Cucine da incubo: i clienti odiano i ristoratori, i ristoratori ignorano i clienti


Due clienti non proprio facili….

di Marco Contursi

Cucine da incubo? Sono sincero, scrivere i due ultimi articoli sul rapporto ristoratori-clienti è stato per me molto istruttivo. Mi riferisco a quello sulle ragioni che ostacolano il lavoro di ristoratore e a quello sulla miopia di certi atteggiamenti dei proprietari di ristorante, cucine da incubo per capirci.
Pur avendo io come responsabile di alcune associazioni gastronomiche un punto di vista privilegiato, della situazione, non mi ero mai reso conto che persone i cui interessi dovrebbero convergere, in realtà siano lontani mille miglia. A qualcuno, le cose che seguono potranno apparire scontate ma se davvero lo fossero, il rapporto non sarebbe cosi conflittuale. E credetemi, ho visto persone da clienti dire cose e dire l’opposto una volta divenute ristoratori.

 

Vediamo insieme alcuni passaggi importanti:

Da avventore, mi resta in mente il ristorante che mi offre un limoncello (o altro) piuttosto che il ristoratore che me lo fa pagare; il ristorante che arrotonda il conto piuttosto che il ristorante che non lo fa. Credo sia cosi per tutti! Pertanto, mettendomi nelle vesti del ristoratore, che certamente conosce questa regola, perchè non comportarsi di conseguenza?”

E proprio dal tono delle risposte che ti rendi conto che i ristoratori considerano la propria attività solo strutture di vendita piuttosto che strutture di servizi.”

“La nuova generazione di ristoratori di grido , spesso, non riesce a capire che per quanto importante sia il loro locale , il cliente lo è di più , i rapporti umani , sui quali il mondo intero poggia, sono un obbligo anche per loro…”

Aggiungo una piccola considerazione: se volete qualcosa, pagatela. “

“Oggi fare la ristorazione non è facile, ci sono sia ristoratori furbi, ma le assicuro anche tantissimi clienti ancora più furbastri”

“Non basta i costi di gestione che ci ha imposto uno stato ladrone e incompetente ma dobbiamo anche difenderci da clienti che per solo il fatto che pagano si credono tutti dei critici della gastronomia…”

Posizioni palesemente distanti, riassunte da un amico ristoratore con la frase “oggi è dura ma non pensavo i clienti ci odiassero tanto”.

E in effetti i 60 commenti avuti in poche ore (oggi siamo a quota 83) al pezzo sui ristoratori maldestri rispetto ai 15 commenti a distanza di due giorni a quello su quanto sia dura avere un ristorante, la dice lunga….le persone aspettavano l’occasione per scagliarsi contro una categoria che forse troppe volte si chiude a riccio senza capire oggi cosa si aspetta il cliente.

Dico oggi, poiché un primo effetto della crisi è che si va a mangiare fuori di meno e quindi se quella volta che uno va, si intossica, passeranno diversi giorni prima che un’altra cena, cancelli il ricordo negativo della precedente.

Oggi poi, si da un valore maggiore al denaro e quindi se un tempo non si faceva caso a pagare un piatto con 3 fette di prosciutto e un bocconcino 15 euro, oggi la cosa suscita nel cliente un enorme fastidio.

Quindi due prime considerazioni: Qualità e buon rapporto qualità-prezzo. Entrambi imprescindibili per soddisfare un cliente oggi. E la qualità non è solo nel cibo ma nell’offerta in generale, ossia personale garbato e professionale, ambiente pulito, bagni degni di tale nome (è mai possibile che trovare un bagno che abbia sapone-carta-asciugamani elettrico funzionante sia cosa, non così ovvia?).

Per avere un buon rapporto qualità-prezzo i conti bisogna farli prima di aprire, non dopo, pensando di risolvere le passività aumentando i prezzi. Ovvio, dirà qualcuno. Credetemi, c’è chi apre un locale senza neanche sapere quanto costa un chilo di pane o quanti caffè devi fare per pagarti il dipendente che li fa.

Far sentire amato il cliente: per chi fa un lavoro in cui deve essere scelto ogni giorno, è fondamentale che il cliente si senta coccolato. Bisogna uscire dalla visione strettamente commerciale, palesata da molti ristoratori nei commenti ai pezzi di cui sopra, per cui tu mi dai soldi-io ti do cibo. Questo può essere valido per una colazione di lavoro, dove io devo sfamarmi in poco tempo, ma il cliente che viene a cena la sera, magari per festeggiare un momento per lui importante, DEVE sentire che la sua felicità e benessere durante la cena è in carico al locale che ha scelto. Senza se e senza ma. E se i clienti quella sera sono 50, deve essere così per tutti, sennò non si prendono 50 clienti perché di sicuro non li vedrai più.

Avere un locale vuol dire sì gestire una impresa, ma che a che fare con lo svago, il piacere di una persona e quindi non può seguire le stesse logiche di chi vende tubi di ferro o mattonelle. Così pure nel campo medico.

Un ristorante, una clinica, non possono essere gestiti con lo stesso cinismo crudo di chi vende un secchio di pittura o un pacco di carta igienica, poiché hanno a che fare, spesso, con qualcosa di più profondo. Non so se riesco a trasmettere bene quello che sento ma credo sia importante. Una cena spesso è associata ad altro, a un momento insieme alla persona amata, a un evento importante della propria vita, e ognuno vorrebbe fosse unico e indimenticabile.

Ora qualcuno si arrabbierà, ma io proprio non capisco da un punto di vista del piacere, che senso abbia andare in certi mangifici dove devi, Aspettare-Consumare in Fretta-Andare Via…..lì sei solo un numero, non un essere umano che semmai ha fatto un sacrificio per venire lì, e che ti dedica tempo e denaro chiedendo in cambio tempo e piacere. E molti la pensano come me, soprattutto quando si rivolgono a un ristorante e non a una pizzeria, dove necessariamente il pasto dura meno.

D’altro canto,visto che come ho detto sopra, l’interesse di cliente-ristoratore è convergente, ossia la soddisfazione di chi viene, e quindi ritorna, il cliente deve mettere il ristoratore nella condizione migliore di lavorare, prenotando, palesando subito eventuali pietanze non gradite, rispettando i tempi del servizio e chiudendo un occhio su eventuali mancanze soprattutto se prontamente risolte.

Sembra facile e banale, ma credetemi non lo è. E la crisi, sempre più nera, sta facendo una selezione spietata di chi non ha capito questi pochi, semplici ma non sempre assimilati e messi in pratica, concetti. Eppure, io credo, che solo il food unito al turismo possa salvare l’Italia dalla debacle totale. Proprio oggi, è il giorno giusto per dare una svolta al proprio ristorante. Domani potrebbe essere tardi…

P.S.

Mi piacerebbe si aprisse un dibattito garbato su quanto scritto sopra, tra ristoratori e clienti. Credo sia utile a tutti. Prego solo di leggere più di una volta quanto ho scritto perché potrei non essere stato cosi chiaro come avrei voluto. Non è stato facile per me tradurre in parole delle emozioni. Per me la cucina è sempre stata altro e oltre rispetto a quello che ho nel piatto….è stata la mia Madeleine…..il mio Prozac….parte integrante della mia vita….sicuramente non tanto come avrei voluto.

21 Commenti

  1. Secondo me è solo questione di numeri, il cliente che ragiona così come descritto nell’articolo, rappresenta si e no il 10% del totale della gente che mangia fuori, questo 10% ha cultura enogastronomica apprezza tutte le sfaccettature, e le conosce, di un ristoratore professionista ed ha le giuste aspettative qui sopra ben evidenziate. Tutto questo però potrà trovarlo solo in un 10-15% dei ristoranti, per gioco forza, perchè c’è tanta improvvisazione e la storia ci consegna sempre esempi di ristoranti che lavorano tantissimo solo per location e/o moda dove il cibo è forse all’ultimo posto. Va da se che il comparto crescerà solo parallelamente ovvero aumentando la preparazione del cliente ( e dei clienti preparati) che premierà il professionista in grado di soddisfare le aspettative e con il bagno pulito e funzionante prima della vista mare/lago/montagna. Il nostro paese non è famoso per essere meritocratico, forse perchè in qualche modo la meritocrazia è una forma di cultura, materia che in Italia scarseggia abbondantemente!

  2. Concordo su quello che scrive sulla meritocrazia ma vedo un po’ di luce….oggi!per fortuna vanno alla grande le pizzerie che fanno qualità non solo quelle in riva al mare.

  3. Scrive un lettore su facebook:”Molto difficile trovare un locale che ti lasci un buon ricordo,hai sempre la sensazione che siano li per metterti le mani in tasca “……Perché dice così????

    1. Marco in merito a quanto riporti. “”Molto difficile trovare un locale che ti lasci un buon ricordo,hai sempre la sensazione che siano li per metterti le mani in tasca “……Perché dice così????”

      Con un copia/incolla riporto quanto scritto in un mio post a questo link: https://www.facebook.com/groups/comevenderealmeglio/

      “L’ATTO DI ACQUISTO DI UN CONSUMATORE E’ SOPRATTUTTO UN ATTO DI FIDUCIA VERSO IL VENDITORE!!!

      L’idea, mediamente generalizzata, hanno i consumatori verso la figura del venditore è quella di un “imbroglione”.
      In tutte le aziende all’avanguardia che investono in conoscenza gestionale, è sempre più consolidata la consapevolezza che sul mercato moderno non competono solo dei prodotti, ma soprattutto dei “messaggi” inviati ai consumatori.

      In questa ottica, i prodotti con la loro utilità e qualità, gli spazi della vendita e gli operatori avvolti dalla loro “aura” reputazionale diventano tutti attori, che sul “Palcoscenico” del mercato recitano il contenuto di un copione la cui “credibilità” spesso è messa in discussione.

      Il successo imprenditoriale è dato soprattutto dalla costruzione della propria reputazione, che raggiunge il suo apice solo dopo alcuni anni, per cui prima si inizia meglio è (soprattutto apprendendo il come fare ciò, nel migliore dei modi), e se si arriva prima dei propri concorrenti è ancora più vantaggioso. Tenendo conto che essa è difficile da conquistare, ma facilissimo da perdere.

      C’è da dire che la reputazione è un concetto alquanto astratto, molti potrebbero non cogliere su quanti e quali elementi agire per la sua costruzione, perché vi sono elementi vicini, direttamente collegati a noi e alle nostre azioni, e quindi facili da cogliere, ed elementi più o meno distanti difficili da individuare, ma che comunque influenzano la nostra immagine e costruzione della fiducia nei consumatori.

      La costruzione dell’immagine aziendale e quindi, la reputazione, è un’attività costante fatta di impegno aperto al miglioramento (ovviamente, visto nella prospettiva dei consumatori), supportato da un continuo monitoraggio sull’opinione che la gente si forma!
      Avere successo oggi vuol dire anche questo! (soprattutto in ambito eno-gastronomico)”.

      Molti ristoratori non si preoccupano di ciò che il cliente prova quando varca l’uscio del proprio locale, tra i tanti, questo è uno dei problemi più frequenti.

  4. Per quel che mi riguarda i ristoratori dovrebbero investire di più sul personale in sala, il sorriso , le capacità professionali e la cultura dell’accoglienza dovrebbero essere alla base di ogni luogo che si chiama trattoria ristorante osteria o pizzeria, troppi volti inutili servono ai tavoli e troppi menù vengono recitati come una poesia di terza elementare (o alimentare).
    Un metre o un cameriere che lavora con passione ed ha uno spessore culturale riesce tranquillamente a fronteggiare un cliente arrogante e finto sapientone o a cospargersi il capo di cenere se c’è stato un disguido.
    Credo che bisognerebbe iniziare da qui, ancora oggi troppi o quasi tutti i ristoranti hanno in sala persone che non sanno nulla di tutto questo, spesso per convenienza (economica) e qualche volta per ignoranza.
    Saluti e baci dal mare.

  5. Gentile Marco, mi sembra davvero un articolo ben fatto , offre spunti di riflessione importanti , ha dato voce ad un rapporto , quello tra ristoratori e clienti per Ospiti ormai al trapasso tra un vecchio e consumato modalita’ di agire e una nuova moderna prospettiva. Mi auguro davvero vivamente che questo cambiamento questa nuova e moderna visione avvenga prima possibile e che si diffonda in larga maggioranza. Anzi Le diro’ di piu’ , credo che nel mio ristorante dedichero’ uno spazio a parete per il suo articolo . Grazie infinite.

  6. Ristoratori e clienti, due visioni opposte che si incontrano con difficoltà!

    Spesso il ristoratore medio fa uso di un pensiero semplice, vive alla giornata, ovvero “qui la pezza e qui il sapone”, oppure “meglio l’uovo oggi che la gallina domani”. Pochi capiscono che qualsiasi atto di acquisto è preceduto da una relazione primariamente interpersonale, basata su dimensioni psicologiche, più essa è piacevole e più l’atto d’acquisto viene percepito gradevole. Al di la della mera funzione materialistica, che assolve il bene in questione, è come se vi si aggiungesse maggiore valore alla merce, oggetto di scambio, per cui a volte il cliente è disposto a pagare anche un piccolo extra.

    E’ inutile dire che, più un atto di acquisto è soddisfacente e piacevole, più tende a ripetersi nella stessa modalità quando maturano le opportune condizioni. Detto in parole semplici, una relazione interpersonale piacevole ha più possibilità di essere ricordata dal cliente, e questo fa sì che il cliente ritorni nel locale in questione con maggiore probabilità.

    Poiché le scelte nella vita di ognuno di noi originano dal proprio modo di pensare, (e questo a sua volta origina dal proprio intelletto), è pur vero che per risolvere certi tipi di problemi occorre una riflessione più profonda e una conoscenza appropriata della situazione in questione.

    Solo per citare qualche esempio.

    In molte occasioni, quando pongo la domanda: “in che cosa clienti e ristoratori sono diversi tra loro?”, quasi nessuno sa rispondermi.

    Mentre nelle occasioni in cui pongo la domanda: “qual’è l’unico e valido motivo per cui, io come cliente, devo preferire te come ristoratore, rispetto a tutti gli altri?”. La maggior parte di chi riesce a dare una risposta, mi parla di prodotti di qualità, senza rendersi conto che se tutti parlano di qualità, il cliente nel fare la sua scelta si trova ad affrontare lo stesso dilemma.

    Spesso il ristoratore si limita ad osservare la clientela con gli “occhiali” di chi è preso dalle molteplici problematiche, insite al proprio lavoro, e quindi, pare che sia in cerca di un pizzico di “comprensione”. Cosa che non coincide con la prospettiva del cliente che, con l’idea di rifugire dai “problemi” giornalieri, è disposto a pagare con la promessa che si “diverta”.

    A mio avviso, per un ristoratore che ambisce a “riempire” la propria sala anche in settimana, ignorare queste differenze, comporta il grave rischio di non comprendere a fondo i bisogni dei propri clienti. Questo porta il ristoratore ad essere “nemico” del cliente.

    Il cliente medio della ristorazione locale, ha scarsa competenza in gastronomia, fa uso di un pensiero semplice per valutare le cose che lo circondano, alimenta la mediocrità dell’offerta, per lo più basata sulla quantità al minor costo e spesso si aspetta più di quanto effettivamente gli è dovuto, rispetto a ciò che paga. Inoltre, il cliente quasi mai sa esattamente cosa sia la qualità, ma sa benissimo ciò che per lui non lo è. In genere (anche se trattato secondo le formalità dettate dalla letteratura del settore), il cliente è disposto a concedere un solo errore, difficilmente farebbe una seconda concessione, a patto che esso sia risolto con abilità per renderlo il più favorevole possibile. Questo porta il cliente ad essere “nemico” del ristoratore.

    Secondo voi, quale cliente è disposto a comprarsi i problemi del proprio ristoratore? Di sicuro, nessuno!

    Detto ciò, che dire di più?

    Da un’attenta analisi, in tutto ciò che è detto da te, Marco, e in ciò che ho aggiunto io, si capisce che il problema maggiore non si presenta in ciò che è nel piatto in se, ma si evidenzia nella dinamica relazionale, spesso molto difficile, tra il cliente ed il ristoratore. In più casi si avverte una forte asimmetria di competenze tra cucina e sala. In proposito a ciò mi sento di dire che il “Know how” detenuto dalla maggior parte dei ristoratori è insufficiente per risolvere queste divergenze in tempi di crisi. I tempi sono maturi per porvi rimedio, con aggiornamenti e formazione del personale, contrariamente sarà la mano invisibile del mercato a fare la “selezione naturale”.

  7. Ospite ad una festa del 18° compleanno ai Bagni S. sul litorale di Salerno?
    Facevo bene a starne lontano, solo un’orribile esperienza organizzativa, ancora peggio il servizio in sala!!

    Inizialmente avevo deciso di non scrivere nulla in merito, ma ricevendo il feedback di altri ospiti, e la coincidenza di questo blog lo stimolo a parlarne è forte.

    Ecco una mia personale esperienza serale di soli due giorni fa, in un locale con piscina in riva al mare dall’ambiente alquanto piacevole, da potersi definire di fascia media, situato sulla strada del litorale tra Salerno e Capaccio.

    A poca distanza di una bella piscina, i tavoli (rettangolari da 6, da 8 e da 10 posti), sistemati uno dopo l’altro, a fila indiana erano disposti tutti sul lato sinistro rispetto all’ingresso (dopo capirete perché l’attenzione sui tavoli), al primo prendevano posto gli ospitanti, dal secondo in poi prendevano posto i parenti, infine, a partire dal settimo tavolo in poi, molto distante dal buffet, sedevano i ragazzi, amici del festeggiato, . (totale ospiti circa 100)

    L’organizzazione del servizio (con 5 camerieri), seguiva più stili:

    – per i parenti, l’antipasto ed il secondo erano serviti con stile all’italiana, mentre il primo con stile all’inglese.

    – per ragazzi era previsto il servizio a buffet, che purtroppo era dislocato nei pressi del primo tavolo, (ed ecco presentarsi il primo problema abbastanza grave). Questo ha fatto sì che i parenti, non sapendo della specifica destinazione delle vivande, stavano quasi “saccheggiando” il buffet, se non fosse stato per l’intervento di un “cameriere” che avesse avvertito di non toccare perché riservato, agli amici del festeggiato sarebbe rimasto quasi nulla da mangiare. Questo problema poteva essere risolto con grande facilità, nel momento dell’invito a sedersi attraverso il microfono, bastava informare con chiarezza gli ospiti. Oppure potevano dislocare il buffet nei pressi dei tavoli destinati agli amici. Evidentemente è difficile pensarci.

    Al di la della consueta priorità di servita rivolta alle donne, che non è stata minimamente rispettata, mentre avevamo iniziato a mangiare, i camerieri impegnati nelle varie portate di verdure dell’antipasto, il pane era già finito, perché in numero inadeguato rispetto ai commensali, mi è toccato fare richiesta di ulteriore pane a ben 4 camerieri diversi, senza ottenere nessuna risposta in 15 minuti. Da premettere che il 4° cameriere, al formulare la mia richiesta, mi ha guardato quasi con aria minacciosa.
    Insomma per avere del pane ho dovuto rivolgermi al 5° cameriere, deviandolo dalla consegna di pane ad un’altro tavolo. Perché deve essere così difficile procurarsi del pane in un locale del genere?

    Il padre del festeggiato (il pagatore del conto), in piedi a qualche metro da me, nel fermare un cameriere (il 4°, lo stesso dello sguardo minaccioso), per fargli delle richieste, appoggia la mano sul suo braccio, da questo, con sguardo minacciose e tono di ghiaccio, si sente dire: “mi tolga le mani di dosso”. Questa gente non dovrebbe fare questo lavoro, ma neanche chi l’ha scelto per metterlo lì.

    Il vino, una falanghina, servita al tavolo senza un cestello porta-ghiaccio, al punto che, o lo bevevi subito, oppure diventava un brodo, visto che eravamo all’aperto e in piena estate.

    Molti parenti, mentre erano a ballare, si son trovati i loro piatti non ancora consumati, rimossi dal tavolo. Perché tutta questa fretta, non potevano aspettare per chiedere se potevano spiazzare?

    Lo spumante versato in anticipo nei bicchieri posti su un tavolo accanto al buffet, per poi essere servito ai tavoli dopo circa 50 minuti, vi lascio immaginare, oltre che caldo, (si precisa che la temperatura di servizio dello spumante è 8°, e non 26°), di bollicine non c’era traccia alcuna. Allora perché sprecare uno spumante, non era meglio servire un vino bianco qualunque?

    Ed ecco la “ciliegina”: dopo il taglio della torta a bordo piscina, essa viene servita al tavolo nei piatti di plastica monouso. Mi chiedo, ma questi sono talmente improvvisati al punto da non rendersi conto che quello proprio non era un pic nic?

    L’unica e sola nota positiva va allo chef, per aver preparato, tra primo e secondo, dei piatti eccezionali, a cui mi sento di suggerire di cambiare locale, perché la sua reputazione è seriamente a rischio.

    In tutto questo non c’è nessuna esagerazione da parte mia, tutto ciò è realmente accaduto o a me o sotto i miei occhi.

    L’arte dell’arrangiarsi e dell’improvvisazione nel settore gastronomico appare chiara ed evidente, anche agli occhi degli inesperti, figuriamoci quando si possono osservare tutta una serie di cose che non vanno per il verso giusto. Il mio consiglio per chi del settore non è, e vorrebbe entrarvi, prima di fare danni all’economia e alle proprie tasche, è bene informarsi, documentarsi e soprattutto formarsi, altrimenti è meglio lasciare spazio a chi sa fare bene il proprio lavoro, la gastronomia locale ne guadagnerà di prestigio sicuramente.

  8. Salve, ho letto l’articolo e sono concorde con quello che il Signor Marco ha scritto, sono una ristoratrice da circa 9 anni, ma prima di essere tale, sono anche cliente, in quanto nel mio giorno di chiusura, vado sempre a cena fuori, per rilassarmi e godere di una bella serata all’insegna del buon cibo e di una buona compagnia,ma non sempre le miei aspettative vengono appagate. Cerco di essere sempre abbastanza obbiettiva con me e con gli altri, essendo una persona esigente a tavola, quando entro in un locale, inizio a vedere l’accoglienza, l’attenzione per il cliente, la pulizia, le tovaglie, la mise en place, il cibo, il vino e alla fine faccio un reso conto finale del rapporto qualità prezzo, il più delle volte c’e’ solo il prezzo. Purtroppo i ristoratori sono tanti ma effettivamente non tutti sono in grado di fare questo lavoro, come leggevo nell’articolo è vero che il piu delle volte il cliente è un numero, poca attenzione, e poca garbatezza, ne ho sentito di stupidaggini a tavola riguardo al cibo, per non parlare del vino meglio lasciar stare, perchè chi non sa mangiare figuriamoci se sa bere.e spesso ci sono ristoratori che fino ad ieri hanno mangiato quattro salti in padella e da un momento all’altro fanno i ristoratori. Beh per fare il ristoratore c’e’ bisogno di conoscenza, c’e’ bisogno di informazione e sopratutto di confronto e anche di una bella messa in discussione quasi quotidiana. Da ristoratore cerco di carpire, tutto quello che a me non piace quando vado in un locale, per evitare di fare gli stessi errori a tavola, tempo fa misi un annuncio cercando del personale in sala, in quanto la sala l’ho sempre voluta gestire personalmente, non è facile trovare del personale qualificato, ho fatto stage a ragazzi che stanno all’istituto alberghiero, ma sono una frana, devi stare continuamente a spiegare cose che loro dovrebbero già sapere, cmq, venendo all’articolo scrissi ” Ristorante sito in ……cerca ragazzi di bella presenza, con una buona cultura generale e che non siano camerieri, per svolgere un lavoro di accoglienza e di servizio ai tavoli” ….. vi chiederete com’e’ andato l’esito, vennero persone miste, molti bruttarelli, goffi, qualcuno con esperienza, ma non facevano per me……. con questo che voglio dire, la prima cosa secondo i miei parametri da ristoratore:
    1-avere un personale professionale, garbato,colto e di bella presenza, un bel cameriere che ti accoglie con un sorriso, e che abbia una bella presenza già ha fatto una parte del lavoro,
    2- il cliente deve stare al centro dell’attenzione, perchè se ha scelto il mio locale per trascorrere la sua serata, io devo fare in modo che rimanga nella memoria dei suoi ricordi.
    3- cibo di qualità, cucinato e presentato bene.
    4- spiegare a tavola durante il percorso cosa stanno mangiando, ed acculturarli, non tutti i clienti sono esperti di cibo,ma hanno una bella curiosità, se gli fai capire perchè scegli un prodotto al posto di un altro loro ti ringraziano per le spiegazioni.
    5- l’ambiente deve essere accogliente, pulito e rilassante,
    6- nel mio locale, viene sempre offerto il digestivo, tranne il rum.
    7- faccio sempre uno sconto sul conto finale.
    Con tutti questi punti voglio dire che i miei clienti mi scelgono perchè vogliono trascorrere una bella serata, mangiando bene e rilassandosi, ma i clienti non sono tutti uguali, c’e’ anche gente che nonostante hai tutte le carte in regola, vogliono sempre criticare, inoltre non si rendo conto di quello che stanno mangiando, dove si stanno sedendo.
    In queste sere sono venuti una coppia di anziani, hanno mangiato una pizza, ed hanno trascorso una bella serata, spendendo molto poco. Il signore mi ha ringraziato perchè ho offerto loro una grappa aromatizzata, ed un caffè, ma prima di andare via mi ha detto: ” Signora qui posso venire con mia moglie ma già i miei amici, non li posso portare perchè loro non badano al posto, alle belle tovaglie che avete, agli asciugamani che avete nel bagno che mi hanno colpito molto, loro badano solo a risparmiare e anche se mangiano male, e stanno nel caos,non ci badano, per loro pagare il coperto a tavola, non esiste, loro vanno a mangiarsi la pizza da asporto.
    Voglio concludere dicendo che un bravo ristoratore è colui che ti fa sentire speciale in quella serata che ti ha scelto.
    Ma non tutti i ristoratori siamo uguali, e la stessa cosa vale peri clienti, nella vita c’e’ sempre bisogno di incontrarsi a metà strada.
    Grazie per l’attenzione

  9. Non c e che dire,gli articoli pongono all attenzione molti argomenti,interessanti e che meriterebbero focus e molte sessioni.io sono un “addetto ai lavori” potrei dire che mi pongo da tramite tra il ristoratore ed il cliente, sono un cuoco con una buona esperienza ed una buona cultura.ma il mio punto di vista e’ parziale, relativo alla parte sensoriale del gusto, un pezzo di quel complesso emotivo cosi ben descritto che fanno scegliere un desco piuttosto che un altro.c e’ una ristorazione di massa che a condizioni piu o meno accettabili riesce a soddisfare il bisogno primario dell alimentazione c e poi una ristorazione fatta di aspetti qualitativi piu alti e con aspettative maggiori.io credo che anche ristoratori ” illuminati” debbano necessariamente concorrere alla definitiva emancipazione culturale della categoria.mi spiego’ :non pretendo il tristellato in ogni contrada ma che il settore middle svolga,appieno, il salto di qualita’.la cucina italiana gide di appeal perche’ ha forti cucine regionali ma quanti ristoratori sanno che bagnoli irpino non e’ solo scorzone ma superbi pecorini? oppure quanti cultivar di mele ci sono nel cilenti? e continuando quante e qualu dop olearie esistono in campania? oggi il ristoratore deve smettere il suo vecchio ruolo di quadratore di conti e acquistatore eccellente e diventare un professionista dell accoglienza, hanno bisogno di formazione,sic et sempliciter.a me cuoco la sfida globale ha imposto formazione continua e la laurea in tecnologie alimentari .io provo ad anticipare i tempi e dare del valore aggiunto i ristoratori cosa offrono? spesso diciamo che i clienti sono difficili ineducati e tendenti al ridparmio.io penso che.sia compito degli addetti ai lavori trasferire saperi, e riguardo alle pietanze, e alla loro storia, e al vino; in una regione cosi ricca di vitigni autoctoni.credo anche che la formazione deglu studenti dell alberghiero sia sufficiente, dal punto di vista teorico, con significativi ampliamenti di cultura generale.va da se che la parte pratica vada svolta in azienda ed abbia bisogno di tanta esperienza.pretendere da uno studente del terzo anno un perfetto chef de rang e’ la misura di come il ristoratore metta sulli stesso piano capitale umano e capitale materiale che so un abbattitore.allora faccio una proposta: la categoria, sempre al netto dei parvenue, deve fare sistema, darsi codici e standard di offerta e funzionamento, c e bisogno di formazione per ogni figura professionale impegnata nell impresa.stage, cirsi articolati, job in progress,esperienze extraziebdalu,tirocini,abilitazioni,esami, professionisti docenti.insomma elevare a qualita’ uno degli aspetti piu importanti dell offerta turistica nazionale.

    1. caro Carmine, come pensi di essere credibile (cuoco di buona esperienza e cultura, formazione continua e laurea in scienze alimentari!) quando il tuo post è infarcito di errori ed orrori letterari. Se rispetti, come dici, i tuoi clienti….non credi di dover rispettare anche chi ti legge su questo blog?
      ps. lascia stare le citazioni in latino…non sono il tuo pane.

  10. Ricordi d’infanzia; quando andavo a pranzo fuori con genitori e fratelli era una festa,un rito;l’occasione per assaggiare cose buone offerte dall’oste e sua moglie, amici del babbo.Oggi andare al ristorante è diventata un’avventura non sempre a lieto fine e la delusione è spesso in agguato, la maleducazione una costante accompagnata da cibo pessimo o cucinato male, nella totale indifferenza di chi continua a ripetere che è tutto buono.
    Un consiglio fraterno: fate come me che da qualche anno mangio solo da Giovannino al borgo, cioè casa mia.

  11. Sono completamente daccordo vivo a madrid e quando vado in italia una delle cose che mi sorprenre e la poca amabilita di alcuni ristoratori

  12. Chef mi perdonerai ma la ristrettezza di una tastiera di cellulare e la posizione non comoda possono generare errori in un post scritto di getto
    .Ma dobbiamo discutere di consecutio temporum o dei mali della categoria?

  13. credo che gran parte dei “mali della categoria” nascano dalla ridotta capacitá economica dei clienti….negli anni ruggenti non si badava a spese. Ora, giustamente, sono molto più attenti a quello che trovano nel piatto, all’ambiente e servizio. Pagano con soldi che fanno più fatica a guadagnare e trasmettono, IMHO, questa loro fatica nell’aspettativa di qualitá e cura per la serata.

  14. Puo’ essere una interpretazione, sicuramente la ridotta capacità di spesa tende ad eliminare i cosidetti beni voluttuosi.Di fronte a questo scenario ,ed estremizzando, la ristorazione diverrebbe esclusiva?E dunque per la massa solo pizzerie fast food e finger food?Quello che mi interessa sottolineare è perchè di fronte ad un fenomeno così macroscopico,impoverimento generale, i ristoratori fronteggiano la crisi continuando ad acquistare dalla grande distribuzione(Marr,Pac Food etc) filoni polacchi,pistacchi turchi,con costi non trascurabili,invece di essere loro stessi artefici di un meccanismo virtuoso che permetta di sostenere le economie locali,che hanno sicuramente tradizione e cultura,permettendo così una qualità diffusa e con costi accessibili a tutt?Tengo a sottolineare che nelle categoria dei “ristoratori” ,al netto di eccellenti professionisti e nomi che hanno fatto la cucina regionale e italiana, c’è molta improvvisazione.Questo è dannoso.Nonostante la crisi che ci affligge oramai dal 2008 è mai possibile che i menù della quasi totalità dei ristoranti cittadini offra ancora salmone,spigole,scialatielli e tagliate?Quando parlo di emancipazione della categoria intendo anche questo:saper calibrare e offrire menù che mettano in pace costi e ricavi senza distruggere il cliente e offrendo il bello e il buono della nostra produzione.Lo sappiamo tutti,si puo fare,anzi andava fatto da anni.Quanti ristoratori fanno la spesa o conoscono la stagionalità dei prodotti?Si improvvisa dunque, dando un servizio sempre peggiore, ma facendo in modo che gli utili non diminuiscano.

    1. col tempo anche gli utili caleranno se non ci si mette al passo coi tempi che oggi vogliono qualità per differenziarsi.

  15. concordo con il tuo articolo, Marco. La cena è un momento di condivisione di un evento particolare, al quale partecipa, giocoforza, anche l’entourage del ristorante. Si sceglie di cenare fuori per godersi un buon piatto servito con tutti i crismi, in totale relax, pertanto il servizio e i piatti serviti devono essere all’altezza delle aspettative. Non si può improvvisare l’apertura di un ristorante. Personale non preparato, servizio scadente (i.e. vino bianco servito senza il seau-à-glace ad agosto), pietanze scadenti e prezzi alti saranno la loro condanna al fallimento. Ovviamente ci si augura sempre che si migliori, ma, io tendo a non bissare in posti dove ho acclarato tali caratteristiche.

  16. La domanda che mi sono sempre fatta e perché un cliente deve scegliere il mio locale ? I motivi potevano essere il posto panoramico ..no ..la bellezza del locale non regge …la pulizia del locale si ma non basta …camerieri professionali si ma non basta …prodotti di qualità ormai tutti dicono che usano prodotti di qualità …allora il prezzo ….forse… è la qualità ? Insomma l’unica risposta che mi davo era una sola cosa ….la cucina ..la continuità ..la qualità dei prodotti …avere un personale di sala professionale e disponibile …dare la possibilità di poter cambiare piatti giornalmente …non essere ripetitivi con le pietanze …essere un punto fermo su tutto quello che concerne un buon ristorante …pulizia del locale …bagni sempre in ordine e profumati ma sopratutto far capire al cliente quello che sta mangiando …poi dopo c’è il conto …ecco qui si potrebbero scrivere enciclopedie per varie interpretazioni …io sono convinto che il cliente deve capire che se vuole un bel locale curato nei minimi particolari servizio in sala professionale una ottima cucina con prodotti di qualità una carta di vini discreta con una carta di distillati ben assortita deve capire che tutto questo ha un costo …non parlo per la pulizia del locale che è dato per scontato ma tutto il resto si.. ha un costo …lo sconto lo si fa sul conto se ti chiedono un limoncello dopo aver pagato non è un problema …se un cliente ti viene a trovare due volte a settimana per cene di lavoro o con amici o con famiglia e normale che un attenzione la si fa sul conto …quindi io sono convinta che il cliente che viene da noi è un cliente che sa che non avrà sorprese ne per la qualità ne per la continuità e ne per il conto …deve essere sempre cosi sia se il locale è pieno e sia se ci sono pochi tavoli in sala ….avere sempre le stesse attenzioni..salutarli come se fosse la prima volta che vengono a trovarti …andare ad ordinare al tavolo con grande entusiasmo …ricordare le loro voglie culinarie e fargliele trovare quando prenotano così il cliente capisce che c’è una forte attenzione nei suoi confronti …insomma il tutto deve muoversi come una grande orchestra con un grande direttore di orchestra …la cucina e la sala devono essere un unica cosa …non due corpi estranei ma uniti ad un unico intento e con un unico obiettivo .. mettere in condizione al cliente che siamo la loro prima scelta …chi fa questo lavoro non può farlo per interesse ma solo con il cuore e la passione …è una scelta di vita …devi condizionare tutta la tua famiglia perché anche loro hanno un ruolo importante …insomma la tua vera casa è il ristorante …la tua famiglia deve fungere come una SPA ….

I commenti sono chiusi.