Da Scabin a Raffaele Vitale: il segreto dei prezzi bassi? Conoscere la materia


Raffaele Vitale

In Francia la chiamano «bistronomie» per indicare un locale dove si fa alta gastronomia a prezzi popolari, da bistrot. Un movimento in verità iniziato negli anni ’90 ma che ha dilagato dopo i primi venti di crisi, quando giovani cuochi ricchi di esperienza hanno aperti locali lontano dal centro per potersi esprimere a livelli popolari.


Il più famoso di tutti è Inaki Aiziparte che con il suo Chateubriand è stato giudicato miglior ristorante di Francia dalla 50Best San Pellegrino. Ma gli appassionati frequentano La Gazzetta di Petter Nilsson e Rino di Giovanni Passerini o il bistellato Bigarrade Kanayama Yusuhiro quasi a ridosso della Peripherique.

E in Italia? Il primo è stato Davide Oldani, allievo di Marchesi, che con il suo DO in via Magenta ha sbancato a Milano proponendo la sua cucina Pop sotto i 20 euro e liste d’attesa lungh mesi. La crisi scoppiata dopo il 2009 aguzza l’ingegno, molti ragazzi, dopo anni e anni trascorsi nelel cucina italiane e straniere, stanno aprendo i loro locali anche in periferia sotto i 40 euro. Un fenomeno particolarmente vivace in Campania dove sono ormai quasi venti i locali dove si mangia cucina d’autore a 25-35 euro.
Ma anche i grandi cuochi stellati stanno riflettendo sulla necessità di rimodulare l’offerta.

A Salerno ha fatto rumore l’apertura di 13 di Raffaele Vitale, stella Michelin con il suo famoso Casa del Nonno 13 a Mercato San Severino, sempre attento al costo.
«Certo che è possibile offrire buona cucina, non solo da trattoria familiare intendo, a prezzi accessibile. Da noi si mangia a 13 euro scegliendo due tra quattro proposte più il dolce e un calice di vino offerto insieme all’acqua». E così a ora di pranzo c’è una fila di tipo sovietico. «Il segreto del costo è la conoscenza della materia prima. Quando è buona basta poco per fare un grande piatto». Anche di mare? «Anche di mare: venerdì abbiamo proposto un vermicello con la puttamesca di baccalà, la minestra maritata con il polpo e il dolce. Stiamo attenti al prodotto e facciamo numeri per poter rientrare nei costi e guadagnare il nostro lavoro».

Scabin e le finger conchiglie ripiene

Già, perché il segreto del low cost è proprio la quantità. Esperienza praticamente uguale,a testimonianza di come tra Nord e Sud non ci sia alcuna distanza almeno in questo settore, da Davide Scabin, due stelle il suo Combal Zero a Rivoli, periferia di Torino.
«Ho appena finito un corso all’Università di Pollenzo di Slow Food dove l’obiettivo era non superare i cinque euro per un menu fatto di tre portate. Non è stato affatto difficile: un cous cous con verdure, e polpette di fassona più dolce a 3,80. Fassona, non manzo qualunque».
Già, perché il segreto del basso costo è la qualità della materia prima, esattamente il contrario di quello che si pensa e che accade, per esempio in molte pizzerie italiane. Non è risparmiando sull’olio o il pomodoro che si fanno margini, al contrario. Lo testimoniano esperienze come quelle di Enzo Coccia e dei Fratelli Salvo le cui pizzerie sono divenute riferimento per i presidi Slow. «Quando hai una grande pasta – dice Scabin – il piatto è già praticamente fatto. Ecco perché per risparmiare occorre usare una pasta artigianale di qualità. La ricerca della prodotto buono di mare e di terra è il primo segreto per poter fare una cucina a basso costo. Si paga magari di più, ma sui grandi numeri alla fine si raggiunge l’obiettivo».

Pubblicato sul Mattino di Oggi