Cantina Adriano Marco e Vittorio – Dalle Langhe al Vesuvio, il racconto di Michela Adriano per La Banca del Vino
di Tonia Credendino
Michela Adriano, giovane vignaiola determinata, racconta la storia della propria famiglia e della Cantina Adriano Marco e Vittorio, dove i vigneti tra Barbaresco e Alta Langa si alternano a noccioleti e boschi, in un equilibrio che dà vita a tredici etichette e a vini capaci di restituire con eleganza il carattere autentico del terroir piemontese.
C’è un’aria di curiosità e rispetto alla Cantina Astroni, in via Sartania 48, nel cuore dei Campi Flegrei. È qui che si tiene il nuovo appuntamento de La Banca del Vino, sotto la curatela di Alessandro Marra, coordinatore della sede napoletana, affiancato da Adele Granieri. Ospite della serata, Michela Adriano, che porta nel calice e nelle parole il volto più autentico delle Langhe.
Michela comincia dal principio, come si fa quando una storia non si eredita soltanto ma la si vive. Parla della nonna, che negli anni Sessanta lavorava la terra come mezzadra, piegata al ritmo delle stagioni e alle regole di un mondo che ancora non le apparteneva. Poi l’incontro con il nonno, il matrimonio nel 1961 e la decisione di trasferirsi tra le colline di San Rocco Seno d’Elvio, ad Alba. Da lì, passo dopo passo, nacque la speranza di riscattare quella terra e di renderla finalmente propria. Nel 1968, con l’acquisto dei primi filari, iniziò la storia di quella che sarebbe diventata la Cantina Adriano Marco e Vittorio: una storia familiare che da allora non ha più smesso di camminare accanto alla vigna.
È da questo racconto che prende forma il modo di lavorare della famiglia. La terra è vissuta come un organismo completo: vigneto, noccioleto e bosco formano un triangolo vitale che regola il tempo e il lavoro, ma anche la relazione con la comunità. La vigna dà il ritmo, il noccioleto la stabilità economica, il bosco la memoria e l’equilibrio ecologico. In questo incastro si riconosce un’idea di agricoltura sociale, dove la continuità del lavoro diventa continuità umana.
Ed è proprio la complessità del paesaggio a restituire la voce dei vini. I terreni di San Rocco Seno d’Elvio sono composti da marne calcaree e sabbie fini, con esposizioni sud e sud-est e altitudini che variano tra i 250 e i 350 metri. Il fiume Tanaro disegna una frattura geologica tra la Langa e il Roero, mentre la vicinanza del mare, appena trenta chilometri in linea d’aria, garantisce un microclima stabile e ventilato. In questa ricchezza di sfumature nascono i vini firmati Adriano Marco e Vittorio, tredici etichette, tra cui spiccano Dolcetto, Barbera, Freisa, Nebbiolo e il cru Basarin Barbaresco DOCG.
Tra tutti, Michela si sofferma sulla Freisa, vitigno di famiglia, ribelle e affascinante, geneticamente imparentato con il Nebbiolo. “Quando sono arrivata in azienda, la Freisa era un vino difficile, indocile, a volte perfino scontroso. Ma imparare a contenerne la forza senza snaturarla è stata la lezione più bella: capire che la natura non si doma, si accompagna.” È un vitigno che i Savoia amavano e che oggi, nelle Langhe, rappresenta una sfida di equilibrio e autenticità. La platea è unanime nel riconoscerne il fascino: un vino goloso, pieno di carattere, capace di unire la freschezza del Barbera e la complessità del Nebbiolo, simbolo di un Piemonte che sa evolversi restando fedele alla sua identità.
E poi arriva il momento più atteso: la verticale del Barbaresco Basarin, cru storico del comune di Neive. Le vigne si trovano a circa trecento metri d’altitudine, su marne bianche di origine marina intercalate da sabbie e limo: strati che obbligano le radici a scendere in profondità e che spiegano la trama fitta e la persistenza dei vini. La degustazione non è un esercizio tecnico, ma un viaggio nel tempo.
Ogni annata apre una finestra diversa sullo stesso paesaggio: la 2020 è la luce, vendemmia regolare, maturazioni armoniche, un frutto pieno e limpido che restituisce immediatezza e precisione; la 2018 è la terra, un anno inquieto, dalle piogge irregolari e dal caldo improvviso, che nel bicchiere diventa vegetale, ferroso, attraversato da note di humus e di erbe spontanee; la 2014 è la pazienza, stagione lenta e ventilata, che ha dato vini tesi, eleganti, con acidità viva e una bocca carnosa, di equilibrio raro; la 2008 è la maturità, una trama avvolgente, profumi di prugna secca, tabacco biondo, radice e un corpo che ancora conserva ritmo e freschezza; la 2006 Riserva è la memoria, austera e profonda, con tannino fitto, spezia scura, accenni di chinotto e liquirizia, una persistenza che racconta la tenacia del cru e la capacità di invecchiare con grazia. Il Basarin emerge come una vera cartina del tempo: le annate cambiano tono e temperatura, ma la voce resta la stessa, fedele alla linea sobria e coerente che la famiglia Adriano ha scelto fin dall’inizio. Il vino non imita, ricorda.
Il cru, racconta Michela, è una lezione di geologia a cielo aperto. I pendii del Basarin mostrano a occhio nudo le stratificazioni del terreno, alternanza di marne chiare e sabbie fini che spiegano l’equilibrio tra eleganza e forza nel bicchiere. Ogni annata sembra restituire quella stessa composizione, fatta di luce e profondità, come se la vigna stessa ricordasse la sua origine.
Quando lo sguardo si sposta sullo schermo e appare un breve video del padre Vittorio, tra i filari, nella sala cala un silenzio attento. Le immagini scorrono lente: un gesto, uno sguardo, il respiro del lavoro. È un momento che tocca, perché il tempo ha trasformato quella presenza in memoria, ma non l’ha mai allontanata davvero. In quelle immagini c’è ancora la voce di chi ha costruito e il passo di chi continua, attraverso di lei, a camminare tra le viti.
Così, tra emozione e consapevolezza, la serata si chiude con un piatto di ziti spezzati a mano al ragù napoletano, omaggio della famiglia Astroni che unisce simbolicamente Nord e Sud. Sul finale, lo scatto più semplice: Cristina Barchetta che abbraccia Michela. Due donne, due energie diverse ma complementari. È l’immagine che resta, come un’eco gentile di tutto ciò che è stato detto e versato nei calici: la forza silenziosa delle donne del vino, la capacità di creare legami reali, senza rumore.
Adriano Marco E Vittorio
Fraz. San Rocco Seno d’Elvio, 13A | Alba (CN)
Tel. +39 0173 362294









