Cantine Astroni Tenuta Camaldoli 2017 Piedirosso dei Campi Flegrei Dop | Il Piedirosso sale in cattedra
di Giulia Cannada Bartoli
A pochi passi dal centro di Napoli, a due chilometri dall’uscita della tangenziale, si trova la Riserva naturale e Oasi WWF Cratere degli Astroni: si tratta del cratere di un vulcano spento che fa parte del complesso del cratere di Agnano, inserito nell’estesa area vulcanica dei Campi Flegrei. Il vulcano di Astroni, oggi riserva naturale, è un anello di tufo formatosi nell’area nord-occidentale della piana di Agnano, in seguito ad almeno sette eruzioni avvenute tra 4.250 e 4.200 anni fa (IV Fase Flegrea). Il centro eruttivo di Astroni è localizzato in corrispondenza del margine nord-occidentale dell’area interessata dalla depressione calderica a seguito dell’eruzione di Agnano-Monte Spina, ed è stato caratterizzato da un’evoluzione unica nel suo genere nella caldera flegrea: infatti è l’unico centro eruttivo ad aver prodotto sette eruzioni differenti in un intervallo di tempo alquanto ristretto.
Un fitto e rigoglioso bosco di 250 ettari, popolato da moltissimi alberi secolari tra i quali il patriarca Gennarino, la Farnia più antica di Napoli, si cela nel cratere svolgendo un’importantissima funzione di polmone per l’intera Città Metropolitana di Napoli.
Il Cratere degli Astroni deve probabilmente il suo nome alla parola Sturnis (airone), data l’abbondante presenza di stormi di aironi nell’area. Alcuni ritengono invece che derivi da Sterope, un Ciclope mitologico che si narra vivesse nell’area. O ancora, parrebbe che siano stati gli Stironi (o stregoni) a ispirare il nome del cratere, scelto come luogo per svolgere riti magici. Il cratere conserva uno dei rari esempi di foreste europee sopravvissute alla modernità, circondato da un muro aragonese poi rinforzato dai Borbone che ne fecero riserva di caccia.
Qui Napoli vive le sue contraddizioni, vigneti spettacolari in un areale che apre al mito dei Campi Flegrei. Una natura ribelle, che rimescola terra e mare. Nasce qui l’ultimo vulcano europeo, poco più di 500 anni fa: il Monte Nuovo (1538).
Sul versante che guarda il quartiere Pianura deturpato dall’abusivismo edilizio, sorge Cantina Astroni, ex Varchetta, famosi vinificatori da oltre un secolo.
Entrando a Cantine Astroni si respira accoglienza e storia. La famiglia Varchetta, originaria del quartiere di Pianura a Napoli, affonda radici e memoria nella terra. Nel 1891 Vincenzo Varchetta, bisnonno di Cristina e dopo di lui, suo figlio Giovanni, decisero di trasformare la gioia di produrre vino in una vera e propria attività commerciale. In quegli anni era molto comune fare vino per poi venderlo a Napoli. Giovanni ebbe dieci figli che dopo scuola lo accompagnavano in città con la botte issata sul carrettino a vendere il vino sfuso, quando la città, enorme, tra le più grandi al mondo all’epoca, doveva dissetare i clienti di centinaia di osterie, taverne e trattorie. Giovanni fondò la vinicola Varchetta a Pianura.
Agli inizi degli anni ‘90 i giovani di casa, Gerardo Vernazzaro enologo e nipote della famiglia per parte materna, insieme con sua moglie Emanuela Russo e poi con Cristina Varchetta, pensano ad un progetto per l’utilizzo della casa di campagna di famiglia, nell’Oasi Naturale degli Astroni.
Coltivare la vite dentro una delle metropoli più urbanizzate del mondo non è per niente normale. Napoli, dopo Vienna, è la seconda città d’Europa per superficie vitata.
Gerardo e Emanuela trasformano il casolare di campagna in cantina e, nel 1999, nasce Cantine Astroni che nel 2024 ha celebrato 25 anni di attività . Il cambio di passo è avvenuto proprio con Gerardo Vernazzaro che è andato a studiare a Udine e, negli ultimi anni, si è aggiunta una nuova generazione (la quinta) con suo cugino, Vincenzo Varchetta, laureato in Enologia con esperienze di vendemmia un po’ ovunque nel mondo.
Negli anni, Emanuela ha intrapreso una diversa carriera ed è arrivata la cugina, Cristina Varchetta con alle spalle studi di marketing, comunicazione e hospitality management.
Gerardo, 47 anni nipote (dal lato materno) di Giovanni Varchetta, laureato in Viticoltura e Enologia a Udine, racconta: “Nel 1999 viene fondata Cantine degli Astroni come proseguimento naturale della storia vitivinicola della mia famiglia, che affonda le radici nel lontano 1891, quattro generazioni ed oltre un secolo nel mondo del vino, ed i primi 25 anni per noi della quarta generazione, per noi di Astroni. Una sera dell’agosto 1997 mi trovavo a Ibiza, solo di fronte al mare, decisi che avrei studiato viticoltura ed enologia a Udine e così fu. Nel 2000 la prima vendemmia completamente gestita da me”.
Gerardo è uno dei protagonisti della svolta enologica dei Campi Flegrei, con lui, una “ciurma” di giovani enologi, oggi tra i 40 e i 50 anni: insieme hanno rivoluzionato la percezione nel mondo della critica e dei consumatori della Falanghina e soprattutto del Piedirosso, vitigno difficile in campo e ostico in cantina. Una generazione che non si è limitata a ripetere quello che avevano fatto genitori e nonni, ma, ha studiato e ha saputo narrare il sapere straordinario di questi territori, facendo squadra, scambiandosi pareri e assaggiando i rispettivi vini.
L’enologo è un tipo pignolo e meticoloso. Dietro l’aria scherzosa e la vivace socievolezza da “folletto” delle vigne metropolitane, l’enologo ha reimpostato tutto il lavoro in vigna e in cantina, lavorando con una visione moderna e contemporanea dei due vitigni principe dei Campi Flegrei. Come ama ripetere: “I vini dei Campi Flegrei, vini precari, vini moderni da vitigni autoctoni antichi, vini salati, figli del fuoco e del mare”.
Vernazzaro, come tutti i produttori della sua età, viaggia molto e assaggia altrettanto. Legge tanto, si è cancellato dai social. Si è iscritto persino a Filosofia che gli fornirà quella visione umanistica necessaria agli iper specializzati di questi tempi.
Cristina Varchetta, 33 anni, dopo la necessaria gavetta presso la casa madre e altre aziende vinicole di nota, rientra in famiglia per occuparsi di comunicazione, ospitalità ed export. Cristina è votata all’azienda h/24, la passione traspira dagli occhi che brillano quando racconta di Astroni e dei suoi Campi Flegrei. Si deve a lei il cambio di passo dell’enoturismo nei Campi Flegrei: un solido zoccolo duro fatto di storia e tradizione, innestato su una visione moderna e contemporanea dell’accoglienza in un mondo del vino che oggi richiede una narrazione nuova, lontana da sofismi ed elucubrazioni sensoriali.
L’area dei Camaldoli, risale a 15.000 anni fa, periodo di formazione del Tufo Giallo Napoletano. Sulla sua cima si erge il complesso dell’Eremo dei Camaldoli, fondato da Giovanni d’Avalos nel 1585, progettato e realizzato da Domenico Fontana al posto di una già presente cappella dedicata alla trasfigurazione di Cristo e da cui prese il nome del S. Redentore. Vera e propria oasi naturalistica, la collina dei Camaldoli è coperta da circa 130 ettari di bosco, costituiti principalmente da castagni, talora affiancati da roverelle e frassini. I sentieri che si trovano lungo le pendici sono quindi principalmente all’ombra, fino all’approssimarsi della vetta, che sia, tramite percorso dell’Eremo, sia, tramite sentieri esterni ad esso, conducono ad uno dei più bei panorami di Napoli. Tra valore storico e naturalistico, l’intera area dei Camaldoli racchiude oltre che notevole fetta del confine dell’area flegrea, anche un immenso potenziale culturale ancora da scoprire.
Veniamo al vino, Tenuta Camaldoli – Piedirosso Campi Flegrei DOP riserva 2017.
Questo piedirosso riserva è ottenuto da un’accurata selezione di grappoli provenienti dai filari meglio esposti della vigna situata sul versante sud della collina dei Camaldoli, nel comune di Napoli, detta anche Vigna del Colonnello. L’annata 2017 è stata segnata da un andamento climatico caldo e secco, con temperature elevate già dalla primavera e precipitazioni molto scarse durante l’estate. Questo ha portato a una vendemmia anticipata, avvenuta manualmente nel mese di ottobre, con rese contenute, ma con uve di ottima concentrazione fenolica e aromatica.
Le uve, accuratamente selezionate, sono diraspate manualmente. La fermentazione avviene spontaneamente grazie all’azione dei lieviti indigeni, in tino tronco conico aperto di ciliegio, con follature manuali quotidiane. La temperatura di fermentazione è compresa tra i 22 e i 26°C. Non si eseguono chiarifiche, né filtrazioni, per preservare integralmente l’identità del vitigno e del terroir.
Il vino matura in legno di castagno materiale tipico della tradizione enologica partenopea, che apporta struttura e complessità senza coprire l’espressività varietale. Segue affinamento in bottiglia per almeno 20 mesi.
Tenuta Camaldoli, si trova sul versante sud della collina dei Camaldoli, interamente nel comune di Napoli. Il vigneto è costituito prevalentemente da uve Piedirosso disposte su più terrazzamenti e si estende per circa 3 ettari. Altitudine compresa tra 200 m e 290 m s.l.m. Terreno franco/sabbioso, il sito presenta orografia declive regolata da ciglionature ampie esposte a sud su matrice tufacea (Tufo giallo napoletano 15000 – 10000 anni fa) cui si sovrappongono strati piroclastici legati alle ultime eruzioni flegree comprese tra 5000 e 3500 anni fa. La vigna di Piedirosso, a piede franco, ha un’età di trent’anni circa ed è disposta a spalliera con architettura di guyot bilaterale e doppio capovolto.
Il cambiamento climatico sta investendo anche i Campi Flegrei: Gerardo Vernazzaro realizza pareti fogliari più alte, ha spostato in avanti il periodo di potatura, puntando tutto su vitigni autoctoni che sono i più resilienti e sulla selezione di materiale vegetale più resistente.
Il vino si presenta rosso rubino di bella trasparenza. Il naso è sottile e complesso, con evidente nota balsamica e chiare sfumature di erbe aromatiche (rosmarino). Sul fondo, frutta a polpa scura, ribes nero e mora. Toni minerali e un leggero richiamo floreale, completano il corredo aromatico. Al palato il tannino si caratterizza per eleganza, ben bilanciato con freschezza e sapidità. L’affinamento in legno non rovina la tipicità del vitigno. Il sorso è caldo e pieno con note sulfuree e tostate. Il finale chiude in un boost minerale, erbaceo e speziato. Il moderato grado alcolico (12,5%) è perfettamente integrato. A quasi otto anni dalla vendemmia, abbiamo un calice ancora integro, giovanile e brioso.
Una cosa è certa: se c’è un rosso che, più di tutti rappresenta la biodiversità del vigneto campano, è proprio il Piedirosso, un vitigno che si trova esclusivamente in questa regione e che rappresenta da sempre il vino di Napoli e dintorni, difficile in campagna, ostico in cantina.
Gerardo Vernazzaro ha creduto da subito nelle potenzialità del piedirosso, è riuscito a catturare e preservarne i profumi e a realizzare un vino moderno, essenziale, semplice, da abbinare gioiosamente a tavola con le persone del cuore. La semplicità non è però banalità, ricercarla è l’operazione più difficile.
Vernazzaro ha recuperato pratiche antiche basandosi sul sapere enologico moderno, senza sconvolgere la natura del piedirosso. La conoscenza enologica ha fatto la sua parte, ma, il segreto del successo del piedirosso sta nell’aver ricondotto il vino alla sua accezione più conviviale, senza “pippe” enoiche.
Lo abbiniamo allegramente sia, con la cucina terragna dei Campi Flegrei, bucatini con coniglio all’Ischitana, sia, con i piatti partenopei di mare con presenza di pomodoro, come i polpetti alla luciana.
I giovani di Astroni rappresentano quella svolta generazionale che, con successo, ha saputo cambiare rotta, in un territorio che combatte ogni giorno “dal cielo più limpido, al suolo più infido” (Goethe, Viaggio in Italia).
Via Sartania 48 – 80126 Napoli.
Tel. 0039.081. 5884182. Fax 0039.081. 5889937. [email protected] – www.cantineastroni.com –
Ettari totali:25 Bottiglie totali: 180.000. Vitigni: Falanghina e Piedirosso. Enologi: Gerardo Vernazzaro e Vincenzo Varchetta.






