Château d’Yquem seduce Napoli grazie a Blend 75


Luigi Scala, Tommaso Luongo, Christian Roger

Luigi Scala, Tommaso Luongo, Christian Roger

di Adele Elisabetta Granieri

Quando furono degustati dal primo presidente degli Stati Uniti, George Washington, i vini di Yquem avevano già una lunga storia alle spalle. Tutto ebbe inizio nel 1453 quando l’Aquitania, in precedenza inglese, venne conquistata dalla Francia. Un secolo dopo, un nobiluomo locale di nome Jacques Sauvage si vide assegnare il feudo di Yquem, divenendo così il primo di una lunga serie di esperti viticoltori in questo straordinario terroir denominato Sauternes. Château d’Yquem ricevette il prestigioso titolo Premier Cru Supérieur nel 1855. Da quel momento venne riconosciuta la straordinarietà di questo vino dolce, che famiglie Sauvage e Lur Saluces coltivano da oltre 400 anni. A partire dal 2004 la conduzione è stata affidata al manager Pierre Lurton, per volontà del gruppo LVMH, azionista di maggioranza dal 1999.

Yquem

Yquem

Un evento esclusivo organizzato da Blend 75, creato da Francesca Pisacane e Luigi Scala, con la partecipazione di monsieur Christian Roger, export manager di prestigiose realtà vitivinicole mondiali e profondo conoscitore della Francia e dei suoi vini più pregiati, ha portato a Napoli l’allure di questo iconico Château. E lo ha fatto con una degustazione di vini rari, messi in commercio in casse da 6 bottiglie, prodotti dall’assemblaggio tra diverse annate. Un’idea nata nel 2005, quando si scelse di non rivendere come sfuso il contenuto delle barriques non selezionate per divenire millesimi, ma assemblarlo – secondo la maestria di Yquem – e concederlo ai dipendenti del gruppo ad un quinto del normale prezzo di una vintage. Per garantire la continuità dell’eccellenza, infatti, lo Château imbottiglia solo le annate in cui il risultato della vendemmia soddisfa i rigidissimi requisiti di qualità.

103 ettari di Sémillon e Sauvignon Blanc (anche se il disciplinare permette anche l’uso del Muscadelle) beneficiano del microclima eccezionale che consente la creazione del miglior vino bianco dolce del mondo. La piccola enclave di Sauternes, nelle Graves, a sud-est di Bordeaux, vede l’incontro tra le fredde acque del piccolo fiume Ciron, con le acque più calde della Garonna, che favoriscono il formarsi di fitte nebbie che ricoprono i vigneti e consentono lo sviluppo della Botrytis Cinerea, un fungo della famiglia Sclerotiniaceae che ricopre le uve di quella che viene chiamata muffa nobile: attacca l’acino dall’interno, provocando una complessa reazione chimica e fisiologica. L’acqua contenuta negli acini evapora e si arricchisce di zuccheri, glicerina e pectina, ma al contempo concentra e sviluppa acidità. La vendemmia delle uve botritizzate avviene per selezioni successive, e si sviluppa su più settimane, anche più mesi, rigorosamente a mano, acino per acino.

Yquem

Yquem

Non si può parlare di Yquem come di un vino dolce, in quanto le sue caratteristiche di complessità e struttura lo rendono un vino fuori categoria, tanto da dimostrarsi molto più adatto ad abbinamenti con pietanze salate. Château d’Yquem non è solo un Sauternes, ma è il Sauternes. La storia della denominazione, infatti, si può quasi far coincidere con quella di Château d’Yquem, che da sempre ne ha costituito la massima espressione.

In degustazione i sei campioni che compongono la cassa firmata Yquem, etichettati in sequenza dal numero 1.

Yquem

Yquem

Sauternes “1” – imbottigliato nel 2014, composto da 4 lotti scelti tra i millesimi dal 2010 al 2013: si apre al naso con note di miele di castagno, frutta secca tostata, torba e sottili richiami di pietra focaia. Il sorso è intenso e pieno, avvolgente e materico, con una buona freschezza a bilanciare la decisa dolcezza.

 

Sauternes “2” – imbottigliato nel 2016, composto da 5 lotti scelti tra i millesimi dal 2010 al 2014: il naso è poco definito, quasi sfuggente, tra le note di arancia bionda e corteccia e il sorso è meno incisivo rispetto agli altri campioni. È il blend che convince meno, sia per la pulizia dei profumi, che per struttura.

 

Sauternes “3” – imbottigliato nel 2017, composto da 4 lotti scelti tra i millesimi dal 2011 al 2016: profumi di albicocca disidratata, scorza d’arancia e zafferano e profondi richiami di cenere, erbe officinali e sottobosco anticipano un sorso pieno, carnoso e lungo, ben bilanciato tra freschezza e materia. Ha la stoffa del grande vino.

 

Sauternes “4” – imbottigliato nel 2017, composto da 3 lotti scelti tra i millesimi dal 2011 al 2016: si apre al naso nel segno della dolcezza, con note di arancia candita, albicocca disidratata, miele di acacia e mandorla, per poi lasciare spazio ad una sottile vena iodata. Il sorso è fresco, ma pecca leggermente in consistenza e lunghezza.

 

Sauternes “5” – imbottigliato nel 2019 e composto da 3 lotti scelti tra i millesimi dal 2014 al 2016: qui il bouquet olfattivo si fa particolarmente interessante: arancia amara, frutta essiccata e zafferano si arricchiscono di nounces iodate e salmastre, muschio ed erbe officinali. Il sorso è pieno, carnoso e slanciato, in equilibrio perfetto tra acidità e materia, lunghissimo. Ha la stoffa del grande vino.

 

Sauternes “6” – imbottigliato nel 2020 e composto da 4 lotti scelti dal 2014 al 2019: si muove su note di albicocca disidratata, miele di acacia ed erbe aromatiche, con soffusi richiami di cenere di sottofondo. Il sorso ha dalla sua la freschezza della gioventù, ma pecca leggermente in complessità e struttura.