Quando il cliente è ignorante: lezione di sala di Livia Iaccarino


Livia e Alfonso in una foto ufficiale di qualche tempo fa

Livia e Alfonso in una foto ufficiale di qualche tempo fa

Lezioni di sala? Come ci si comporta quando il cliente è ignorante? Vi racconto un episodio realmente accaduto, che ci ha raccontato Livia Iaccarino questa estate, molto divertente e istruttivo.

Lo possiamo fare perché risale all’inizio degli anni ’90, quando il Don Alfonso era già famoso per la cucina e la spettacolare cantina che Livia e Alfonso avevano faticosamente creato grazie ai consigli di Veronelli superando i pregiudizi dei francesi ma anche di molti produttori del Nord verso la clientela del Sud.
Altra epoca, più vicina all’800 che ai giorni nostri, senza cellulare, blog, senza neanche le guide sovrane. Regnava il passaparola.

Si presenta una coppia di mezza età. Al momento di scegliere il vino, Livia porta la carta e lui fa:
“La dia a mia moglie, sceglie lei perché è una grande esperta di vino”
Livia consegna il volume (di questo si trattava e si tratta) alla signora che lo guarda sbigottita. Apre, da uno sguardo smarrito alla geografia del vino mondiale e poi, decisa, chiude il libro e chiede:
“Ci porti un Galestro Capsula Viola, grazie”.
In pochi decimi di secondo Livia cercò di elaborare una risposta credibile che non offendesse l’ignoranza del cliente o lo mettesse in difficoltà e alla fine se ne uscì in questo modo:
“Signora, ci perdoni. Non riusciamo ad avere tutti i vini. La prossima volta lo troverà sicuramente”.

Una lezione di sala, ma anche di vita. Atteggiarsi non serve a nulla, mette in difficoltà chi è ignorante e scatena competizione.

Credo che molti giovani sommelier dovrebbero tenerla scolpita bene in mente quando fanno servizio.
Ma vale anche per molti critici che sfoggiano erudizione senza conoscenza.

12 Commenti

  1. Beh si capisce che la Signora clienta avesse voluto dire “Galestro capsula viola”; e sono sicuro che la Signora Iaccarino lo avesse in cantina perché era molto “alla moda” in quell’epoca… tutta questa ignoranza del cliente non la vedo…

  2. O Forse per non essere “ignoranti” bisogna ordinare solo vini per i quali ci vuole un mutuo…?

  3. ..secondo me come titolo da prima pagina mi sembra un pò troppo esagerato, anche perchè non vedo nulla di così eccezionale tanto da rimarcare “una lezione da Sala” ci vedo solo buon senso ed educazione..sarebbe stato meglio chiarire alla malcapitata l’eventuale errore commesso..

  4. Direi che l’errore fatto dalla signora sia stato quello di non aver chiesto alla proprietaria se avessero Il G.C.D. senza aver neanche aver sfogliato il menù. Detto questo il termine ignoranza è stato usato nel titolo del pezzo nel suo senso etimologico. (credo)

  5. Spiegate perchè non l’ho capita.Il Galestro agli inizi degli anni 90 era in auge ancora.Dove sta la gaffe?

  6. non penso che la signora abbia fatto una grossa gaffe……..io penso, invece che gli errori si possono commettere da cliente e da ristoratori di fama . A noi è capitato in un ristorante stellato e non faccio nomi, una servita del famoso tubetto in brodo di pescatrice con tubetti misti (rigati e lisci). Alla nostra meravigliata richiesta del perché di quella scelta o di errore , ci fu risposto che la colpa era del pastificio che aveva sbagliato ad imbustare. Ci sembrò una risposta ridicola. Questa penso sia una gaffe grossa quanto una casa per un ristorante di livello stellato. veramente non ricordo quale ristorante fosse mica mi potete aiutare a ricordare……….

  7. Vedo che in alcuni commenti sfugge il nocciolo della questione.
    La lezione è come si comporta un professionista di sala per non mettere in difficoltà il cliente evitando un atteggiamento di supponenza
    Quanto alla definizione di ignorante, ovviamente non è riferito al fatto che la signora non conoscesse i vini di Borgogna, ma al suo atteggiamento supponente che è, appunto, degli ignoranti mentre il primo segnale di un vero uomo di cultura è ammettere di non conoscere qualcosa.
    Nel concreto, non è da ignoranti ordinare un Galestro, ma ordinarlo di fronte ad una carta di vini facendo finta di conoscerla e di preferire quella etichetta e non perché è l’unica che si ricorda grazie ad una massiccia campagna pubblicitaria.

  8. Forse non si è riuscito a trasmettere bene l’atteggiamento supponente dei coniugi. Dal racconto così come letto, non traspare tutta questa dietrologia, ma solo l’innocua richiesta di un vino, con o senza lettura della carta. Se così fosse, una risposta del tipo “mi dispiace non c’è” mi sarebbe sembrata più che sufficiente e tranquilla. Comunque tutto ciò dimostra come ogni mondo professionale ha le sue regole e il suo “galateo” che spesso vengono ignorate da chi non vi fa parte. E quindi grazie per avercele fatte conoscere :)

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