Les Monts Damnes 2013, Domaine Gerard Boulay


Sanserre 2013

di Teresa Mincione

Lontana dal gusto di polsini ricamati e lacci in seta, corpetti in pizzo e tessuti preziosi, ho scovato il filo di Arianna che mi lega alla tanto sfogliata, dal pubblico femminile, trilogia di E. L. James. Per intenderci, l’autrice di “Cinquanta sfumature di..”. Un momento di ilarità va concesso a tutti, e prima ancora che l’immaginazione porti oltre la carta delle pagine erotiche del best seller, svelo il mio punto in comune: Sancerre! Francia, amata Francia. Ebbene, tra un salto e l’altro in rete, è venuta fuori anche questa. L’ossessione spasmodica del protagonista miliardario (Christian Grey) non solo per bollicine setose e quantomai costose, ma ancor più per i bianchi gloriosi e dalla sferzante vivacità di Sancerre. E’ proprio il caso di dire che, alle volte, il “sacro” si accosta al profano. Mi congedo da ogni riferimento che non si colori di vino e provo a raccontare ciò che nascedal mio calice proveniente da uno dei vocati terroir del Sauvignon Blanc. Sancerre. Loira. Cosa bevo? Un “Les Monts Damnes” – Domaine Gerard Boulay annata 2013. Qualche cenno è d’obbligo. In punta di gografia, la Loira si estende dal Massiccio Centrale alla città di Nantes, seguendo l’omonimo fiume che s’immerge nell’Oceano Atlantico. Nel particolare, più nell’entroterra, su una collina posta sull’altra riva della Loira (rispetto a Pouilly Fumé), si trova la città di Sancerre. Gli intenditori sostengono che i suoi vini non raggiungono la complessità dei Pouilly- Fumè, ma non può negarsi che qui possono trovarsi splendidi esempi di come il Sauvignon Blanc riesca a regalare interpretazioni enologiche interessanti. L’acidità di questi vini li denota per la verve e tenacia e li lega alla memoria del cuore per la luminosa mineralità, per i sentori di agrumi freschi. Perché il paragone con Pouilly Fumè? Sono le due zone d’elezione del Sauvignon Blanc, e sono divise dal fiume Loira. Sancerre si trova a sinistra, mentre Pouilly Fumè è sulla destra, con terreni che cambiano sensibilmente per composizione e tipologia di sedimenti.

A differenza che a Chablis, però, dove si ha la netta prevalenza di suoli argillo-calcarei, soprannominati “kimmeridge” (che si alternano ad argille più sciolte), in questa parte della Loira la grossa differenza fra i vigneti deriva dalla presenza o meno nel suolo, di un componente chiamato “Silex”, traducibile in italiano col termine “selce”, ovvero roccia sedimentaria composta principalmente da silice. Un marchio di fabbrica che nasce dal terroir e che diventa elemento identificativo per l’assaggiatore. Note inconfondibili di mineralità e sapidità lasciano la traccia del loro passaggio. Il Les Monts Damnes – Domaine Gerard Boulay, annata 2013, merita la menzione.
Boulay Monts Damnes, è uno dei migliori luoghi per il Sauvignon Blanc in tutta Sancerre. Gerard Boulay, proprietario dell’antico Domaine, rappresenta, nel panorama vitivinicolo, una tipica espressione di rigore e dedizione alla vigna. La sua priorità è l’espressione del terroir, più che la firma varietale delle uve. Più che la ricerca dei mercati, il suo marchio è la ricercatezza dei suoi vini. Ha una visione particolare del suo ruolo, che accosta al concetto di “sorveglianza”. Un custode che deve esistere per assicurarsi che nulla vada storto. I vitigni più giovani presenti nel Domaine sono stati piantati dal Sig. Boulay nel 1972. L’età media delle viti, oggi, è di circa 45 anni.

Les Monts- Damnés è il vigneto più famoso di Gerard Boulay, caratterizzato da un terreno bianco fatto di calcare gessoso su Kimmeridgiano e marne. Questo Sancerre è ottenuto da uve coltivate sulla trama Monts Damnes, ossia un ripido pendio che inibisce la meccanizzazione. Tutto il lavoro, vendemmia inclusa, viene svolto a mano. I vini fermentano naturalmente, come  il Les Mounts Damnes, che fermenta e resta in botti vecchie sui propri lieviti per 12 mesi senza batonnage. Solo acciaio. Alcun lievito, nè quantità minime di SO2 vengono utilizzate in produzione. Il vino va lasciato vivere e l’uomo non deve interferire con il suo processo naturale. “C’est la natura qui fait le vin”. Oggi il Domaine è in regime biologico in direzione biodinamico. Si beve! Paglierino tenue con venature verdoline. Piacevole l’apertura tra refoli di fiori bianchi e menta fresca. Gelee al limone. Decisa la nota esotica che richiama il frutto della passione. Biancospino, mandorla e anice sullo sfondo. Bella l’ampiezza che riesce a non perdere mai la freschezza. Nel roteare la nota minerale arricchisce la spinta olfattiva. Resina. Il frutto tropicale passeggia con la mineralità senza mai predominare. La balsamicità arriva molto lentamente. Solo accostando il naso stuzzica l’acquolina. In lontananza, sul fondo, si avverte un leggero sentore di botrytis. Il timbro del terroir è netto: profumo di roccia, pietra. Al gusto concede un netto spessore saporifero che accompagna la lunghezza del sorso. Al gusto è sapido, di carattere, fresco e di buon corpo. Tipici i ritorni minerali e di selce che caratterizzano il sorso. Lungo e piacevole nel riassaggio. Stuzzicante acidità! Un calice figlio del suo terroir, giovane certamente ma dalle caratteristiche tutte da apprezzare. Un’ interessante performance del Sauvignon Blanc che lascerà il degustatore piacevolmente inebriato.