Basta lamentarsi, la Michelin invita a viaggiare nel Cilento


Turismo in Cilento, rilanciamo l’intervento fatto oggi sul Mattino

 

Nell’estate del 1957 nasceva a Palinuro il Club Méditerranée, “La Polinesia a Sud di Salerno” titolarono i giornali dell’epoca. Ieri nella consueta newsletter sono sempre loro, i francesi, a putare sul Cilento, stavolta con la guida più prestigiosa che assegna le stelle ai ristoranti, la Michelin: “La parte meridionale – scrive la redazione – della Campania è il dominio dei grandi spazi aperti. Parco Nazionale dal 1991 e Riserva della Biosfera Unesco dal 1997, ecco il Cilento: tradizioni, territorio e gastronomia sono i suoi valori imprescindibili. Uno scrigno di tesori, tra cui si cela anche una Stella Verde”.
Vale la pena di mettere la descrizione per intero: “Questa terra di borghi isolati – scrive la Michelin e strade solitarie invita alla scoperta: la Certosa più grande d’Italia, i paesaggi che si trasformano da un versante all’altro dei monti e la ricchezza delle grotte scavate nelle profondità delle montagne, cui fa eco la varietà degli uccelli che sorvolano le vette. La meta soddisfa tutti i gusti: per gli amanti del mare ci sono Agropoli, Santa Maria di Castellabate (indimenticabile location del film Benvenuti al Sud), Acciaroli, Pioppi e, scendendo verso sud, Marina di Camerota e Capo Palinuro, con le sue coste rocciose e le grotte marine. Gli appassionati di quelle terresti, invece, visiteranno Castelcivita e Pertosa, mentre gli amanti dell’arte e della cultura avranno la scelta fra la certosa di Padula e i siti archeologici greci di Velia e Paestum”.

Il pezzo del Cilento sul Mattino di oggi

Bene, fa una certa impressione vivere tutto questo entusiasmo a contraltare su quello che si è letto un po’ fra giornali, siti, e social che parla di una estate catastrofica, di mare sporco, di prezzi alle stelle, di assenza di servizi, di bambini che fanno karaoke tirano pallonate alle saracinesche, eccetera eccetera.
Il solito autolesionismo degli italiani, in particolare di noi meridionali? Dove sta la verità?
Secondo me non sta in crisi il Cilento, ma sta in crisi un modo vecchio di concepire il turismo e la cosa non riguarda solo le coste meridionali della Campania, ma gran parte dell’Italia. Analogo dibattito si è svolto sul Salento per esempio.

Possiamo sintetizzare la questione in un solo esempio. Se tu, per recuperare la stagione accorciata dalle piogge a luglio mi proponi gli stessi prezzi di Capri ho due alternative. O andare a Capri se sono ricco o andare in Albania e a Gerba se devo guardare il centesimo. In medio NON stat virtus.

Ora dispiegare la crisi di questo tipo di turismo, dopato negli ultimi tre anni dalle vicende legate al Covid e alle guerre che hanno scoraggiato movimenti fuori dall’Italia, sull’intero territorio significa non dare speranza a chi invece, con successo, sta percorrendo strade alternative.
Noi italiani vinciamo solo quando mettiamo in campo il capitale umano, la cultura e non quando “giochiamo a fare gli americani”. Con poche parole la Michelin descrivi il Cilento, e aggiungiamo pure il Pollino, un grandioso polmone verde, una terra delle possibilità, un Eldorado gastronomico.

Quale turismo è in crisi nel Cilento?

Non sono in crisi i giovani che sono tornati a lavorare sulla terra per praticare agricoltura pulita e di precisione che consente di vendere i propri prodotti, il nuovo vero lusso al posto del caviale e delle ostriche a tavola, a prezzi impensabili per i loro nonni. Sono aperte dieci mesi l’anno le trattorie che non fanno spaghetti alla bolognese ma recuperano le antiche ricette della Dieta Mediterranea o, più semplicemente, propongono il favoloso pescato cilentano a prezzi modici. Restano aperti gli agriturismi come quello di Giovanna Voria dove si fanno scuole di cucina, escursioni a caccia di erbe spontanee, gli imprenditori che hanno investito negli alberghi creando Spa e altri servizi, le strutture balneari attrezzate in modo valido, lavorano le guide o chi, come Simona Ridolfi, accompagna i cicloturisti stranieri lungo la Via Silente dal mare alle montagne.

E tanti sono tornati per fare mozzarella nella mortedda, raccogliere zafferano, produrre peperoni cruschi, carciofi, fagioli, coltivare grani antichi, produrre olio di eccellenza, vini fantastici che reggono l’export.
Il Cilento ha spazi infiniti, aria pulita, acqua in abbondanza, biodiversità, storia, aree archeologiche di fama mondiale. Può mai un territorio stare in crisi se ha i fondamentali sono a posto?

Un mondo sta morendo, questo è vero: è quello degli improvvisati che usano il petrolio solo per accendere le candele, privi di cultura, surclassati dalla concorrenza straniera. Quelli della stagione lunga 50 giorni l’anno. Perché per il Turismo come per l’Agricoltura la musica è sempre la stessa per noi italiani: siamo pochi abitatori di un lungo pontile stesso nel Mediterraneo e non abbiamo altro modo per imporci che fare qualità, ossia coltivare emozioni con il concime della cultura.

2 Commenti

  1. Queste bellissime realtà create dall’abnegazione di pochi, sono offuscate dai tanti pseudoimprenditori delle vacanze dei 15 giorni a cavallo di ferragosto, che pretendono di incassare l’equivalente di un anno di lavoro.Non parliamo poi degli amministratori locali che non sanno guardare oltre il proprio naso,coltivando a malapena il loro misero orto, senza lungimiranza, senza cooperazione tra di loro, lasciando sempre più alla deriva territori bellissimi ma destinati al definitivo depauperamento delle risorse umane, il cui destino è quello di andar via.

  2. Il problema cronico del turismo ed altro nel Cilento è sempre quello e cioè che a fronte di tante eccellenze capaci di competere alla pari a livello nazionale e internazionale c’è una massa enorme che a chiamarli improvvisatori gli si fa un complimento che rendono vano il lavoro dei migliori perché se non si fa sistema creando una massa critica di buoni imprenditori superiore al 50 per cento rimarremo sempre ai margini.FRANCESCO

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