“Salve, sono un Gelato Artigianale!” “Ma davvero???”


di Marco Lungo

A volte penso di avere visto cose solamente io, di ricordarmele male, chissà. Poi, mi confronto con altri della mia età, e vedo che le cose che ci ricordiamo sono le stesse, per cui non è che me le sono sognate. Questo è stato uno degli Agosto più caldi di tutti gli ultimi anni, da quello che dicono e da quello che abbiamo sentito. Un caldo incredibile, a volte.

Beh, a me è saltata all'occhio una curiosità. Cavolo, quando ero ragazzino io, non facevano in tempo a mettermi il gelato sul cono che già colava da tutte le parti. E, questo, ce lo ricordiamo in molti. Adesso, con questo caldo, vedo enormi ammassi di gelato che stanno su più dei seni rifatti che vedo in spiaggia. Come mai? Li avete visti anche voi, ne sono sicuro. Ora, io credo molto al progresso tecnologico, ne beneficio come tutti voi, però su quelli alimentari ho sempre qualche dubbio. Quindi, nel mio piccolo, cerco di capire ed indago come posso. Le fonti sono quelle che la tecnologia ci mette a disposizione oggi, Internet principalmente, però anche una visitina in un Grande Magazzino all'Ingrosso aiuta spesso e non poco, vedremo perché, così come il parlare con qualche addetto ai lavori.

Chiaro, ovvio, scontato che il gelato che mi scolava dappertutto per le mani appena comprato, non esiste più. Sono stati fatti dei passi avanti, rispetto ad allora, qualcosa si è capito di più nella tecnica di preparazione del gelato e, adesso, anche con i macchinari moderni, è possibile servire un gelato “artigianale” che non si sciolga al volo, appena uscito dalla vaschetta. Perciò, la tecnica, anche con gli stessi ingredienti di allora, ci darebbe un risultato ben diverso, fatta comunque salva la salubrità del prodotto.

Certo, nel momento in cui mi dicono che, con la tecnica delle linee gelatiere moderne, l'artigiano può stabilire già due parametri fondamentali nel gelato, cioè il PAC, praticamente il punto di fusione, e l'Overrun, cioè quanto volume guadagna l'impasto ad opera dell'aria inglobata, guardo la cosa un po' storta ma l'accetto, per carità, tanto ormai sto puntato sugli ingredienti, perché è anche lì che qualcosa succede, se certi parametri possano essere gestibili con un tastierino su un display di una macchina…

Gli ingredienti, dunque. Amici, che casino capirci qualcosa… Intanto, diciamo subito che c'è la solita diatriba italiana fra varie Associazioni che si vogliono legittimare dell'essere gli unici portatori del marchio del Vero Gelato Artigianale. Se cercate, ne troverete più di una e questo, già come per la pizza, fa come al solito pensare alla nostra incapacità di metterci d'accordo sull'avere un prodotto unico. Anche qui, chi si sveglia la mattina e può fare la voce grossa, mette su la sua Associazione con varie declinazioni di richiamo al “Vero Prodotto Artigianale Italiano” con un'arte linguistica degna di ben altri scopi. Perciò, letti i vari “disciplinari” e ammennicoli annessi, ho cercato di trovare dei comuni denominatori a tutto quel casino.

Ho compreso che il lavoro del gelatiere artigianale si basa innanzitutto nella creazione di basi per il gelato, la base bianca e la base gialla, cioè con il tuorlo d'uovo, ed una per i gelati di frutta. Quindi, già chi si fa da solo queste basi (ce ne sarebbero anche altre specifiche per caffè e cioccolato, ma non perdiamoci in dettagli), è sicuramente quello più artigianale di altri. A queste basi, poi, il bravo gelatiere artigianale miscela direttamente l'ingrediente naturale per le creme (nocciole, pistacchio, noci…) o la frutta che poi vorrà ottenere come prodotto finale, lo passa alla linea di macchine che pastorizzano, miscelano, gestiscono la temperatura e mantecano al punto giusto il gelato, ed alla fine di questo processo abbiamo la vaschetta da cui verrà preso il gusto per il nostro cono. Questo, nel mio mondo ideale, porta ad un gelato come quello che ricordo da piccolo che, però, si scioglie meno presto di allora e, magari, è anche più saporito. Quanti sono, però, quelli che ancora lavorano così? Pochissimi, cari miei, pochissimi veramente. Non faccio cifre, non è il caso. Vi dico solo che magari a trovarli.

Perché, adesso che vi è chiaro che al gelatiere servono principalmente delle basi, vi verrà ovviamente in testa che l'industria ci abbia pensato in anticipo, no?

Vecchia gelatiera in legno

Certo, è proprio così. E partiamo da una considerazione. Una base bianca o gialla artigianale vera, non dura più di 24-36 ore. Dopo, è da buttare. Questo, con le basi industriali o di famose linee di produzione del gelato, non è più vero. Quindi, cominciamo a parlare di come si conservano queste basi? Direi ancora no, perché prima possiamo dire che c'è un grosso distinguo tra i gelatieri che usano le basi fatte da loro in laboratorio, e quelli che le comprano già fatte. Di più, bisogna sapere che, scendendo di qualità, c'è anche la “Base Neutra” che permette di fare con una sola base tutti i gelati o quasi, basta aggiungere poi l'aroma liofilizzato o meno che si vuole e che, al livello più basso, ce ne sono altre le quali hanno addirittura bisogno solo di acqua e di una macchina e basta per tirare fuori il gelato che si vuole. Lì siamo proprio al massimo, però anche qui un giretto al Grande Magazzino all'Ingrosso aiuta e, a questo punto, dovreste essere anche più pronti per capire perché certi gelati stanno su come… non vi voglio dire come che, tanto ve lo immaginate…

Torniamo, quindi, sugli ingredienti. Ingenuamente, noi pensiamo solo a latte ottimo, uova ottime, zucchero normale, qualche amido innocuo, un gran lavoro di gomito e ancora polveri di elementi pregiati per fare le creme che più ci piacciono o la frutta più fresca che immaginiamo o quasi. Ripeto, c'è chi fa così, però per favore, ditecelo che ci andiamo subito. Si capisce che ci sia bisogno anche di addensanti ed emulsionanti per creare un corpo del gelato più solido e pastoso legando fra di loro sostanze che non si miscelerebbero, perciò amidi particolari e/o del grasso animale potrebbero aiutare a mantenere cremosità e durata, magari.

Ecco dove si nascondono i grasis idrogenati, veleno allo stato puro

La dura realtà, invece, è fatta di tanti “miglioratori” che anche artigiani innocentemente usano, spesso senza sapere di cosa si tratta. Vedete, cari lettori, la legge italiana è come al solito un compromesso, non è una cosa certa. E parliamo proprio dei grassi. Sì. Saprete già che querelle c'è da anni sui grassi che, realmente, si dividono in saturi, monoinsaturi, polinsaturi e trans / idrogenati. Per la nostra salute, solo monoinsaturi e polinsaturi possono essere ingeriti senza problemi. Per gli altri, no. Sono dannosi per la nostra salute perché non abbiamo enzimi per digerirli / scomporli, quindi vanno in circolo, provocando danni di varia natura. Questo, detto in maniera molto semplificata, perché ad esempio ci sono dei grassi saturi a catena corta ma di numero pari di atomi di carbonio, che vengono in qualche modo trattati dal nostro organismo. Quelli che non possiamo proprio ingerire, sono i trans idrogenati. Sono i peggiori nemici che abbiamo a livello di lipidi, però ne mandiamo giù tantissimi da anni dentro vari prodotti industriali che sfidano il tempo con la loro leggerezza, morbidezza e freschezza.

Si ricavano da oli vegetali poveri o scarti di lavorazione, quindi poco costosi, e con una operazione chimica catalitica si modificano nella struttura con dosate “aggiunte” di Idrogeno 2, rendendo più o meno solido un qualcosa che in natura è un olio. Già, perché a parte il burro di cacao, e neanche quello per certi versi, a temperatura ambiente non esistono grassi vegetali solidi. C'è sempre un intervento umano, non sempre buono.

Dal 2003 i grassi di questo tipo dovrebbero stati eliminati ma, riprendiamo la legge, la dicitura negli ingredienti del prodotto finito in etichetta deve essere espressamente “Grassi vegetali non idrogenati”. Se è solo “Grassi Vegetali”, sappiate che ci può essere di tutto. Quest'è. Allora, il giretto al Grande Magazzino all'Ingrosso, a vedere le etichette, a qualcosa è servito… E state attenti, perché questa cosa dei grassi vegetali, è vero per tutto, mica solo per i gelati… Perciò, ci sono dei gelatieri che, anche in buona fede, possono usare delle basi industriali che contengano questi grassi che “aiutano” il gelato a mantenersi e a stare su, meglio di uno artigianale vero.

Ma non finisce qui. Nelle etichette di queste basi e, peggio, li ho letti perfino citati in maniera esplicita con nonchalance nelle istruzioni d'uso di una linea di una famosa marca di produzione di macchine per gelateria, mi sono ritrovato l'inaspettabile. I mono e digliceridi degli acidi grassi. Certo, un qualcosa che addensasse ed emulsionasse, l'ho già detto, me lo aspettavo per forza, e dove si scappava? Mica si usa più la farina di carrube, per dire. No. Mono e digliceridi degli acidi grassi. Non vi siete spaventati? Beh, in parte avete ragione.

I nostri “amici” sono stati il modo in cui la chimica industriale ha reso più compatibili con il nostro organismo degli oli vegetali introducendo il glicerolo; insomma, se proprio vogliamo, una evoluzione dei grassi trans / idrogenati. Li ha resi più trattabili dai nostri enzimi digestivi, però non è che siano facili da digerire, anzi, perché le loro molecole non sono una esatta replica di un grasso insaturo. Cercando meglio nelle etichette di alcune basi, ho compreso che il loro nome Europeo è E471, dizione comunemente usata nelle etichette degli ingredienti in molti prodotti. Cavolo, l'E471 nel gelato? Sì. E' anche venduto in buste da addizionare alle basi artigianali, quelle con cui abbiamo iniziato il discorso. Cos'è l'E471? Semplice, l'indicazione di mono e digliceridi degli acidi grassi, no? E pensate che questi acidi siano ricavati solo da oli poveri? Manco per niente.

E 471

Sono ricavati anche dagli scarti di macellazione degli animali, e non vi descrivo i particolari, tanto che l'E471 non è permesso nell'alimentazione degli Ebrei e dei Musulmani. Questo non significa che facciano male, dato che poi le molecole che si producono sono le stesse indipendentemente dalla provenienza, a parte la raffinazione finale, però sappiamo che il nostro organismo non li gradisce molto. Il nostro palato e la nostra vista, invece, un bel gelato tirato su con “grassi vegetali”, E471 e coloranti artificiali (che qui vi risparmio, perché è proprio un argomento a parte…) lo gradiscono eccome.

Ora, non è che sia l'E471 uno dei problemi, anzi. Non è che perché ci sia “E” davanti, sia un pericolo. Abbiamo parlato anche della farina di carrube, che è l'E410, che alcune tabelle riportano come più tossica dell'E471, quindi… Non è che ci sia una fonte di verità assoluta. Basta girare Internet, per capirlo. Per me, quindi, alla fine di questa storia, so solo che sarebbe meglio che queste cose non ci fossero dentro quello che mangio, almeno come mia opinione.

Tutto questo, alla faccia del vero artigiano del gelato che, oggi come allora, magari mi serve un gelato che mi si scioglie un po' di meno addosso, però la nocciola è nocciola, il pistacchio non è di un verde tipo evidenziatore, la fragola ti richiama vicino il limone vero…

Obama adora il gelato

Ah, tanto per non essere incompleto in questa trattazione che, come al solito, scatenerà un po' di putiferio. Mangiate il gelato per fare la dieta? Ma davvero? Beh, sappiate che un gelato fatto bene viaggia sulle 3-400 calorie l'etto, con un contenuto di lipidi abbastanza cospicuo ed abbiamo anche visto che lipidi rischiamo ci siano. Dato che un gelato da un etto è risibile, è più reale che una persona se ne mangi un etto e mezzo-due, perciò le 7-800 calorie stanno lì, e sempre con un bel po' di zuccheri. Ora, un piatto di pasta da un etto di pasta corta con il pomodoro, porta con sé circa 350 calorie e molti meno lipidi. Di più. Andiamo all'apparente estremo. 200 gr di calamari fritti portano 370 calorie, con in più un bell'apporto di lipidi utili per il nostro organismo, cioè i famosi Omega-6 ed Omega-9, facenti parte dei grassi insaturi, tanto per ricordarlo. Perfino la pizza fritta napoletana, pur con le sue 700 calorie medie, ha caratteristiche di salubrità accettabili, se fatta benissimo e fritta con olio di oliva a bassa temperatura.

Non ho parlato volutamente dei gelati industriali confezionati, non lo faccio se non per dire che, anche in quel campo, c'è chi fa dei prodotti ottimi da molti punti di vista e chi no. Spero di avervi dato qualche elemento in più per valutare da voi anche loro, quando li comprate.

Intanto, però, rimango sempre con il solito dubbio iniziale… ma si squagliava solo a me il gelato o succedeva anche a voi?

62 Commenti

  1. Ottimo come sempre, Marco. Il gelato è uno di quegli alimenti su cui ho più dubbi. Nella mia zona qualche gelateria “artigianale” ha preso l’abitudine di piazzare davanti al banco, in un angolo, un paio di cassette di frutta fresca, a volte ananas, a volte pesche o meloni. Io, malfidato come pochi, vedo ciò come uno specchietto per le allodole o, se preferite, l’esca per il pesce che abbocca :-) Non amo Grom, pur buono che sia, ma forse sono più sinceri loro che ammettono la simil-artigianalità di molti che millantano manualità e uso di frutta fresca al momento…

    Ah, il gelato si squagliava anche a me :-) sarà mica l’età che ci tradisce ?

    1. Grazie Leo!

      Se noti non ho fatto alcun nome. Questo perché non è che si possa sapere i segreti di tutti, né si possa additare qualcuno al pubblico ludibrio, senza saperne di più. Posso dire che ci sono dei simil-artigianali che sono più onesti di altri con la loro ammissione ma che hanno, comunque, una ricerca di qualità che definirei notevole.

      1. non i possono sapere tutti i segreti, però esiste la lista degli ingredienti che DEVE essere a disposizione dei clienti.

        1. Certo, però anche lì, nella lista al pubblico, basta che citino “emulsionanti e addensanti naturali” e stanno a posto. Credi che tutti sappiano che cosa è effettivamente l’E471? Quale è la dose massima ammessa al giorno per un essere umano dalla FDA? No. I produttori più importanti di questo tipo di miglioratori sono i cinesi. Se cerchi in questo senso su Internet, scopri un mondo. Vedi questi bei sacchi da 25 kg, quando noi possiamo al massimo ingerirne 125 mg pro die. Pensi che sia dosato così bene? Io non lo so, non voglio insinuare dubbi strani, però, ripeto, preferirei che nel mio gelato non ci siano proprio. L’ho scritto e lo riconfermo.

          1. il discorso degli additivi alimentari andrebbe affrontato con più rigore e senza cadere in luoghi comuni o pressapochismo.

          2. Beh, mi sembra di aver scritto molto chiaro che non è perché ci sia “E” davanti sia da demonizzare. Però, se uno si mette a cercare il singolo elemento, può informarsi a dovere con un po’ di impegno. Il discorso andrebbe affrontato in un’altra sede, non questa. Ci sono personaggi e luoghi molto più importanti di me per farlo. Mi fa solo pensare che, se li cerchi, alla fin fine sono pochi i punti di accordo. Per il resto, trovi tutto ed il contrario di tutto. Perciò, nel dubbio, preferisco che non ci siano e basta.

          3. però allora evitiamo di creare allarmismo scrivendo di prodotti cinesi (e sappiamo che accezione ha cinesi in questa frase) in sacchi da 25kg.
            Molti additivi alimentari vengono confezionati in sacchi da 25kg dai produttori che li vendono a distributori che in alcuni casi li riconfezionano in sacchetti più piccoli.
            Ripeto, l’articolo è interessante e di carattere divulgativo/informativo, ma proprio per questo dovrebbe evitare di riportare o fare intendere cose “strane”.

            P.S.: cmq gli additivi alimentari si devono riportare chiaramente sulla lista degli ingredienti, o con la sigla “E” o con il loro nome.

  2. articolo da divulgare per la qualità delle informazioni… non sempre a conoscenza, di tutti, grazie,
    certo che le sigle che rappresentano gli ingredienti che compaiono nelle etichette
    sono subdole.

  3. Gran bel pezzo,un solo dubbio.Scrivi”base bianca per le creme e la base gialla, con il tuorlo d’uovo, per i gelati di frutta”,tuttavia il mio gelataio mi ha detto che per i gusti frutta solitamente non si usano le uova e questo articolo del corriere della sembra confermare:”http://cucina.corriere.it/rubriche/scuola-di-cucina/24-febbraio-2010/tecniche-base-gelati-cremosi-frutta_d19e8ed0-2160-11df-8195-00144f02aabe.shtml#Preparare%20il%20gelato%20alla%20frutta”.

    1. Infatti, Marco, hai ragione, mi è saltata una congiunzione ed ho proseguito parlando di due basi, quando sono tre. Ho mandato subito l’errata corrige a Luciano, però non l’ha ancora messa in linea.

  4. Questo é il peggior articolo sul gelato artigianale che abbia mai letto.

    Pieno di errori (la base gialla non si usa per le frutte!!!!!!) e luoghi comuni.

    Crea solo confusione.

    Pieno di pressapochismo, di ignoranza e presunzione.

  5. Raramente ho avuto occasione di leggere un articolo peggiore sul gelato, un insieme di strafalcioni più unico che raro….

  6. penso sia il peggior articolo sul gelato (almeno) del 2013, complimenti per il pressapochismo, la cattiva informazione, e la confusione su cosa sia il gelato che contribuite a diffondere

  7. Mamma mia! Una lista così ampia di stupidaggini sul gelato non le avevo mai lette!
    Una bella poi nei commenti: vallo a chiedere agli addetti ai controlli se si può scrivere “emulsionanti e addensanti naturali” e sei a posto!

    Complimenti comunque, il tuo articolo è un ottimo esempio di come le industrie alimentari (tra cui grom) stiano facendo il lavaggio del cervello alla povera gente che non ha neanche un minimo di educazione alimentare.

  8. Ieri una signora anziana davantia a m ha preso il gusto puffo ma una volta i vecchi non erano più saggi????

    1. Davvero? Il gusto Puffo me l’ero dimenticato! Fa proprio anni ’80, mai assaggiato! Non ho idea di cosa ci sia e di cosa sappia. Mai preso a morsi un Puffo vero. :-D

  9. penso sia il peggior articolo sul gelato (almeno) del 2013…complimenti per il pressapochismo e la cattiva informazione che state facendo sul Gelato

  10. Mi meraviglio che il Pigna pubblichi un tale patchwork disinformativo.
    Post che se fosse stato pubblicato 15 anni forse non l’avrei neanche commentato

  11. Esatto, ho detto per questo che da una parte mi trovavo “mono e digliceridi di acidi grassi” e altri direttamente E471. Il punto è che non è che uno sia obbligato ad usare una dicitura piuttosto che un’altra. Il fatto visto da me, è che i sacchi che cito li ho visti personalmente, per cui c’è poco da fare. Uguali, ci sono altre cose che ho visto offerte alle gelaterie per migliorare il prodotto in alcuni aspetti. Ora, il vero artigiano non usa queste cose. Al massimo, come ho scritto, usa la farina di carrube (E407) che se cerchi su internet qualcuno dà addirittura per potenzialmente nociva!!! Ma quanti sono mai morti di farina di carrube??? Ora, rendiamoci conto che scrivere di qualsiasi cosa, in questa globalizzazione, è difficile assai. Il buon senso non si muove bene in questa foresta virtuale. Trovare qualche riferimento certo, non è per niente facile. Io penso, e lo ripeto, che a me queste cose nel gelato da ragazzino non le mettevano. Il gelato non aveva colori così accesi, a volte non aveva i colori che uno si aspettava in funzione della frutta fresca o secca che fosse, ti dovevi sbrigare a mangiarlo ed i coni erano fatti larghi in funzione di questo. Mi limito ad osservare questo cambiamento ed a darmi qualche spiegazione.

  12. Mah, subdole è un buon modo di definirle, il punto è che siamo sempre noi utenti che dobbiamo informarci di più e meglio. Oggi, con internet, sono cadute molte scusanti in tal senso però, come scrivevo più sopra, ci sono tanti altri problemi di informazioni non sempre corrette o datate o contraddittorie che escono fuori ad ogni ricerca. Molti mettono in dubbio anche Wikipedia, non si sa perché, quando poi spesso chi ci scrive è qualche professore universitario o, comunque, persone che hanno il loro peso di conoscenza. I miei riferimenti sono principalmente i siti ufficiali dello Stato e americani dell’FDA, per cercare di non sbagliarmi. Poi, anche qui, parte la contestazione che certo gli americani non possono farci scuola di buona alimentazione perché hanno una obesità da paura, McDonald’s, Pizza Hut ed altre catene… cioè, non è veramente facile capirci qualche cosa. Alla fine, ripeto, scrivo che tante di queste cose non le vorrei nel mio gelato e stop. Stiamo bene così, no?

  13. Lungi da me prendere le difese di Marco Lungo (è capacissimo di difendersi da solo: cfr. articoli su pizza e/o celiachia) ma leggere da professionisti come Cutelli, di cui apprezzo i gelati e pure le sue “lezioni”, come Soban o Maiorano che questo è il peggiore articolo del 2013 SENZA nemmeno confutare uno, dico uno, argomento mi fa cadere le braccia…

    Su, forza e coraggio, fateci sapere il vostro punto di vista. Gli articoli come questo servono proprio a far capire a noi profani cosa mangiamo davvero.

    Tralascio il cattivo gusto di chi scrive di questo argomento su altro blog ed entra a gamba tesa insultando l’editor :-( Caro Soban, sai quante volte avrei potuto fare interventi come il tuo su quel blog e invece per correttezza (e anche amicizia coi titolari) non ho fatto ?

    1. mi dispiace, ma non ho insultato proprio nessuno.
      Potrai immaginare quanto tutti i professionisti del mondo del gelato, si impegnino ogni giorno per cercare di informare correttamente sull’alimento che dà loro da vivere, e articoli come questo, visti anche i primi commenti ricevuti, in brevissimo tempo confondono solo ancor più le idee.

      Da quando avevo 16 anni lavoro in un laboratorio di gelateria, ben prima di cominciare a scriverne. Quindi da operatore del settore, prima che editor ‘concorrente’, penso di poter portare il mio piccolo punto di vista, non soggettivo, ma oggettivo, visto che lo stesso autore a già accennato ad alcune sviste, e non vedo perchè non potrei farlo dato che scrivo da un’altra parte.

      Che poi sia caduto nella trappola dell’autore intervenendo, considerato proprio il precedente post sulla celiachia, direi, un ‘filo’ criticato nei commenti da chi la celiachia è costretto a viverla (e allora mi ero trattenuto…), te ne do atto.

      Non ho confutato nulla perchè ci son talmente tante cose da dire…. basti dire che chi scrive questa cosa, senza tesi a portare a confutazione, fa DISINFORMAZIONE
      ‘Abbiamo parlato anche della farina di carrube, che è l’E407, che alcune tabelle riportano come più tossica dell’E471, quindi… Non è che ci sia una fonte di verità assoluta. Basta girare Internet?

      Emmmh… la farina di carrube è E410

      1. Ciao Andrea, hai fatto bene ad intervenire in questo modo e farmi anche notare l’errore tra E407 (carragenina) ed E410 (farina di carrube). Entrambi rientrano nel gruppo E4, su cui alcuni alzano dubbi, altri no. Ripeto, non so, preferirei non ci fossero. Poi, sul discorso che tu ti sia trattenuto dall’intervenire sull’argomento celiachia, scelta tua. Io scrivo, cosa è successo lo hanno visto tutti, l’idea che si sono fatti come pubblico di questo posto è ovviamente diverso da quello che pensi tu. Secondo te faccio disinformazione? Sei così esperto? Bene, rispondimi a tono e dimostrami TU che io sbaglio. Punto per punto, argomento per argomento. Ho detto che non faccio nomi, non li ho fatti e non ne farò. Ho i manuali utente di due linee famose per gelateria “artigianale” che dicono esattamente quello che ho scritto. Sono prontissimo a qualsiasi discorso su questo. Però, due righe come hai fatto prima e come hanno fatto molti, o contestazioni articolate con niente contenuti, al di là di un errore di sigla ma non di significato, non portano altro che a dimostrare che si è messo il dito in una piaga, come è successo l’altra volta e come succederà ancora. Qui, tu contesti che si faccia DISINFORMAZIONE. D’accordo. Informaci tu, allora. Con dovizia e documentazione. Altrimenti, ti unisci al coro di quelli che dicono solo due righe di maldicenze ma non sanno dire altro. Niente altro. E questo, è quello che tutti vedono, senza discussione alcuna.

        1. premesso che io non ho nessuna verità rivelata più autorevole di altre….però quando chi il gelato lo ama (anche perchè, ripeto gli dà da vivere..conflitto di interessi) comincia a leggere il tuo articolo, alla ennesima inesattezza, gli viene il sangue agli occhi e risponde fumante…e purtroppo questo è sempre un errore, e di questo me ne scuso.

        2. Ribadisco che non apprezzo questo tipo di approccio agli articoli.
          Io mi documento e scrivo di un’argomento, ma spero di scrivere cose quantomeno, nel complesso, corrette (le imprecisioni, ovviamente, ci stanno sempre).
          Non mi aspetto che i commentatori debbano confutare tutto quello che ho scritto..a meno che non sia quelloc he si aspetta lei “Ah, tanto per non essere incompleto in questa trattazione che, come al solito, scatenerà un po’ di putiferio”
          Cordialità

          PS: Sulla celiachia…ho ricontrollato… perchè, nel dubbio, magari ricordavo male…. ma mi pare che più di qualcuno avesse espresso dei dubbi su quanto avesse scritto ,anche dopo il secondo articolo

          “Sig. Lungo,
          Lei continua a non capire e ad accusare altri di non bene interpretare quanto da lei scritto, talmente male interpretato che Lei lo ha modificato in corsa eliminando le parti più scabrose e più contestate.
          Citare a sproposito ricerche, non avendo gli strumenti per interpretarne correttamente i risultati, non concede a chi lo fa alcuna autorevolezza.
          La sua prova giornalistica è stata comunque di basso livello oltre che superficiale, prova ne è che solo ora, “grazie alla gentile Franca Crestani”, Lei scopre l’esistenza di AiC in Italia; per uno che dichiara di aver studiato e ricercato mi sembra un passo falso non da poco.

          Le ricordo che nella stesura originale dell’articolo, quello che si è affrettato ad eliminare, lei suggerisce metodi di riconoscimento fisico del celiaco, pratica dall’acre ricordo già teorizzata in passato, oltre a far trapelare la possibilità di propinare glutine, se di ottima qualità, ai “falsi celiaci” tra i quali gli asintomatici, i grassi, con capelli ordinati, unghie a posto.

          Le faccio presente infine che una copia dell’originale papello è tuttora pubblico nella cache di alcuni motori di ricerca.

          Con cordialità
          Giuseppe Lanzilao”

          1. Mah, caro Andrea, sull’articolo della celiachia non è che ci sia molto da dire, credimi, hanno poi detto e dimostrato tutto i vari interventi… e neanche l’invito a scrivere e a parlare è servito. Non ci sono state contestazioni di merito se non per quel mio inciampo iniziale che ho provveduto a correggere, riferendomi allo stato iniziale della malattia non diagnosticata e non sotto cura. Hai fatto bene a ritirare fuori questa bella minaccia. Non sai come è andata a finire. La “segnalazione” l’ho ben vista ed ho anche letto la risposta di chi ne sa più di chi si iscrive ai forum per sparare e basta, senza alcun contributo. Non ne è nato un dramma, non sono morto, sono ancora qui e tutti hanno visto che è successo, facendosi la loro opinione.

            Ora, dato che mi sembra che tu anche scriva, ti qualifichi come esperto del settore ed abbia pure un tuo spazio personale, ti rinnovo l’invito a scrivere qui tutto quello che mi contesti, punto per punto, argomento per argomento.

            Altrimenti, il lanciare il sasso e nascondere la mano, qui come altrove, non può essere valutato bene da nessuno, meno che mai qui. Ed ha anche stufato tutti, non credi?

          2. Davvero, che palle… Non lasciamo niente. A me questo fa pensare tanto. Non lasciamo niente. Tu con i tuoi anni di esperienza, io con quello che capisco e studio, principalmente nella pizza come è noto, ma non solo. Io non mi arrendo ancora alla demariadefilippazione dei vari contesti. Non ce la faccio. Dico quello che capisco, mi aspetto che qualcuno più consapevole di me intervenga. Invece, guarda che roba. Non abbiamo capito un cazzo, io incluso che ci metto la faccia ed il nome. E non siamo, e non saremo mai, una Nazione, una Patria, un Popolo. Stiamo qui, a discutere di cazzate tra persone che, invece unite, potrebbero fare danni per il Mondo, però ci giochiamo il momento di celebrità scrivendo due righe del cavolo contro uno o contro l’altro. Basta. Così, ci scriviamo la parola FINE da soli. Io la vedo così, e più scrivo qui, più me ne convinco.

  14. Così tanto per gradire e rispondere al cortese invito di Leonardo Ciomei (che ringrazio per la stima) un breve accenno agli strafalcioni che per clemenza avevo evitato di sottolineare, (e caliamo un velo pietoso sulla sintassi quanto meno curiosa e gli orrori grammaticali)
    – Non so cosa si intenda per “linee gelatiere moderne”, ma il PAC (o potere anticongelante) di una miscela dipende esclusivamente dalla composizione della sua ricetta e non può essere “gestito da un tastierino sul display di una macchina”.
    – Caliamo un velo pietoso anche sull’utilizzo della base gialla per realizzare la frutta, (anche per la pronta correzione), ma non vorrei infierire dicendo che non mi risulta esista una “base frutta”, anche sulla base caffè ho qualche perplessità…
    – La durata di una base pastorizzata è convenzionalmente indicata in 72 ore, (ovviamente opportunamente conservata), anche se ho personalmente fatto eseguire delle campionature sulla carica batterica da un laboratorio di analisi ed è risultata una shelf life decisamente più lunga
    – Non vorrei che l’autore avesse fatto un pò di confusione tra NEUTRO e BASE NEUTRA, ma non conoscendo l’esistenza di quest’ultima gli concedo il beneficio del dubbio, probabilmente non sono aggiornato…
    – Glissiamo anche sulla originale classificazione degli acidi grassi e sul fatto che gli acidi grassi trans purtroppo, (a parte una limitazione nel quantitativo al momento adottata solo da Danimarca, Austria, Svizzera, Islanda e Svezia per quanto riguarda la comunità europea), siano legalmente consentiti
    – Apprezzo anche il ravvedimento tardivo relativo alla confusione fra la farina di semi di carruba, (e non farina di carrube), indicata nella tabella degli additivi alimentari con la sigla E410, sulla cui tossicità non sono a conoscenza di alcuna evidenza, e la carragenina, E407, sostanza estratta da un alga, per la quale esistono studi su una possibile cancerogenità, ma l’unica cosa che hanno in comune è di essere entrambi degli addensanti.
    – Non so che gelati sia abituato a consumare il sig. Lungo per cui evito di sottolineare che il calcolo delle calorie da lui riportato appare un tantino esagerato, ( diciamo più o meno il doppio del normale), ma considerando che fra le sue fonti vi sono degli addetti ai lavori non mi meraviglio più di tanto.

    Volendo infierire si potrebbe continuare ma ritengo superfluo aggiungere altre evidenze a riprova della colossale ignoranza di chi con un copia e incolla raffazzonato dal web si arroga il diritto di scrivere un articolo come questo.

    Cordiali saluti

    1. Riprovo a risponderti, perché ti avevo già risposto ma non so che fine abbia fatto la mia risposta precedente, molto articolata. Meglio, perché così ho anche visto chi sei e posso ancora risponderti più a tono.

      Strafalcioni? Scusa, tu chi sei per dire che ci sono errori grammaticali o altro? Da quello che risulta, mentre io studiavo fino al master post-laurea, tu stavi a fare gelati, grazie anche alla buona cicogna che hai avuto. Ti fregi nelle interviste di titoli tipicamente italiani per darsi una importanza che non hanno altrove. Socio, amministratore e fondatore. Eh. Basta andare da un notaio con un po’ di soldi per diventarlo veramente? No, dimmi. A me mi hanno pagato per esserlo, e c’è una enorme differenza. Se leggi di corsa e non capisci, non posso farci niente. Posso solo dirti che scrivo testi per persone importanti, e che qui ogni mia riga è letta da Luciano che mi ospita, il quale non è certo un illetterato. Per cui, evita di fare brutte figure proprio come inizio, dai.

      Non capisci il PAC gestito dal tastierino? E dove sei rimasto, scusa? Vuoi il manuale utente della linea dove l’ho visto? No, anche perché sono rimasto molto perplesso nel leggerti come autore del gelato artigianale ma poi osannare a tuo modello una nota catena di gelateria che, molto onestamente, dice chiaramente di usare dei semilavorati, peraltro per me assolutamente non male. Ti dispiace che loro abbiano 26 negozi (all’epoca) e tu uno? Lo dici anche? Beh, a me pare un grosso controsenso. Io qui ho difeso a spada tratta i veri artigiani del gelato, quelli che ancora hanno la Tradizione e non macchine o sacchi da versare in macchine. Tu, a quanto ho letto, dici una cosa e poi ne fai un’altra. Cerchi anche più spazio per sperimentare nel tuo laboratorio? Bene. Non ti chiedo cosa.

      Ah, per logica, se metto tutti gli ingredienti semilavorati in una macchina che poi fa il resto, è normale che la ricetta poi sia in mano sua, non tua. Per questo, anche il PAC non è più in mano tua… e non mi raccontare delle dosi che stabilisci tu, perché ho parlato di semi lavorati che conosci benissimo. Forse.

      Non esiste la Base Frutta? Manco questa fai? Dai, qui ti dò una mano io, su…
      Preparare il gelato alla frutta
      Ingredienti
      1 l di acqua
      800 g di zucchero
      200 g di destrosio
      Come i gelati cremosi, anche quelli alla frutta sono preparati partendo da un’unica miscela,
      chiamata “base di frutta”. Si tratta di un composto generalmente privo di ingredienti di
      origine animale, preparato solo con zucchero e acqua: per questo motivo può essere conservato
      per più di 1 settimana. A questa miscela si aggiunge poi poco succo di limone e la purea del frutto o
      del vegetale che caratterizza il gelato.
      PROCEDIMENTO
      Per la “base di frutta”: versate gli ingredienti in una casseruola e portate a bollore, mescolando
      frequentemente. Lasciate sobbollire il tutto per 2 minuti, schiumando all’occorrenza. Fate
      raffreddare la miscela e conservatela in frigorifero fino al momento dell’utilizzo. Per il gelato alla
      frutta: in un recipiente stretto e alto versate la purea di frutta prevista dalla ricetta, aggiungete il
      succo di limone, la miscela di base e l’acqua, se richiesta: frullate il tutto per 1 minuto con un mixer.
      … si vede che non l’ho scritto io, eh? Certo, mi rifaccio a cose che probabilmente non hai proprio studiato. Che ci vuoi fare? Sono un topo di biblioteca…

      Neutro e Base Neutra? Nooo, allora dobbiamo andare a fare la spesa insieme, su… peccato che io non stia più a Pisa a fare il militare, altrimenti si andava insieme dove dico io e ti facevo vedere cosa e dove ho visto quello che scrivo… ma no, basta internet, però tu a internet pare che non ci credi, quindi anche tutto quello che hai detto nelle varie interviste non esiste, no?

      72 ore di shelf life convenzionali? Scusa, se ci arrivi con uova di tipo 0 e latte intero ad alta qualità, sei un grande. Se non usi queste cose come invece farebbe un vero artigiano gelatiere, ti credo sulla parola.

      Glissiamo sugli acidi grassi? Scusa, ma tu che acidi grassi conosci? Sai cosa è un C18:0 o un C18:3? Beh, io mi mando giù volentieri il C18:3. Non guardare su internet, tanto hai detto che non è attendibile. Dillo al volo, come se fossimo a quattr’occhi. Non lo farai, probabilmente, perché la tentazione capisco che sia forte. Però, la classificazione degli acidi grassi che ho dato è scientifica e chimica, per motivi ben precisi che chiunque conosce un minimo di chimica, anche in questo momento ha ben capito. Dai, anche qui ti aiuto, altrimenti facciamo notte. C18:0 è la notazione di un acido grasso saturo costituito da 18 atomi di carbonio. E’ un saturo, non dovremmo ingerirlo a causa dei suoi effetti sul sistema circolatorio. Il C18:3 rappresenta un acido grasso polinsaturo, molto gradito al nostro corpo, come ad esempio il linoleico. Viene utilizzato dal nostro corpo per struttura e produzione energetica. A questo punto, dovresti aver capito che C18:1 rappresenta un acido grasso monoinsaturo. E qui, hai già visto le tre classificazioni fondamentali in natura. A questa noi bestie umane abbiamo aggiunto i grassi idrogenati trans, cioè oli normalmente vegetali ai quali viene fatta una “iniezione” di H2 più o meno intensa, tramite un processo catalitico (in genere una placca di nickel) per rendere l’olio un grasso più o meno denso. Quindi, occhio a quando parli. Documentati prima bene, poi prova a controbattere seriamente e a non cercare di fare il tiro al piccione, che la gente se ne accorge.

      Apprezzi il ravvedimento tardivo della sigla? Grazie! Un errore ci scappa sempre, l’importante però è che io abbia parlato solo dell’ingrediente corretto, la farina di carrube. Non ho parlato di altro. Se ti attacchi all’errore di una sigla, quando il testo parla di altro, cerchi il fuscello nell’occhio dell’antistante, ma non vedi la trave nel tuo occhio.

      Calorie? Oh, ma hai mai letto qualche testo serio, universitario su queste cose? No? Beh, sappi che adesso si trovano anche online. Ah, già, hai detto che internet non conta, scordavo… lo devo andare a dire a tutte quelle Università che perdono tempo a fare i siti, allora.

      Volendo infierire? E chi sei, la Moooorte? Scusa, la tua replica è stata fin qui smontata punto per punto. Meno male che non hai proseguito. Tu hai una attività, è giusto che la protegga. Però, se come qui, la metti sul personale, non ho alcuna voglia di farmi mettere in mezzo da nessuno, a meno che non dimostri di saperne più di me e, a quel punto, ci saranno da parte mia solo scuse e ringraziamenti per quello che io imparato. Di certo, però, le persone sagge e sapienti non si pongono MAI nel modo che hai fatto tu che, prima lanciando il sasso e nascondendo la mano, poi, giustamente ripreso, hai preso questo atteggiamento di risposta come se ti concedessi al volgo dall’alto di non so che.

      Anzi, a questo punto, credo che si sia in molti a non saperlo proprio.

      1. Marco, sei davvero un grande
        Anche a me ha colpito la risposta di questo Cutelli. Se fa i gelati in base alla sua educazione meglio tenersene alla larga. E’ la prima volta che vedo un artigiano del gusto porsi in questo modo in un dibattito, ma forse, usando semilavorati non lo è, e non è nemmeno un industriale. Di qui la sua aggressività. Potrebbe fare un gelato al tavor, forse quello gli riuscirebbe a diferenza degli altri da cui è meglio tenersi alla larga.
        Domani avremo un vero artigiano che gli darà una risposta di educazione e di sapere.

  15. Non c’è molta differenza tra un gelatiere artigianale ed un
    leghista puro sangue, entrambi ti insulteranno ogni qualvolta dirai qualcosa
    dissonante dal loro credo. Mi presento, Giuseppe Mellone, gelatiere
    artigianale.

    Cioè, vuol dire che fai il gelato per professione?

    Ad oggi non l’ho ancora capito, credo di si, almeno così
    dicono. Di certo, è la mia unica fonte di reddito.

    Ma cosa significa sapere fare un gelato?

    Significa che ti metti nel tuo bel laboratorio, dopo aver
    studiato per un sacco di tempo, ed inizi a produrre una miscela che hai ideato,
    sperimentato, ti è piaciuta e hai deciso di venderla. Un alchimista mi
    definirei. Un uomo dotato di etica, professionalità e passione. Un gelatiere
    artigianale.

    Perdona l’ignoranza, ma tu cosa intendi per gelato
    artigianale?

    L’eterna domanda è stata fatta, smetto di essere Socratico. Alle volte mi chiedo se Mister Procopio,
    dall’alto del successo che ebbe nella meravigliosa corte Parigina, si sia mai
    fatto una domanda del genere. Credo di no. Questa è una domanda contemporanea, della
    nostra epoca, tra industriali di grande bordo e piccoli facinorosi, molto
    commercianti, poco artigiani.

    Tanto poco artigiani e tanto millantatori nell’autodefinirsi
    Gelatieri Veri, di quelli romantici, quelli che tanto piacciono ai bimbi. Tutto
    falso, questi uomini sono semplici versatori di buste, il loro strumento è la
    forbice e il pastorizzatore. Miscelatori di polvere senza consapevolezza,
    mantecatori di creme che appelleranno come gelato.

    Mica scemi. Io che il gelato ho deciso di studiarlo mi
    ritrovo a far parte di una categoria ibrida, quelli che lo sanno fare e quelli
    che lo vendono solamente. Dov’è la differenza? Nessuna differenza, forse semplice
    vanità? Sarebbe tale fintanto che non mi imbatto nell’articolo del sig. Longo.

    Verità o meno, in questo articolo ho riscontrato tutte le
    problematiche che attanagliano la nostra categoria: nessuna linea guida che
    descriva cos’è il gelato artigianale. Tutti sono gelatieri, tutti lo possono
    fare, un po’ come il mestiere più antico del mondo. Su internet circolano
    apocalittiche informazioni sul gelato, tra dietologi e dottori, tecnici e
    filosofi, non si capisce niente di niente. Tutto e il contrario di tutto.

    Il gelato si scioglie lentamente e il mio abito è pulito?

    Probabile presenza di grassi idrogenati nel gelato ma
    potrebbe essere il PAC più alto. Il PAC più alto? Attentato! Come faccio a
    capirlo? Esiste il Cartello degli ingredienti “con tutta la composizione dei
    prodotti venduti per asporto, compresi gli eventuali ingredienti allergenici
    presenti”. Non è esposto? Il gelatiere è
    un delinquente.

    Magari al dott. Longo il gelato si scioglieva perché gli
    ingredienti utilizzati erano completamente diversi. Magari la tecnica di
    bilanciamento era meno precisa e puntigliosa. il Maestro Caviezel fu uno dei primi a parlare di bilanciamento e chimica nel gelato. Prima, ad esempio, si usava il
    bianco d’uovo per stabilizzare il gelato grazie all’alto contenuto proteico,
    oggi si usa la farina di semi di carrube, l’agar agar, semplici idrocolloidi
    ottenuti per macerazione, si gonfiano nell’acqua e ti mantengono il gelato
    ritto, tipo Viagra ma molto più salutare. Il tuorlo era il grasso prediletto
    dal gelatiere, con la lecitina che fungeva da emulsionante naturale. Nocciola,
    caffè, pistacchio, un tripudio di tuorli, potevi sentire le galline piangere i
    loro venturi pargoli. Immagini quanto colesterolo che mangiava da un gelato che
    cola? Io ad esempio non uso tuorli nelle creme come la nocciola, il pistacchio
    ecc ecc, compenso i grassi magari con la panna fresca, se ce n’è bisogno.

    Discordo dal sig. Cotelli sull’inesistenza di basi frutta,
    sono chiamati “sciroppi di zucchero”, forse erroneamente, e si misurano in BE,
    sono bilanciate per inserirci la frutta e frullarla. Hanno al loro interno
    tutto quello che serve per un sorbetto di frutta e quindi nella sostanza sono
    base acqua e zucchero. Il maestro Grasso docet, il Caviezel anticipa.

    Nell’epoca del trittico, “Bravo” in primis, esiste la
    possibilità di pastorizzare piccoli quantitativi di gelato, ottenere risultati
    eccellenti, caratterizzare ogni singolo gusto con equilibrature ad hoc. Ho una
    voglia matta di comprarmi un trittico. Quindi si può parlare anche di base
    arachidi per quanto mi riguarda.

    Verissimo che una base dura 72 ore e più, quindi parlare di
    48 ore mi sembra limitativo, nonostante su internet girino questo tipo di voci.
    Eppur si muove! Perché sulla tematica “Basi” ho trovato più sconvolgente il
    commento del Maestro Cutelli, il quale denigrando la descrizione del dott.
    Longo, ha puntualizzato una presunta confusione tra Neutro e Base Neutra. Al di
    fuori delle accademiche valutazioni dell’italiano, di cui non sono all’altezza,
    ritengo che l’argomento basi sia importante e richieda maggiori precisazioni,
    soprattutto da un addetto ai lavori. Smettiamola di stendere veli pietosi. Il gelatiere
    mira sempre ad una “Base Neutra”, lo fa perché altrimenti la produzione
    durerebbe settimane. Cosa c’è di male? Bilanciare una base significa proprio
    questo, renderla adatta a fare più gusti, altrimenti perché avere un
    pastorizzatore?

    Il problema non è la base ma com’è fatta la stessa.
    Acquistare una base da aziende specializzate significa avere delle buste con all’interno delle polveri che verserai nel pastorizzatore. Acquisti un
    know-how che non possiedi, decidi che livello di qualità vuoi raggiungere per
    il tuo gelato e via. Il rischio? Tutti uguali a tutti, sapori omologati. Cambia l’insegna ma non il rappresentante. Chi
    crea la sua base, nel bene o nel male, rappresenterà un riflesso della sua
    ricerca, della sua identità. De gustibus.

    Parlare di miglioranti è azzardato. Cosa vuol dire
    miglioratore? Mica mettiamo nel gelato il glutammato di sodio. Il grasso è un
    miglioratore? Io lo definirei un ingrediente. A cosa serve? Ad apportare
    cremosità al prodotto, stabilità e struttura. Fondamentale come la carne nel
    ragù. La carne buona la sceglie il cuoco, il grasso buono lo sceglie il
    gelatiere. Verissimo che la legge non vieta l’utilizzo di grassi idrogenati,
    anche se di legge io ne so poco, ma l’elemento coscienza nella base si deve pur
    mettere. Se fa male perché aggiungerlo? Un atto di responsabilità verso i
    bambini almeno.

    Non argomento in merito alle diverse tipologie di grasso,
    anche perché la disquisizione dell’autore mi sembra esaustiva, ritengo però che
    un prodotto di eccellenza nostrana come il gelato artigianale, richieda un
    forte cambio di tendenza. Le informazioni sull’argomento sono distorte e
    svianti. Smettiamola di stendere veli pietosi, inutili quanto velati di una
    profonda saccenza, ed iniziamo a fare la voce forte verso tutti gli
    associazionismi politicizzati che caratterizzano il nostro settore. Solo in
    questo modo possiamo evitare di essere completamente sommersi dal potere delle
    multinazionali, dalle grandi catene e dalle aziende che propongono spazzatura
    per artigianale.

    E adesso buon appetito, la frittura di calamari è pronta!!!!

  16. ero sicura di aver accomodato da tempo un paio di fette di prosciutto sugli occhi in merito a questo argomento. Dal pezzo (e dal dibattito) capisco ora che le fette erano molte più di due. Grazie, Marco, per aver aperto la discussione su un prodotto così (s)conosciuto!

    1. Grazie a te, Virginia.

      Cerco di farmi una mia idea, ripeto, perciò invito sempre tutti a controllare di persona quanto trovo in giro.

      Sicuramente, scrivo con tanta voglia per le persone come te, anche se poi tocca passare per le Forche Caudine di una desolante ignoranza e maleducazione di tanti, ogni volta, che si sentono punti nel vivo e difendono in malo modo i loro piccoli interessi.

      Però, come anche tu dimostri, ci sono tanti che se ne accorgono ed, ormai, anche molto bene di come stanno le cose…

  17. Non c’è molta differenza tra un gelatiere artigianale ed un
    leghista puro sangue, entrambi ti insulteranno ogni qualvolta dirai qualcosa
    dissonante dal loro credo. Mi presento, Giuseppe Mellone, gelatiere
    artigianale.

    Cioè, vuol dire che fai il gelato per professione?

    Ad oggi non l’ho ancora capito, credo di si, almeno così
    dicono. Di certo, è la mia unica fonte di reddito.

    Ma cosa significa sapere fare un gelato?

    Significa che ti metti nel tuo bel laboratorio, dopo aver
    studiato per un sacco di tempo, ed inizi a produrre una miscela che hai ideato,
    sperimentato, ti è piaciuta e hai deciso di venderla. Un alchimista mi
    definirei. Un uomo dotato di etica, professionalità e passione. Un gelatiere
    artigianale.

    Perdona l’ignoranza, ma tu cosa intendi per gelato
    artigianale?

    L’eterna domanda è stata fatta, smetto di essere Socratico. Alle volte mi chiedo se Mister Procopio,
    dall’alto del successo che ebbe nella meravigliosa corte Parigina, si sia mai
    fatto una domanda del genere. Credo di no. Questa è una domanda contemporanea, della
    nostra epoca, tra industriali di grande bordo e piccoli facinorosi, molto
    commercianti, poco artigiani.

    Tanto poco artigiani e tanto millantatori nell’autodefinirsi
    Gelatieri Veri, di quelli romantici, quelli che tanto piacciono ai bimbi. Tutto
    falso, questi uomini sono semplici versatori di buste, il loro strumento è la
    forbice e il pastorizzatore. Miscelatori di polvere senza consapevolezza,
    mantecatori di creme che appelleranno come gelato.

    Mica scemi. Io che il gelato ho deciso di studiarlo mi
    ritrovo a far parte di una categoria ibrida, quelli che lo sanno fare e quelli
    che lo vendono solamente. Dov’è la differenza? Nessuna differenza, forse semplice
    vanità? Sarebbe tale fintanto che non mi imbatto nell’articolo del sig. Longo.

    Verità o no, in questo articolo ho riscontrato tutte le
    problematiche che attanagliano la nostra categoria: nessuna linea guida che
    descriva cos’è il gelato artigianale. Tutti sono gelatieri, tutti lo possono
    fare, un po’ come il mestiere più antico del mondo. Su internet circolano
    apocalittiche informazioni sul gelato, tra dietologi e dottori, tecnici e
    filosofi, non si capisce niente di niente. Tutto e il contrario di tutto.

    Il gelato si scioglie lentamente e il mio abito è pulito?

    Probabile presenza di grassi idrogenati nel gelato ma
    potrebbe essere il PAC più alto. Il PAC più alto? Attentato! Come faccio a
    capirlo? Esiste il Cartello degli ingredienti “con tutta la composizione dei
    prodotti venduti per asporto, compresi gli eventuali ingredienti allergenici
    presenti”. Non è esposto? Il gelatiere è
    un delinquente.

    Magari al dott. Longo il gelato si scioglieva perché gli
    ingredienti utilizzati erano completamente diversi. Magari la tecnica di
    bilanciamento era meno precisa e puntigliosa. Prima, ad esempio, si usava il
    bianco d’uovo per stabilizzare il gelato grazie all’alto contenuto proteico,
    oggi si usa la farina di semi di carrube, l’agar agar, semplici idrocolloidi
    ottenuti per macerazione, si gonfiano nell’acqua e ti mantengono il gelato
    ritto, tipo Viagra ma molto più salutare. Il tuorlo era il grasso prediletto
    dal gelatiere, con la lecitina che fungeva da emulsionante naturale. Nocciola,
    caffè, pistacchio, un tripudio di tuorli, potevi sentire le galline piangere i
    loro venturi pargoli. Immagini quanto colesterolo che mangiava da un gelato che
    cola? Io ad esempio non uso tuorli nelle creme come la nocciola, il pistacchio
    ecc ecc, compenso i grassi magari con la panna fresca, se ce n’è bisogno.

    Discordo dal sig. Cotelli sull’inesistenza di basi frutta,
    sono chiamati “sciroppi di zucchero”, forse erroneamente, e si misurano in BE,
    sono bilanciate per inserirci la frutta e frullarla. Hanno al loro interno
    tutto quello che serve per un sorbetto di frutta e quindi nella sostanza sono
    base acqua e zucchero. Il maestro Grasso docet, il Caviezel anticipa.

    Nell’epoca del trittico, “Bravo” in primis, esiste la
    possibilità di pastorizzare piccoli quantitativi di gelato, ottenere risultati
    eccellenti, caratterizzare ogni singolo gusto con equilibrature ad hoc. Ho una
    voglia matta di comprarmi un trittico. Quindi si può parlare anche di base
    arachidi per quanto mi riguarda.

    Verissimo che una base dura 72 ore e più, quindi parlare di
    48 ore mi sembra limitativo, nonostante su internet girino questo tipo di voci.
    Eppur si muove! Perché sulla tematica “Basi” ho trovato più sconvolgente il
    commento del Maestro Cutelli, il quale denigrando la descrizione del dott.
    Longo, ha puntualizzato una presunta confusione tra Neutro e Base Neutra. Al di
    fuori delle accademiche valutazioni dell’italiano, di cui non sono all’altezza,
    ritengo che l’argomento basi sia importante e richieda maggiori precisazioni,
    soprattutto da un addetto ai lavori. Smettiamola di stendere veli pietosi. Il gelatiere
    mira sempre ad una “Base Neutra”, lo fa perché altrimenti la produzione
    durerebbe settimane. Cosa c’è di male? Bilanciare una base significa proprio
    questo, renderla adatta a fare più gusti, altrimenti perché avere un
    pastorizzatore?

    Il problema non è la base ma com’è fatta la stessa.
    Acquistare una base da aziende specializzate non è così grave, acquisti un
    know-how che non possiedi, decidi che livello di qualità vuoi raggiungere per
    il tuo gelato e via. Il rischio? Tutti uguali a tutti, sapori omologati. Cambia l’insegna ma non il rappresentante. Chi
    crea la sua base, nel bene o nel male, rappresenterà un riflesso della sua
    ricerca, della sua identità. De gustibus.

    Parlare di migliorati è azzardato. Cosa vuol dire
    miglioratore? Mica mettiamo nel gelato il glutammato di sodio. Il grasso è un
    miglioratore? Io lo definirei un ingrediente. A cosa serve? Ad apportare
    cremosità al prodotto, stabilità e struttura. Fondamentale come la carne nel
    ragù. La carne buona la sceglie il cuoco, il grasso buono lo sceglie il
    gelatiere. Verissimo che la legge non vieta l’utilizzo di grassi idrogenati,
    anche se di legge io ne so poco, ma l’elemento coscienza nella base si deve pur
    mettere. Se fa male perché aggiungerlo? Un atto di responsabilità verso i
    bambini almeno.

    Non argomento in merito alle diverse tipologie di grasso,
    anche perché la disquisizione dell’autore mi sembra esaustiva, ritengo però che
    un prodotto di eccellenza nostrana come il gelato artigianale, richieda un
    forte cambio di tendenza. Le informazioni sull’argomento sono distorte e
    svianti. Smettiamola di stendere veli pietosi, inutili quanto velati di una
    profonda saccenza, ed iniziamo a fare la voce forte verso tutti gli
    associazionismi politicizzati che caratterizzano il nostro settore. Solo in
    questo modo possiamo evitare di essere completamente sommersi dal potere delle
    multinazionali, dalle grandi catene e dalle aziende che propongono spazzatura
    per artigianale.

  18. Articolo ove il pressapochismo la fa da padrone, sarebbe piu corretto informarsi meglio su prodotti e modalità di produzione, così si spara a zero su una categoria che ha al suo interno molti distinguo.

  19. Ha molti distinguo? Certo, l’ho detto. I distinguo sono due. Chi lavora con prodotti veri e chi no.

    Dato che che in molti hanno fatto una gran brutta figura facendo commenti come il tuo, adesso cominciamo a fare sul serio.

    Metto solo una url di qualcosa che tutti voi “gelatai artigianali” sicuramente conoscete.

    http://tinyurl.com/kn5jtv9
    Vediamo cosa ne penseranno i lettori più pazienti a leggere che i grassi idrogenati sono ancora usati, a cercarselo nel testo, che certi “E” non sono usati come dite e, peggio, che le basi sono tante e, così, a noi clienti, ci prendono per i fondelli.
    Provateci a dire qualcosa di diverso, dopo questa prima cartuccia. Perché, sappiate, non è affatto l’unica, anzi.

    Basta, non si può continuare così.

    Finitela che credo sia meglio per voi.

    1. cari signori il problema numero uno è coerenza,ora mettetevi nei panni del cliente cosa cerca?un gelato,anni di industri hanno compromesso il palato…vi propongo di sperimentare un gusto alla volta ,ovvero sperimentate un gusto il più artigianale e naturale possibile investit in qualche kg da omaggiare alla clientela e ascoltate ripeto ascoltate ripeto ancora ascoltate,artigiano bene professionista artigiano meglio.Prima ascoltate ,divulgate ,confrontatevi tra di voi ,invitateci.Buon lavoro

    2. Questi toni nei confronti di un intera categoria sono fuori luogo.

      Prima di tutto ci si documenta e non si citano manuali di UNA sola azienda come bibbia del gelato artigianale, così come non si può basare un intero articolo (e le risposte) su un post della sezione Cucina del corrieredellasera.it che parla del GELATO DA FARE A CASA ‘come’ i gelatai (sigh..gelatieri), da cui l’errato uso dei termini
      http://cucina.corriere.it/rubriche/scuola-di-cucina/24-febbraio-2010/tecniche-base-gelati-cremosi-frutta_d19e8ed0-2160-11df-8195-00144f02aabe.shtml

      così per puntualizzare…la base frutta come citata nel testo NON esiste: esiste la possibilità di crearsi degli SCIROPPI (con zuccheri e addensanti vari) per realizzare dei sorbetti alla frutta, mentre all’opposto esistono prodotti, già pronti, chiamati BASE FRUTTA (quindi il termine indica un vero e proprio prodotto, NON una preparazione finita) che altro non sono che preparati in polvere (già completi) per realizzare gusti alla frutta aggiungendo acqua e frutta.

      NESSUNO nega che:

      1. esistano i semilavorati in polvere per gelateria, in questo caso le basi, a diversa grammatura (base 10 – base 50 – base 100 – base 200 e via discorrrendo…il numero indica i grammi da impiegare ogni litro di latte/acqua)
      2. alcune di queste basi sono pulite (con solo zuccheri e addensanti)..al contempo molte altre contengono di tutto e di più (per usare un eufemismo)
      3. è ovvio che soprattutto quelle ad altissima grammatura hanno ben poco di artigianale
      4. moltissimi gelatieri le utilizzino

      Detto questo però, NON si può dire che il gelato in italia sia TUTTO fatto così…e non si può neppure insinuare che un gelatiere lavori ‘male’ nel proprio laboratorio (come è stato fatto nei commenti qui sopra) solo perchè puntualizza alcune critiche a questo articolo che, ripeto, ritengo PESSIMO per la somma di inesattezza ed errori (anche corretti man mano) contenuti nella prima stesura.
      Siamo ancora in democrazia, anche sul web, e chi scrive non può esimersi dal’essere esente dal giudizio dei suoi lettori, piacevole o meno che sia.

      Il vero consiglio, prima di criminalizzare l’intera categoria, è quello di suggerire di leggere il CARTELLO degli INGREDIENTI, che dev’essere presente ed esposto in ogni gelateria perchè obbligatorio (ma ovviamente questo vale per anche per le pizzerie, non solo le gelaterie…)

      il gusto è troppo soggettivo ed è peraltro difficile (se non impossibile) capire al volo con una ‘leccata’ al gelato cosa possa contenere. Spesso i gelati che piacciono di più sono quelli ‘pompati’ con gli aromi, così come i gusti alla frutta fresca ‘aggiustati’ con una determinata percentuale di semilavorato in pasta di frutta (con aromi, conservanti, coloranti,ecc…)…ma così finsico anch’io per scadere nella generalizzazione e sbaglio. Ogni professionista va valutato singolarmente, non per partito preso

      La vera sfida è far conoscere le caratteristiche e il significato di ogni ingrediente (inulina è una fibra, non uno zucchero, per dire…) per dare i mezzi ai consumatori di fare delle scelte ponderate, evitando di scrivere inesattezze NON scientificamente provate come, ho letto, la presunta tossicità della farina di carrube, perchè se ci mettiamo a discutere a questo livello anch’io potrei abbassarmi a dire che la Farina 00 è tossica, lo zucchero bianco è tossico,la biodinamica è la panacea di tutti i mali, ecc…giustificandomi che l’ho trovato su internet!!!!

      cordialItà

  20. Andrea, tu sei uno dei quali ho letto qualcosa. Non sfidarmi, perché poi comincio veramente con il mitra. Ti rispetto, finché tu contribuisci come pare che tu possa essere in grado di fare, e lo accolgo con piacere. Altrimenti, te lo dico subito, non esiterò un attimo a proseguire. La grande massa dei “gelatai” ha esagerato. Punto. Se tu sei d’accordo, mi aiuti a far comprendere AI CLIENTI come stanno le cose. Altrimenti, ripeto, comincio a far vedere i VOSTRI documenti uno ad uno, per ogni risposta priva di contributi che ci sarà qui sopra.

    Tu devi DOCUMENTARE quello che dici.

    Io lo faccio e sono in grado di mettere a disposizione di tutti ancora di peggio.

    Basta. Rivoglio gli Artigiani del Gelato veri. Quelli li difendo, ripeto, a spada tratta.

    Si è visto, continuerò a farlo.

    1. Così, però, non ne usciamo più…io mi riprongono di smettere di ‘forumizzare’….però tu ti ostini a scrivere inesattezze ;)

      Terreno minato per me perchè, premetto, non ho fatto studi di chimica.

      INULINA
      L’inulina diventa zucchero solo per azione dell’enzima inulasi, e NON è il nostro caso…
      Potrei citare: ‘Serve… per la confezione di alimenti farinacei per diabetici, perché non è trasformata in zucchero dai fermenti fisiologici e quindi neppure dalla ptialina della saliva e dalla tripsina del succo pancreatico.’ (fonte Treccani)

      Passa indenne nell’apparato digerente (non essendo nè assorbita, nè ripeto digerita) assumendo così la funzione di fibra alimentare, apportando notevoli benefici all’organismo (da qui la classificazione come prebiotico) come lo sviluppo di una sana flora batterica dell’intestino, in alcuni casi aiutando ad abbassare il livello di colesterolo e glucosio nel sangue, etc…
      E’ talmente tanto fibra ( e non zucchero, nell’uso che ne facciamo…) che se si superano le dosi consigliate ha effetti lassativi (e meteorismo, e diarrea…) ;)

      Riguardo all’uso dell’inulina nel gelato, cito:
      ‘L’inulina è una FIBRA vegetale….nel gelato ha un comportamento per diversi aspetti SIMILE a quello degli zuccheri’
      – Scienza e Tecnologia di Sorbetti, granite e dintorni, Luca Caviezel, Chiriotti ed. –

      Da qui a dire che l’inulina (una volta sciolta in acqua o latte come si fa nel gelato…gelato poi ingerito da un individuo) sia trasformata in uno zucchero semplice ce ne passa di strada…correttezza vorrebbe segnalare il proprio errore…

      cordialità (ora smetto però..)

      1. Lo so, non forumizziamo, dai… però rileggi bene quello che ho scritto.

        L’enzima Inulasi appartiene al gruppo EC3, sui 6 degli enzimi in cui vengono classificati (infatti, EC sta per English Classification). Gli EC3 sono le idrolasi, cioè enzimi che si attivano in presenza di acqua ed idrolizzano il componente primario. Perciò, sempre dal dizionario, trovi:

        inulasi

        [i-nu-là-ʃi]

        s.f. inv.

        CHIM Enzima capace di idrolizzare l’inulina

        Ecco perché ho scritto correttamente quello che trovi. Da qui non si scappa.
        Gli effetti diarroici non sono dovuti al fatto che è una fibra, piuttosto che è uno zucchero particolare, come ad esempio puoi vedere gli stessi effetti da sovradosaggio di aspartame, usato in dolcificazione (E951, sta o stava quasi dappertutto, pure nella Coca Cola 0) ma che di base non è uno zucchero. C’è una interazione con i villi intestinali dell’intestino tenue che porta anche a crampi intestinali.

        Anche la fonte di Caveziel, infatti, dice la stessa cosa o quasi: ha un comportamento simile a quello degli zuccheri, perchè è idrolizzato. Quindi, la fibra se ne è andata da un bel pezzo. Di certo, dalla reazione enzimatica dell’inulina esce uno zucchero semplice, il fruttosio. Sono sempre sei atomi di carbonio in fila, ottenuti però da un amido particolare come l’inulina, che non lo è perché è un polimero glucidico, con un peso molecolare minore degli amidi classici e, quindi, sostanzialmente da preferire nelle trasformazioni. Altrimenti, è probabile, da tempo si sarebbe scelta la strada della farina o dell’amido di mais nel gelato, in quanto apportatori di amidi complessi e di enzimi amilasici in grado di scinderli in zuccheri semplici, partendo però da amidi più complessi.

        Dai che non è forumizzazione dei blog: sono occasioni di chiarimento. Pensa che poco fa mi hanno passato il link di uno che ha scritto cose veramente errate su Lievito Madre e Lievito di Birra, però non c’è nessuno spazio per commentare. Ora, quello che ha scritto, potrà essere preso come verità assoluta da qualcuno, perché nessuno ha avuto modo di dirgliene quattro sull’argomento.

        Succede così, Andrea. Io sono per i commenti. Una volta si chiamava Diritto di Replica.

        Ora, è uno spazio libero dove chiarirsi.

        Grazie ancora per l’intervento!

      2. Mi inserisco qui, potrei farlo altrove. Il problema di questo post visto dal nostro punto di vista di gelatieri non è tanto il punto di partenza, che è condivisibile: è verissimo che ci sono tantissimi gelati che si spacciano per artigianali e non lo sono, ma l’approccio, me la si passi, semplicistico e la generalizzazione spinta a tutta la categoria. E’ questo che ha fatto saltare sulla sedia molti di noi, che la battaglia per un gelato genuinamente artigianale, tradizionale e libero dall’industria la facciamo ogni giorno da dietro il nostro bancone (e tra questi ci sono sicuramente Soban e Cutelli) scontrandoci con una profonda ignoranza di molti consumatori e con una comunicazione, sia da parte dell’industria, sia da parte del nuovo e più insidioso nemico che sono le catene, che spacciano per artigianale e naturale ciò che non è e non può esserlo. Da chi scrive professionalmente di cibo e si rivolge ad un pubblico di appassionati, ci si deve aspettare più capacità di approfondimento e soprattutto la voglia e la determinazione a dare al lettore gli strumenti per capire la qualità, non un articolo che genericamente spara nel mucchio. Forse bastava cercarlo, qualche artigiano, parlarci e confrontarcisi un po’ per capire qualcosa in più e farsi un’idea più completa, invece di basarsi solo sulle informazioni provenienti dal “lato oscuro” del mondo del gelato.

        1. Antonio, mi sembra in tutta coscienza di averlo fatto ed averlo detto, anche nei commenti.

          Non credo di aver fatto altro che difendere i Veri Artigiani del Gelato.
          L’ho scritto e sottolineato dappertutto.

          Indicami dove ho scritto il contrario.
          Il punto è la massificazione? E che ci posso fare io se il buon 80-90% di voi fa il Tagliabuste, e non usa ingredienti genuini e naturali?

          Come è possibile che solo uno abbia scritto una cosa seria, ed è stata pubblicata a parte, mentre qui ci siamo ritrovati l’attesa levata di scudi della gente punta sul vivo?

          Il problema, per come la vedo io, a maggior ragione a giorni dalla pubblicazione, è che non esiste niente e nessuno che difenda veramente il Gelato Artigianale, nonostante le decine di Associazioni a cui ho accennato, perciò bisogna fare solo un’opera di educazione del consumatore, cambiare il Cliente, perché altrimenti è una battaglia persa. Per questo, penso che chi mi aiuti qui, mi aiuta a difendere quelli che ancora lavorano seriamente.

  21. Avevo già postato un commento ma non è passato. Ora vedo che ad ogni commento critico scrivi attaccando.
    Sei bravo solo ad infangare uno dei settori dell’Italia leader nel mondo, che tira ancora all’estero ed ha pochi rivali.
    Bravo il Paese ti ringrazia.
    Se pensi di scalare le vette del pressapochismo sei libero di farlo ma fallo con stile, ci sono tanti altri blog (il mio ad esempio) che scrivono basandosi sui fatti reali non mischiando industria e artigianato.
    Continui a scrivere dispensando erudizione chimica (oltre i tuoi titoli accademici) ma il punto qui è un altro, stai denigrando la stragrande parte dei gelatieri e non vedo tu chi sia per farlo.
    Ora attendo il tuo attacco dall’alto della mia attendibilità comprovata.
    Ciao e…keep calm!
    PS: Volta pagina e pensa qualche altro post su cui scrivere…

    1. Hai un blog? Beh? E vieni qui a farti pubblicità?

      Per favore, dai, sei proprio l’ultimo dei soggetti che ci manca qui dentro a fare la sua pessima figura.
      Ah, non denigro affatto. Porto i manuali VOSTRI alla lettura di tutti.

      Non ti sta bene?
      Mi dispiace, come diceva Andrea Soban più sopra, ci sono molti distinguo, nella categoria.

      Io ne faccio solo due: chi usa ingredienti veri, e chi no.
      Tu credo si sia già capito da che parte del distinguo stia.

      1. Non esistono i manuali per gelatieri al più dei testi seri scritti da autori che hanno fatto la storia della gelateria artigianale.
        I manuali che citi sono, forse, quelli delle aziende produttrici di semilavorati.
        Io non uso semilavorati, a meno che la frutta secca in pasta non sia tra queste però ripeto non è dividerci in guelfi e ghibellini, già l’Italia è divisa su più fronti e questa diatriba non ha senso.
        Ogni imprenditore/artigiano dietro nel laboratorio fa ciò che vuole, rispettando le leggi italiane, sarà il pubblico a decidere considerando che il gusto è soggettivo tanti gelati industriali/semi-industriali sono molto in voga.
        Scrivere che vai in una nota catena tedesca a far la spesa mi sembra riduttivo oltre alle tante inesattezze che hai buttato giù, e parlo della prima stesura…
        E’ un articolo che non ha senso, a partire dall’oggetto.
        Se poi vuoi parlare di marketing esperenziale sappi che il gelato “come una volta” quello che si scioglie non è più tanto gradito al pubblico italiano…

        1. Ok, con questo tono discutiamo tranquillamente.
          Che non ci siano manuali seri sull’argomento, ormai è noto e scontato, altrimenti come minimo li avrei usati come confronto. Porto, infatti, “Manuali del Gelato Artigianale” di produttori di semilavorati che, partendo da quello che ho iniziato a linkare, nell’ambiente si sa bene che non è il massimo ma è molto diffuso come vendita. Prossimamente, se qualcuno continua a rispondere in maniera arrogante e senza contributo alcuno, cominciamo con i nomi più noti anche al grande pubblico, che non sa che queste Case producono anche semilavorati per gelateria.
          Quello che non accetto del tuo discorso è che ogni imprenditore/artigiano dietro nel laboratorio fa quello che vuole, anche se nel rispetto delle (aggiungo: risibili) leggi italiane. Così dicendo, dai ancora più forza a quello che dico io: o Artigiani, o Tagliabuste. Che il gusto sia soggettivo è scritto in cielo. Che il concetto di salutare non lo sia, altrettanto. Quindi, quanta attenzione ci mette la stragrande maggioranza dei gelatai alla salute dei clienti? Quella che hai detto tu. Quella contro la quale io mi incazzo. E scrivo.
          Il giro al grande magazzino all’ingrosso, non lo puoi minimizzare: c’è, disponibile al pubblico, la visione di come funzionano un mare di negozi dietro le quinte. Non solo le gelaterie.

          Per le inesattezze, per favore, tiratele giù una ad una. Nessuno, dico nessuno, ha detto che era quasi normale che mi confondessi tra E407 (carragenina) e E410 (farina di carrube), perché a furia di leggere l’uso che ne fanno insieme, sì, proprio insieme nello stesso mix, i “Gelatai Artigianali”, mi sono confuso. Ebbene? Tutto qui? Di che stiamo parlando, di sostanza vera, che interessa al Cliente? No. Si chiama arrampicarsi sugli specchi. L’abbiamo già vista questa cosa, qui, la continueremo a vedere.
          Sul dividerci tra guelfi e ghibellini sono d’accordo nel pronunciamento, vedi il mio articolo su Pizza Hut, non sulla sostanza. Non posso esserlo. Non posso sdoganare in coscienza le migliaia di Tagliabuste che millantano di fare un “Gelato Artigianale”. No. Manco morto. Se tu sei un artigiano vero, allora, visto che dici di non usare semilavorati, parlaci di cosa fai. Facci capire, perché allora stai dalla parte di chi ci sentiamo di difendere.

          Che il gelato “come una volta” possa non essere più gradito, sono con te e l’ho scritto, per me le macchine oggi fanno molto meglio il lavoro di decenni fa. Però, se ci metti dentro ingredienti schifosi o chimici, quello stesso schifo uscirà fuori ed ingannerà il Cliente. Se in una linea completa ci metti roba buona e scelta, il risultato potrà pure non piacere a tanti Clienti (ma ne dubito fortemente), però non gli avrai servito cose al limite del lecito o nell’illecito pieno, solo per risparmiare non poco e seguire una specie di “moda” suicida.

          Qui, a casa di Luciano Pignataro, cerchiamo di parlare di eccellenze, non di quello che comunemente la grande industria ci propina e la gente si addomestica a credere che sia perfino buona.

          Non mi contestare queste affermazioni con elementi di tipo quantitativo. Noi, qui, si parla di qualità, non di quantità.

          Perciò, ben venga se tu sei un Artigiano Vero. Magari ce ne fossero altri! Invece, guarda solo quanti pochi sono stati gli interventi di quelli “Veri” (forse un paio) e, invece, quelli dei Tagliabuste.

          La proporzione tra loro pare esatta esatta quello che si trova in giro…

          1. Come dice un mio amico gelatiere, la gelateria è perfezione e per raggiungerla si utilizzano gli ultimi ritrovati, le ultime tecnologie anche in questo settore senza scadere nella manipolazione genetica :-)
            Si cerca di avere una perfetta texture (oggettiva) ed un ottimo gusto (soggettivo), molti gelatieri lavorano per tali obiettivi; fanno tanta R&D, nessuno fa ricerca pura se non le aziende industriali.
            Tutti cercano di parlare di eccellenze, di km zero, di espressioni del territorio però non bisogna attaccare a testa bassa chi fa il proprio mestiere con dignità e passione, spesso smenandoci.
            Sono andato un po’ fuori tema, come te quindi riprendo il filo ma solo perché me l’hai chiesto…
            Sono davanti ad un icecream americano, per 240ml contiene 500Kcal e sono davvero tanti ma dalla scheda sul retro si capisce +/- perché.
            Un gelato tipo (a base latte, senza uova), contiene circa 18/20% di zuccheri (mix) e 8/12% di grassi visto che hai il know-how puoi realizzare che i tuoi numeri non sono corretti ed andrebbero rettificati.

          2. Il punto dei numeri delle calorie sono presi da tabelle nutrizionali universitarie medie, quindi non è che possano scendere nella particolarità dei singoli elementi. Trovi la specifica di pasta con il pomodoro apposta, tanto per dire. Per questo, puoi trovarli più o meno corretti, non è che possa pubblicare ogni volta una noiosa sfilza di dati. Il punto dei grassi, invece, è quello interessante. Che grassi ci sono? Guarda, giusto perché qui non si collega a Facebook, dove ho avuto altre repliche, e fra queste ce ne é stata una di un vero Gelatiere Artigianale che mi ha esplicitamente parlato lui, del mono e dei diglicerigidi degli acidi grassi, per dirti, e di come da lui non esistono proprio perché furono tra le prime cose che dovette levare dalle sue ricette perché aveva il colesterolo alto ma non voleva rinunciare al gelato. Un po’ come ho fatto io con gli impasti della pizza: levai completamente l’olio, anche buono che fosse, per non aumentare i rischi di cancro per l’acrilamide che si formava. Purtroppo, quello delle calorie è un Far West. Esiste anche un sito dove vengono riportate le calorie pressoché di tutto, si chiama proprio calorie.it, e se vai a consultarlo vedi che cosa esce fuori… quando si scrive, tocca per forza fare una scelta, no?

  22. Bella risposta, esaustiva, completa, che mette anche in riga me (che mi chiamo Lungo, non Longo) dove necessitava, ma evidenzia esattamente il mio intento: portare allo scoperto cosa è veramente allucinante di questo mondo che si spaccia per “artigianale” ma di artigianale, spesso, non ha nulla. Niente di niente.

    Non ci sono leggi, non ci sono veri disciplinari, l’ho scritto e qui è stato ribadito.

    In questo immenso limbo, ci sguazza l’industria con bei prodotti o prodotti pessimi, dipende.
    Più sotto, ci sono decine di negozi che si mettono la dicitura “Gelato Artigianale” e poi versano una sola busta nella macchina, aggiungono acqua ed l’Artigiano muore lì.

  23. Oggi ho un altro barattolo di icecream americano e leggo questi grassi: burro ed olio di cocco (16%). Calorie 265 per 100g.
    Per frazione lipidica del gelato intendo quella data dalla somma dei grassi di: latte, panna e gusto caratterizzante. A questi puoi aggiungere LMP (per chi lo usa, le proteine in esso contenute favoriscono l’overrun).

    1. Beh, al 16% la frazione lipidica sta un po’ bassa, no? Intendo come percentuale totale. Il resto delle calorie direi che se li prende dagli zuccheri.

      Poi, olio di cocco. Qui da noi deve essere caratterizzato, da loro non so, dovrei vedermi le norme FDA. Non credo che l’olio di cocco, da solo, cioè non trattato, apporti alcunché alle caratteristiche del gelato, non mi risulta proprio.

      Comunque, 256 calorie non è che siano pochissime, sono una discreta misura, a parte che per me è assolutamente vero fare il distinguo della fonte di calorie, cioè che l’apporto calorico, detto così, non è qualificante. Forse sarà un argomento di un prossimo pezzo, vediamo, tanto ogni volta devo smaltire per un po’ di giorni i muort e stramuort che mi tirano… ^__^
      In ogni caso, certo che oggi i nutritional facts sulle etichette aiutano, però poi tocca leggere bene dove sono state sottratte, come in questo caso, le calorie. Se, ad esempio, leggi negli ingredienti degli zuccheri diversi da quell conosciuti, dobbiamo proprio fare un discorso a parte. Per tutti, ti cito l’aspartame. Porta calorie zero, però vai a vedere bene che cosa è. A me basta quel poco di chimica che mastico, però è molto ben spiegato in giro per la Rete. Se mi prendo 265 calorie solo dai grassi ma poi mi mando giù cose tipo aspartame, direi proprio che non sia il caso, no?

      1. Continui a cambiare prospettiva, va be’ ho capito…
        …ti saluto ma ti consiglio di rettificare le sciocchezze che hai scritto sulle calorie perché non corrispondo al vero.
        La tua è disinformazione spiace scriverlo perché quando vuoi non sei superficiale…

        1. E daje.

          Allora mettili tu questi dati, forza.

          Documentali e scrivi perché hanno quelle calorie che dici tu.

          Vuoi che ti faccia tutto il babbatrone fino al ciclo dell’ATP, dillo… ^__^

  24. Ciao, sono una gelataia, all’antica. E’ bello leggere la verità sul gelato “artigianale” (termine usato ormai a sproposito), è bello immaginare che la verità si diffonda, grazie allo studio accurato di qualcuno che ama andare a fondo ed osservare oltre le fette di prosciutto sugli occhi. Io sono una gelataia artigianale, come dicevo. Lo dico a testa alta, ma anche con un po’ di tristezza perchè siamo davvero pochi ad esserlo: il mio gelato è davvero artigianale, ogni gusto è preparato con una precisa ricetta, tutti gli ingredienti sono freschi e di alta qualità. Non uso basi, ma solo il latte fresco per le creme e l’acqua per la frutta. Il tempo che ci metto per preparare ogni gusto crema è abbastanza rapido, ma per la frutta ragazzi….beh, che fatica, immaginatemi mentre tolgo i semi dell’anguria, uno ad uno col coltello….
    Tanto lavoro, ma alla fine la soddisfazione di fare il vero gelato è impagabile, il vedere mamme che danno il mio gelato a bambini di 1anno con tranquillità, è addirittura commovente. Quello che mi svilisce ogni tanto è vedere vetrine piene di gelato colorato, gonfio e pasticciato, venduto con slogan inneggianti alla naturalezza, freschezza ed artigianalità del prodotto, distese di 40 gusti diversi, dalla menta verde fluo, al limone come il sapone, dalla castagna a giugno, alla fragola a dicembre…..ed all’entrata della gelateria il cartello dice: “frutta fresca di stagione 100%”!
    Insomma, menomale sono una gelatomane dall’infanzia, ne ho mangiato di gelato io, da quando ho memoria, e così non mi perdo d’animo e vado avanti con il mio lavoro, che adoro. Se solo ci fosse una forma di controllo, almeno sui termini inerenti al gelato, forse sarei ancora più motivata.
    Sono e continuerò ad essere una gelataia all’antica, perchè anche io ricordo il gelato che mi si scioglieva sul cono…proprio come quello che faccio io.
    Marzia Ghi

  25. Marco ci illumini d’immenso e, come sempre lo fai in una maniera esustiva. Come nutrizionista parto subito con la quarta marcia sottolinenando che molti sostituiscono il pranzo con il gelato, non ci sarebbe nulla di male essendo un alimento completo dal punto di vista nutrizionale e apportando proteine, grassi e zuccheri, ma non occasionalmente, perchè il gelato ha un bassissimo indice di sazietà.

    Riguardo all’E471 nulla da obiettare, concordo quando dici che male non fanno, essendo un sottoprodotto del metabolismo dei lipidi, ma quelli che aggiungono in svariati prodotti derivano spesso dalla macellazione del maiale, quindi impariano da Ebrei e Mussulmani ed eliminiamoli anche noi va.
    Io sono di un’annata diversa dalla tua, ma credimi, quando avevo 13 anni appena sfrecciava il camioncino del gelato correvamo ad acquistarlo facendo a gara chi lo finiva primo proprio per evitare che si squagliasse. A ditanza di oltre 20 anni lo potrei anche dimenticare sullo sdraio al mare, a 30 gradi che il gelato non batte ciglio. Merito forse della ISP? A partire da marzo 2010 i produttori industriali di gelato possono aggiungere
    ai loro prodotti la proteina ISP (ice structuring protein), isolata inizialmente in un merluzzo artico, ora ricreata in
    laboratorio a partire da lieviti transgenici. Ci ritroviamo così con il rischio di allergie perché, come sappiamo, i
    lieviti sono degli allergeni. Consola sapere che per il momento questa proteina, già impiegata negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda, non verrà usata in Italia.

    E i polisorbati dove li mettiamo? gli stabilizzanti più utilizzati dalle industrie. Decisamente meglio quelli ricavati da sostanze naturali come l’agar-agar, la farina di carrube o i semi di guar. Inoltre, io per fare il gelato uso la lecitina di soia e non aggiungo il turolo d’uovo, viene una delizia per le papaille gustative!

    Marco spero di avere risposto alla tua ultima domanda ;-)

    1. La proteina ISP è per l’appunto una PROTEINA, non un lievito. Quindi, a seguito di un processo di produzione OGM della suddetta ISP che comprende (ovviamente) la separazione di questa proteina dal lievito OGM che la produce, essa NON PUO’ contenere allergeni del lievito in quanto non è e non contiene più lievito.
      Inoltre, penso che qualunque chimico presente possa confermarlo, non è possibile distinguere la provenienza di una proteina (che sia dal pesce o dal lievito transgenico). Non è quindi neanche DEFINIBILE ogm una proteina, a prescindere dalla sua provenienza, a meno che non sia stata essa stessa modificata geneticamente mediante il processo della ricombinazione genica.
      Se poi aggiungiamo che secondo la definizione di OGM, tutti gli organismi geneticamente modificati mediante l’utilizzo di radiazioni e cloni sono definibili BIOLOGICI (quindi non OGM), direi che anche il concetto di ETICHETTA PULITA sia da rivedere. (perlomeno nei confronti dei cosiddetti OGM e delle ISP)

  26. Tempo fa ho avuto modo di conversare con una nota produttrice di gelato industriale e mi confermava che gran parte del volume è dato dall’aria. Non era e non è una novità, comunque il gelato di 30 anni fa era sicuramente diverso da quello attuale ma a me rimane un dubbio: i coloranti, gli addensanti e quant’altro esistono da molto più di 30 anni e anche allora venivano largamente usati. Ricordo ancora il colore di alcuni ghiaccioli… Ma ricordo anche il sig. Passoni al mio paeselo ed il suo pistacchio, ma anche il suo cioccolato e la il suo caffè … e lui so per certo che non produceva altro che gelato artigianale.

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