Barile, Vulture. La Locanda del Palazzo


La Locanda del Palazzo a Barile. L'ingresso

Piazza Caracciolo, 7
Tel.0972.771051.
www.locandadelpalazzo.com
[email protected]

Ospitalità discreta e un equilibrio perfetto tra confort e lusso.

Questi gli ingredienti della Locanda del Palazzo, la bella struttura ricettiva di Rino Botte e sua moglie Lucia Giura che sorge nella piazzetta Caracciolo di Barile, il punto da quale, con la vista sulle colline che digradano dal vulcano estinto del Vulture, si può partire per una passeggiata nello Shesh, il suggestivo quartiere fondato intorno al ‘400 dagli esuli albanesi sfuggiti alle persecuzioni turche.

La Locanda del Palazzo, il salotto della reception

Lo Shesh: semplici alloggi scavati nella roccia tufacea, che, in una cittadina nella quale i vecchi e gli adulti sono ancora perfettamente bilingue, rappresentano non solo una suggestiva testimonianza del passato ma una parte attiva della vita dei barilesi.

Lo Sheshit a Barile

Oggi, come ieri, il quartiere è la grande cantina di Barile. Perduta la sua funzione abitativa, le grotte sono state utilizzate per la produzione e la conservazione del vino, dato le naturali e fortunate condizioni che offrono. Il versante nord della collina su cui si sviluppa Barile è una gruviera con tante porticine colorate, uno spettacolo unico che ne fa una delle cittadine più visibilmente dedite alla produzione vitinicola che ci siano nel Sud.

Rino Botte

La stessa Locanda del Palazzo, un edificio il cui corpo più antico risale al XV secolo, lega la sua storia al vino. Prima sede della Vinicola Gennaro Botte e figli, e oggi resort con una naturale vocazione alla ospitalità enoturistica al centro di un progetto molto ambizioso della Feudi di San Gregorio che ha intenzione, con la gestione di Rino Botte, imprenditore e ristoratore di lunga esperienza, di incorporarla in una sorta di cittadella full optional per l’accoglienza di gruppi di enoappassionati.
Se le mura della Locanda potessero parlare la prima parla che pronuncerebbero sarebbe “vino”. Sembra perfino di sentirne l’odore nel bel salotto con i pavimenti in legno della reception. Questi luoghi intrecciano la loro storia con quella dei Botte (che ne sono i proprietari da tempi remoti), una famiglia dedita alla produzione e all’imbottigliamento in quei locali fino al 1968 circa, e a quella di altre famiglie della zona che la hanno presa in fitto, tra cui i Carbone di Melfi.

La Locanda del Palazzo, interno

Tutto fino al 2000 quando Rino Botte, chiuso il capitolo bergamasco, è tornato per farne un ristorante e, oggi, un luogo di ospitalità legato a doppio filo con Macarico, l’azienda con la quale riprende e porta avanti la sua passione mai sopita per la campagna e il vino che da piccolo ha visto fare ai nonni.
Le 11 stanze della Locanda, ampie e dotate di ogni confort, sono intitolate alle contrade che la circondano. Tra le altre: Macarico, Gelosia e Titolo. Tutti nomi che a chi si trova in visita alle aziende vitivinicole della zona, dicono qualcosa certamente.

La Locanda del Palazzo, il breakfast

Nella ampia e luminosa sala da pranzo, con vista su una terrazza che offre la vista sulle colline di fronte, si consuma al mattino la colazione: torte, biscotti con frutta secca e al profumo d’anice preparati da Lucia; frutta fresca, burro e marmellate artigianali e un bel caffè fumante su una tavola preparata con una serie di dettagli di gusto. Tra le altre le zuccheriere, tutte di pregio, ma diverse come piace a chi rifugge con naturale padronanza l’abusata omologazione nell’allestimento dei locali.

Il ristorante ha chiuso. Di seguito per gli appassionati riportiamo le schede che lo descrivevano

Scheda del 26 aprile 2008
Questo luogo racchiude una storia fantastica. E’ la storia di uomo ed una donna che hanno votato la loro vita alla ospitalità. E’ una storia d’amore, di passione, di pentole e calici di vino. E’ una storia fatta di partenze ed arrivi, di rinuncie e di conquiste, di successi, passati, presenti e futuri. E’ la storia di Rino e Lucia Botte. Per trent’anni ristoratori di fama nella ricca provincia lombarda, hanno ospitato a Cremona il fior fiore della buona società industriale padana prima di decidere di ritornare nell’amata terra di origine, il Vulture, per la precisone a Barile. Qui una decina di anni fa circa hanno messo in piedi un progetto molto ambizioso, per molti “da pazzi”, per chi ama invece, semplicemente La locanda del Palazzo, un luogo infinatemente meraviglioso, ricavato in una vecchia stalla in un palazzo padronale antichissimo completamente rimesso a nuovo, nel pieno centro di Barile, alle pendici del fossato sotto il quale si estendono le centinaia di cantine scavate nella roccia tufacea. Prima il ristorante, poi appena dopo le stanze della Locanda.
C’è da dire che da un paio d’anni è subentrata nel progetto di Rino e Lucia l’azienda campana Feudi di San Gregorio, rilevando la proprietà ma lasciando la gestione ai Botte, a sostegno di una idea che troverà il suo pieno successo quando il Gioiello Vigne di Mezzo, l’azienda di proprietà dei Feudi qui nel Vulture, inizierà il suo percorso di ospitalità aperta ai turisti del vino che troveranno accoglienza proprio presso la Locanda del Palazzo. L’ambiente è arredato con stile e con cura, parquet persino nelle toilettes, pareti bianchissime, la sala è perfettamente illuminata, il tovagliato semplice ed elegante, la mis en place da manuale. Ci accoglie Rino, ci accompagna al nostro tavolo concedendoci il tempo di apprezzare l’ambiente, impensabile una cosa del genere in un luogo così lontano da certi concept, ma val bene l’impresa. La visita in azienda dai Paternoster ci ha messo un certo appetito, pertanto scegliamo di seguire la proposta di degustazione preparata per l’occasione confidando nella estrema bravura di Lucia tra i fornelli. Iniziamo con un peperoncino verde ripieno di granella di pane e tonno appena scottato adagiato su una salsa di lenticchie, delizioso e saporito. Continuiamo con baccalà alle erbe fresche, anche questo azzeccato. Il tutto degustando il Fiano Bianco di Corte ’06 dell’azienda Paternoster, non male anche se l’incipit olfattivo è sovrastato dalla fermentazione in legno, una pratica che (finalmente dico io) molti tendono ad abbandonare negli ultimi anni su vitigni come il fiano ma anche il greco. Il primo piatto è una composizione ardita e nuova per me: tortello di ricotta con cannella, zucchero e menta, non nascondo che è lontano dalle mie preferenze ma l’inventiva e la novità della proposta è molto apprezzata dagli altri commensali. Il secondo piatto è un filetto di vitello perfettamente cotto al forno in crosta di erbe fini con contorno di Cicoria, assolutamente sublime. Ottimo anche l’aglianico del Vulture Macarico 2003 (vino prodotto dal patron) provato in accostamento, avvolgente e profondo. Rino Botte ha realizzato con questo progetto il sogno di una vita, devo dire che i due vini, il Macarico ’03 appunto, e il Macarì ’05 sono sicuramente due vini da non sottovalutare, da non perdere di vista. Chiudiamo con una degustazione di pecorini lucani dove ci facciamo del male provando in parallelo l’aglianico del Vulture Don Anselmo 1997 e il Serpico ’00 dei Feudi di San Gregorio, due capisaldi della variazione sul tema aglianico, che spettacolo ragazzi! Il dessert è una degna chiusura di un pranzo davvero gradito, un tortino al cioccolato caldo accompagnato da gelato alle nocciole, qui non potevamo che continuare ad omaggiare i Paternoster scegliendo di bere il loro gradevolissimo Moscato Clivus 2007. Barile è fuori dai comuni circuiti enogastromici, è vero, posso però assicurare che la Locanda del Palazzo vi avvicinerà sempre di più a ricercare l’assoluta lontananza da questi, provare per credere!r
Angelo Di Costanzo

Scheda del 20 dicembre 2004
La Locanda del Palazzo è uno dei miei posti preferiti di tutto il Mezzogiorno, spesso anche a dispetto della Terra delle Sirene quando è vestita da turista in estate. Un luogo dell’anima dove sfuma la mia patologica ansia, della caparbietà e soprattutto della professionalità di cui non sono mai pago, sempre più nauseato stanco di improvvisazione e astuzie commerciali buone solo alla Duchesca. Eccoci allora a Barile, nomen omen, sul fianco della collina dove nel corso dei secoli gli albanesi fuggiti ai turchi conservarono la cultura della vite scavando le loro cantine sul lato settentrionale del paese come una gruviera. Lasciarono i loro nomi ai luoghi e un patrimonio culturale e architettonico di inestimabile valore e fascino ripreso ancora parzialmente, a nostro giudizio secondo solo ai Sassi in Basilicata. Noi queste zolle e questi sassi li conosciamo benissimo, la collina dove è stato costruito il paese in parte ristrutturato e quella di fronte sono separate da una ferita, forse provocata dal terribile vulcano esploso 800.000 anni fa, forse da una frana alluvionale. Di qua il paese, di là il Consorzio Viticoltori del Vulture, il cuore della crescita vitivinicola dell’Aglianico lucano, non possiamo parlare di rinascita perchè è riduttivo rispetto al passato recente già fatto di qualità. Bene. Qui, sulla piazzetta Caracciolo, nella casa di famiglia un tempo sede di una cantina storica, Rino Botte e sua moglie Lucia hanno costruito come Deucalione e Pirra la loro Locanda. Non possiamo aggiungere nulla al fatto che la Michelin, in genere lenta come una testuggine nel dare e soprattutto nel togliere, ha fissato una delle sue rare stelle. L’atmosfera è quella di una casa nobiliare di campagna dallo stile sobrio e asciutto, camino e poltrone all’ingresso per chiacchierare, cantina ricca di vini regionali e nazionali con spunti esteri, stanze grandi, grandissime come piacciono a noi perché ci ricordano la dimensione dell’infanzia, di quando cioé la parete di fronte era lontanissima dal nostro letto di bimbi. Dotate, c’è bisogno di dirlo, di tutti i comfort possibili e immaginabili. La Locanda fa anche parte de Le Soste. Rino è del mestiere, ha lavorato al top nella ricca Lombardia, poi è venuto qui scommettendo sullo sviluppo del suo territorio e visti gli investimenti in atto tra Barile e Venosa finirà per avere ragione. Dopo che vi sarete sistemati, c’è la sala ristorante ad attendervi con tutte le attenzioni e i particolari, uno stile che solo una coppia affiatata e professionale è capace di raggiungere. I sapori sono quelli del territorio, dal baccalà, unica carne di pesce possibile sino a non molti anni fa nei paesi lontani dal mare, alle carni e le paste fatte in casa, sempre presentati in chiave moderna ma senza virtuosismi e costruzioni barocche. C’è il recupero della manualità del territorio e l’esperienza della clientela internazionale. Siamo a Barile, nella parte alta della Basilicata incuneata tra Campania e Puglia entrambe distanti pochi chilometri: ecco allora il classico fave e cicoria, il baccalà con le lenticchie, il cosciotto di capretto. Scelta di formaggi, menu stagionale, chiusura ampia di distillati sono la cornice di questo miracolo. Profondo Sud, è vero, ma arrivare è facile, non a caso Barile è sempre stato uno dei centri più importanti del Sud di produzione e commercializzazione di vino: da Potenza sono meno di 30 chilometri di superstrada, dall’autostrada Napoli-Bari ad una ventina di chilometri dall’uscita di Candela. Fatta base nella Locanda, potrete visitare i castelli di caccia di Federico II tra cui spiccano i vicini di Logopesole e Melfi, le cattedrali, una ventina di aziende di vino, caseifici (pecorino di Filiano) e oleifici. E quando sarete stanchi, Rino vi farà visitare la sua azienda dove sta maturando il Macarico Aglianico del Vulture: in società c’è un certo Vito Paternoster, suo cognato e titolare, lo diciamo per i pochi che non lo sanno, della più importante e storica azienda vitivinicola del territorio. Quel che Mastroberardino è stato per la Campania, Lungarotti per l’Umbria, Librandi per la Calabria, De Castris per la Puglia, eccetera. E allora? Ancora non avete spento il computer per fare le valige e venire qui? Sui 40 euro.

(l.p)

Un commento

  1. Peccato che il ristorante abbia chiuso, però Barile è uno spettacolo da vedere e soprattutto da bere.
    Carpe diem

I commenti sono chiusi.