I cinque migliori rossi campani del momento, sotto i dieci euro franco cantina


Brividi di fresco, voglia di vini rossi. Ho costruito un piccolo percorso partendo dal Piedirosso meno strutturato sino all’Aglianico bello tosto, sono bottiglie che in un ristorante non dovreste mai trovare sopra i 15 euro, in enoteca sui 10: bevibili, di territorio, assolutamente tipici, risultato di una buona pratica agricola e di tradizione contadina coniugata ai nuovi saperi enologici. I giovani protagonisti. Ecco i miei preferiti del momento, cioé che porterei sotto il braccio per un pranzo domenicale in famiglia o con amici.

Piedirosso 2010 Campi Flegrei La Sibilla, Bacoli

le giovani generazioni, Vincenzo di Meo figlio di Luigi e Restituta, oggi primo enologo in cantina

Un bicchiere fine, elegante, fragranza di geranio e di ciliegia, sottofondo fumé, grande spinta in bocca. Indispensabile per le zuppe di pesce. Una delle migliori espressioni di sempre raggiunte da questa azienda familiare nata a Bacoli nel 1992.

Tramonti Rosso 2008 Costa d’Amalfi doc Apicella, Tramonti

Prisco e Giuseppe Apicella

Magnifico vino di territorio, blend di aglianico, piedirosso e tintore. Ha più struttura del precedente, ma anche maggiore spinta e freschezza, arruolato sul totano imbottito o anche su alcune carni come pollo e coniglio alla cacciatora. Pieno, fruttato, completo e già in equilibrio.

Piedirosso 2010 Taburno doc Fontanavecchia, Torrecuso

Libero Rillo (FotoPigna)

Il terreno e il clima più rigido regalano maggiore struttura a questa uva, diventa importante per la sua acidità quando si affrontano piatti della tavola tradizionale come il ragù, polpette al sugo. Ha già un ottimo equilibrio, da spendere entro Natale per la vostra massima soddisfazione.

Marraioli 2008 Aglianico Sannio doc Antica Masseria Venditti, Castelvenere

Lorenza e Nicola Venditti, Castelvenere (Sannio)

L’Aglianico nello splendore del suo frutto con una macinata di pepe nero: non lo conserverete a lungo perché Nicola, pur essendo formica, regala vini da cicala, da bere in allegria quando c’è la tavola dell’amicizia. Ha il medesimo uso del precedente, anche se il carattere scorbutico del vitigno aiuta meglio anche sui formaggi.

In questa ideale scala ascendente dalla finezza alla fragranza, chiudiamo con questo vino di ispirazione contadina, un bicchiere dai grandi profumi di amarena e di cenere, anche sottobosco, con una beva impetuosa e infinita in cui c’è l’anima della famiglia Boccella e la pimpante sapienza di Fortunato Sebastiano. Davvero una bella annata per agnelli e capretti degni di questo nome, o su pecorini ben stagionati.

5 Commenti

I commenti sono chiusi.