avellino DOCG  di Ciro Picariello, annata 2010, titolo alcolemico 13,5%, fermentazione solo acciaio inox. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è fruttato, minerale, agrumato. Al gusto è fresco, salino, con un finale minerale. Vino snello ma ricco. Persistente.

Il secondo è il Fiano di Avellino DOCG di Guido Marsella, annata 2008, titolo alcolemico 14%, fermentazione solo acciaio inox. Colore giallo paglierino carico e intenso, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è un rincorrersi di sentori fumé, frutta matura, note di nocciola tostata, aromi salmastri e toni agrumati e minerali. Al gusto è morbido, fresco, salino. Bella persistenza. Una vera chicca.

La terza zona è CESINALI.  Il nome di questa zona significa “terra dissodata” ed ha origini longobarde. La composizione dei suoli è molto simile a quella di Summonte, con la quale condivide la probabile origine vulcanica. Il territorio è situato 350 e i 450 metri di altitudine e non ha particolari caratteristiche gusto-olfattive rispetto alle altre tre in analisi. L’unica nota olfattivamente rilevante e costante è la sensazione varietale di nocciola fumé molto forte.

Il primo vino è il Fiano di Avellino DOCG Pietramara etichetta bianca de I Favati, annata 2010, titolo alcolemico 13,5%, fermentazione solo acciaio inox, enologo Vincenzo Mercurio. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è fruttato, floreale, agrumato. Al gusto è fresco, salino, con un finale minerale.

Il secondo è il Fiano di Avellino DOCG Particella 928 di Cantine del Barone, annata 2010, titolo alcolemico 13,5%, fermentazione solo acciaio inox, enologo Luigi Sarno. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è dominato da note fumé con sentori fruttati, agrumati. Al gusto è fresco, salino, con un finale minerale. Vino franco e sincero. Persistente. Luigi Sarno è l’unico tra i produttori presenti alla degustazione e ci ha illustrato meglio le caratteristiche territoriali della zona, descrivendoci le particolarità del suo vino.

La terza zona è MONTEFREDANE.  Il nome di questa ha origine longobarda. I suoli sono argillosi con importanti presenze di roccia e calcare. Il territorio è situato 550 e i 650 metri di altitudine. Il vino qui prodotto ha doti di mineralita’ non comuni ed una longevita’ importante.

Il primo vino è il Fiano di Avellino DOCG di Pietracupa, annata 2010, titolo alcolemico 13,5%, fermentazione solo acciaio inox. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è aromatico di mandorle tostate, toni balsamici, fruttati e minerali. Al gusto è fresco, salino, con un finale ammandorlato e minerale. Molto persistente.

Il secondo vino è il Fiano di Avellino DOCG Aipierti di Vadiaperti, annata 2010, titolo alcolemico 13,5%, fermentazione solo acciaio inox. Colore giallo paglierino, limpido e di buona consistenza. All’olfatto è aromatico di mandorle tostate, quasi pasta di mandorle, toni fruttati e minerali. Al gusto è fresco, salino, con un finale dove la mandorla ritorna con piacere. Molto persistente e gradevole.

La degustazione è stata accompagnata da focaccia bianca di Franco Sanità e Mozzarella di bufala del consorzio “Mozzarella di bufala D.O.P.”, provenienti dal mercato della terra di Slow Food Ciampino che è stato organizzato a bordo della piscina dell’hotel. Dulcis in fundo abbiamo gustato l’ottimo gelato al mosto cotto di Malvasia dell’artigiano Roberto Troiani.

Questa serata, organizzata da Paolo Mazzola e Andrea Petrini, ha permesso di comprendere meglio come il terroir possa già evidenziare enormi differenze tra vini prodotti con il medesimo biotipo di uva, senza che l’ulteriore apporto dell’uomo nella cura della vigna e nel processo di vinificazione e affinamento ne definisca la complessiva identità. L’analisi delle caratteristiche che un terroir può dare ai vini, quindi, deve essere la base per la ricerca della migliore espressione territoriale e non deve essere repressa a favore del modello massificato imposto dal mercato.

Qui il report di Andrea Petrini


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