Elogio della scarola napoletana


La scarola

Etimologicamente la parola scarola proviene dal tardo-latino “escarius” che significa commestibile.

Questo già la dice lunga sulla mancanza di particolari emozioni organolettiche che la “cichorium endivia”, nome botanico della verdura in questione, può dare cucinata da sola senza particolari aggiunte di ingredienti o procedimenti caratterizzanti. Tale considerazione, le viene soprattutto per l’enorme quantità di acqua in essa contenuta e che viene rilasciata al momento della cottura.

 

La scarola viene bollita

La scarola bollita

Di qui il famoso motto campano ” rici sul’ scarol’ “, nel senso di sciocchezze, o concetti estremamente annacquati. Ma veniamo alla verdura e agli innumerevoli modi di preparazione che la rendono, da scialacquata, cucinata “sic et simpliciter”, a particolarmente gustosa, con l’aggiunta di altri ingredienti ed aromi. La “ricetta cult” più famosa in Campania per la scarola è “scarol’ e fasul’ “. Il piatto di base è quello in tutta la regione, ma le varianti, da territorio e territorio, sono innumerevoli. A Napoli, come al solito, si usa una variante più delicata, che prevede come ingredienti scarole, fagioli, aglio, olio ed al massimo, un po’ di prosciutto crudo.

I fagioli cotti

Nel beneventano, ad esempio, si usa il battuto di lardo al posto dell’olio, in “Terra di Lavoro” in sostituzione o in aggiunta ai fagioli, si usano anche le patate. Nel salernitano la differenza la fanno due elementi: l’aggiunta di qualche pomodoro corbarino e l’uso di fagioli freschi detti “spollichini” o “cicci”In Irpinia, dove fa più freddo, e naturalmente il corpo umano necessita di maggiori calorie, si aggiungono le parti del maiale meno nobili, conservate in salamoia. Quindi tra le scarole ed i fagioli, troveremo, il piedino e l’orecchio di maiale, la coda, il muso, la ‘nnoglia(insaccatura di tutto quello che rimane sul tavolo da lavoro dei salumi: pezzettini di carne, di cotica, di intestino).

Un’altra preparazione degna di nota è “a’ scarola ‘mbuttunata”. Anche questa ricetta prevede, naturalmente, differenti versioni. Anzitutto nel ripieno, che nella fascia costiera si identifica in pochi elementi, quali olive di Gaeta, capperi, acciughe, aglio, uva sultanina e pinoli.

Olive di Gaeta, capperi, acciughe, aglio, uva sultanina e pinoli

Mentre nelle zone interne, beneventano ed irpinia,oltre a tali ingredienti, si aggiungono anche susine essiccate nel primo caso e mosto cotto nel secondo. Cambia anche il procedimento di cottura, che mentre per la parte della Campania che si affaccia sul mare prevede una leggera frittura della scarola appena imbottita o in alcuni casi un passaggio al forno, nel beneventano e in Irpinia, oltre alla leggera frittura, si usa sottoporre le scarole ad un successivo passaggio di “stufatura” con l’aggiunta di mosto cotto anche in padella.

Le scarole imbottite

Altra preparazione della scarola in Campania, maggiormente nel salernitano e nel napoletano, è ” ‘o purp’ c’a scarola” . Tale ricetta prevede l’assemblaggio di tutti gli ingredienti usati per la scarola imbottita insieme al polipo bollito spezzettato insieme a qualche mestolo di brodo ottenuto dalla cottura del polipo stesso, qui, sulle montagne dell’Irpinia, ci piace aggiungere anche un pò di mosto cotto, anche se qualcuno potrebbe dire : ” ‘o tnit’ semp’ a purtat’ e man’ stù vin’ cuott’ !!! ” .

Il polipo

Si aggiunge il polipo a pinoli e uvetta

Si aggiunge la scarola

‘o purp’ c’a scarola

C’è inoltre la pizza di scarole, che sarebbe una versione “light” della tradizionale “pizza con l’erba”che si usa fare per il periodo pasquale. Gli ingredienti sono i soliti usati per la scarola imbottita. Nel beneventano, in particolare a Pietraroja, località dei famosi prosciutti, si prepara anche una zuppa a base di scarola, in brodo di gallina e con polpettine di maiale, chiamata “Brudìnu”.

La scarola

Naturalmente non va dimenticata la preparazione più semplice e frequente, quella dell’imbarazzo, quella “del giorno dopo”, quella, si dice in Campania, “dei malati” proprio per le sue caratteristiche toniche e diuretiche : la scarola sbollentata con un filo d’olio crudo.

La scarola condita con un filo d’olio crudo

Un’ultima “scarola”, fatemela scrivere : in “terra felix” si usa definire scarola un organo femminile quando è particolarmente squaquaracchiato, appunto come la scarola aperta. Ma non è che Mariano Apicella abbia riportato tale usanza anche ad Arcore?

Lello Tornatore  – Tenuta Montelaura

2 Commenti

  1. le pizzelle fritte della vigilia, con baccala’ e “capellina”, da aggiungere a crudo, che è una qualità di scarola, ancora piu’ fina della scarola riccia.

  2. Lello è tornato-Re e la scarola(frirtta mbuttunata mbolpata)ha portato e puro na pezzecata cu nu viecchio intronato s’è pigliata.Ma a lu Cilento ca simmo chiu signori parlammo sempe re lo curinieddo re lattuca pe dice re na cosa tennera e nzuccarata e quasi mai re na scarola sciuffulata.PS.Stupidate a parte grazie davvero per questo excursus stagionale e provvidenziale per chi si vuole o si deve almeno un poco depurare da troppe proteine alcool e cose affine.Saluti e salute da FM.

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