Alta Campania Wine Fest, vino giovane, energia vera, successo reale
A Castel Campagnano la prima edizione dell’Alta Campania Wine Fest: 24 cantine, food d’autore e talk che hanno acceso il futuro del vino casertano.
di Tonia Credendino
Hai mai brindato in un posto che Google non ti suggerisce? Probabilmente no. Ma l’Alta Campania Wine Fest, andato in scena il 5 e 6 settembre 2025 a Castel Campagnano, è nato proprio per questo: un evento ideato da un gruppo di giovani under-40 — Luca e Alessandro Catrame, Roberto Canestrini, Gabriella Bosco, Davide Ievoli, Giovanni Marra e Giovanni Rossetti — che hanno messo cuore, faccia e passione. Target hit: un pubblico fresco, curioso, finalmente raggiunto.
Il claim “Non sono famosi. Non sono ovvi. Sono esattamente quello che stavi cercando” racconta meglio di ogni altra parola lo spirito del festival. Non un evento standard, ma un’esperienza disegnata per sorprendere, con una communication strategy giovane e incisiva che ha fatto centro. I numeri parlano da soli: 24 cantine, 96 etichette, circa 1.200 bottiglie aperte e soprattutto 800 presenze la prima sera e 2.500 la seconda, mentre a pochi chilometri Ligabue riempiva la Reggia di Caserta.
Dietro questa energia c’è Asso Alta Campania, un gruppo di sette giovani che ha scelto di fare rete per dare voce al territorio. Un team compatto che ha trovato una formula smart, capace di parlare ai coetanei e non solo. E la scelta della location non è stata casuale: Castel Campagnano, un borgo wow tra colline e storia, è stato il teatro perfetto.
Dal castello ducale alla chiesa rupestre di San Michele, ogni scorcio è diventato un set dove vino e cultura si incontrano. Non a caso il sindaco Gennaro Marcuccio ha sottolineato come questa manifestazione rappresenti non solo un successo di pubblico, ma anche un segnale concreto di fiducia nelle nuove generazioni.
Il cuore dell’evento, naturalmente, è stato il vino, raccontato in calici che hanno saputo parlare da soli e attraverso chi li ha presentati. Il Pallagrello Bianco, “nato elegante, vive aromatico… fino a quando finisce la bottiglia”, ha mostrato la sua anima fresca; il Pallagrello Nero, “tannico, intenso, misterioso”, ha rivelato un carattere deciso; il Casavecchia, vitigno antico e raro, ha ricordato che la forza dell’Alta Campania è custodita nelle radici che resistono al tempo. A intrecciare questi assaggi con le storie del territorio sono stati i sommelier dell’AIS Caserta, che con la loro professionalità hanno trasformato ogni sorso in un racconto di suoli, colline e paesaggi che prendono voce nel bicchiere.
Da lì alle masterclass di zonazione il passo è stato naturale: dodici calici, sei bianchi e sei rossi, guidati dal delegato AIS Caserta Pietro Iadicicco e dall’enologo Giovanni Piccirillo. Non solo spiegazioni tecniche e suggestioni sensoriali, ma soprattutto l’incontro diretto con i produttori, che hanno dato volto e sostanza ai vini, trasformando la degustazione in un momento di identità condivisa e orgoglio territoriale.
La parte gastronomica ha dato corpo al racconto, trasformando i calici in esperienze complete. Tra le proposte ha brillato il “Fichissimo” della Salumeria Malinconico, incoronato simbolo gastronomico dell’evento. Accanto, i panini cult di Gigione, le pizze di Ciccio Vitiello, la mozzarella di La Baronia e il dolce “Ricordo di Pastiera” del Casale dei Mascioni, che ho abbinato al nuovo Rosé Brut Nature da Pallagrello Nero di Cantina di Lisandro: un pairing sorprendente tra tradizione e innovazione.
Accanto a calici e piatti, anche i talk hanno avuto un ruolo centrale: momenti di confronto dove cucina, vino e cultura si sono intrecciati in dialoghi aperti. Sul palco si sono alternati chef, produttori, sommelier e figure del territorio, offrendo spunti che hanno arricchito l’esperienza. Tra le voci più intense quella di Franco Pepe, che ha ricordato il legame indissolubile con queste terre: “Questo territorio non lo dimenticherò mai. Qui è nato il mio percorso mediatico, grazie a Manuela Piancastelli che mi chiese una pizza per il suo vino da mostrare a Veronelli”.
E quando è calato il buio, la piazza non si è spenta. Dopo le 22, la Lounge Zone ha preso vita con i cocktail firmati Amarò, locale cult di Caserta, e con il DJ set di Tony Iannicelli, che ha trasformato Castel Campagnano in un dancefloor a cielo aperto. Così il festival ha saputo parlare anche il linguaggio della musica, coinvolgendo i giovani in un’esperienza che andava ben oltre il calice.
In fondo, il cuore dell’evento si è rivelato nelle parole di chi lo ha reso possibile: Gabriella Bosco e Roberto Canestrini hanno raccontato con la stessa energia due prospettive complementari, lei l’emozione di una piazza gremita e viva come non mai, lui la visione di un territorio che deve guardare oltre i propri confini per arrivare fino alle tavole del mondo. Non erano interviste formali, ma frammenti di entusiasmo autentico che, uniti, hanno dato tono e visione all’intero festival.
È stata solo la prima edizione, ma già sembra un format destinato a crescere, e se diventasse itinerante, portando il racconto dell’Alta Campania fuori regione, sarebbe un vero game-changer. Perché si viene per il vino e si resta per tutto il resto: le piazze illuminate, il cibo che racconta storie, i sorrisi dei produttori e la musica che riempie la notte. Qui il vino non è stato un pretesto, ma un catalizzatore, ciò che accende, unisce e spinge a guardare avanti. E da Castel Campagnano, con i calici ancora pieni e la piazza che vibra di energia, resta una certezza: It’s just the beginning.
Castel Campagnano (CE)
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