Flavio Roddolo, vignaiolo a Monforte: straordinarietà dall’animo semplice


Il Nebbiolo che sa di Barolo - Etichetta risalente agli anni Novanta - di Gianni Gallo, artista di Dogliani, scomparso

Il Nebbiolo che sa di Barolo – Etichetta risalente agli anni Novanta – di Gianni Gallo, artista di Dogliani, scomparso

di Simona Paparatto

Le Langhe rappresentano quel lembo di terra dalla connotazione quasi mistica, dove paesaggi silenziosi fatti di valli che si avvicendano a dolci colline disseminate di filari, rubano il cuore purificando l’anima ed evocando un’atmosfera quasi surreale.

Sono luoghi dal terroir privilegiato per la produzione di vino, con suoli formatisi milioni di anni fa, ove sabbie, argille e calcari frammisti a fossili, sono in grado di accogliere diverse tipologie di uve, anche attraverso particolari microclimi che si creano con adeguata escursione termica e giusto apporto di luce, permettendo un ottimo interscambio tra pianta ed ambiente.

Flavio Roddolo è nato, cresciuto e vive proprio qui, in questo contesto che così bene lo rappresenta. Vignaiolo semplice ed eccezionale, produce vino per piacere, per tradizione, “perché così mi è stato insegnato e così ho sempre fatto” e non (certo) per business! Personaggio controverso, in particolare per i suoi modi ruvidi ed un po’ scostanti, si presenta distaccato ed introverso, con voce sommessa, con parlare lento e monotòno, fatto di infinite pause, quasi a voler disquisire tra sé e sé. In realtà ha il carattere del vero piemontese, un po’ chiuso agli estranei e poco propenso ai grandi discorsi, ma speciale, genuino, unico, capace di creare vini ineguagliabili, di rara autenticità, di grande fattura e pienamente godibili: longevi, dalle esaltanti doti di complessità ed eleganza.

Flavio Roddolo con lo sguardo rivolto alla collina Ravera

Flavio Roddolo con lo sguardo rivolto alla collina Ravera

Dal padre (vignaiolo come lui), ha appreso le tecniche giuste per fare del buon vino senza tante costruzioni o chissà quali filosofie, ma cercando in esso bontà ed appagamento, seguendo semplicemente i dettami del terroir, che per primo determina in modo significativo il carattere del vino: “mio padre lo ha sempre fatto così ed io ho imparato bene il gusto del suo vino, perché quello era un gusto di famiglia!”

Alla mia domanda sulle lavorazioni che usa fare in vigna, risponde: “faccio l’agricoltore…normale. Faccio il meno possibile… il necessario. “Vive solo e solo lavora in vigna e in cantina, seguendo ogni fase di produzione. I suoi vini vanno attesi: devono imparare a concedersi e per questo occorrono molti anni e intanto egli si dedica al suo mestiere totalmente, investendo tutto il tempo che ha a disposizione, lasciando ad altri la vita mondana fatta di incontri pubblici, convegni, disquisizioni vitivinicole e quant’altro possa contribuire ad apportare risalto mediatico ai suoi prodotti. Lontano dai social, non possiede neanche il cellulare (il suo unico telefono è ancora il tanto caro modello Sip a Disco Rotella), tanto che bisogna chiamarlo ad orari determinati (magari all’ora di cena, se si ha la fortuna di trovarlo!), altrimenti non risponde perché impegnato in vigna o in altre faccende. Stando dietro a tutto con tanta fatica, si rende conto di aver necessità che un giovane enologo lo aiuti, “ma che non avanzi le pretese di imporre le sue conoscenze: io ho i miei metodi ed il mio modo di lavorare!”

I vigneti su Bricco Appiani, guardano Monforte d'Alba

I vigneti su Bricco Appiani, guardano Monforte d’Alba

Convenzionale in vigna, il biologico lo lascia agli altri, perché non è mai stato abituato a farlo e non vuole condizionamenti. Alcune malattie fanno seccare le viti, quindi, vanno trattate con rame e zolfo, “una spolverata” 4/5 volte l’anno. Come limpidamente spiega, anche se alcuni produttori sono in regime biologico certificato, sono comunque obbligati da disciplinare a fare trattamenti chimici contro le malattie (dovute principalmente ad insetti ed animaletti come Tignola, Cicalina, Flavescenza Dorata), quindi si chiede (così come molti di noi), quanto in realtà ci possa essere di bio in prodotti dichiarati tali!

Cascina Bricco Appiani, la sua cantina, si erge sull’omonima collina proprio dietro Monforte d’Alba, a 550 mt di altitudine.

Coltiva circa cinque ettari di vigne dell’età media di trent’anni, anche se alcuni impianti superano i settanta, con una produzione di circa 30 mila bottiglie annue tra Barbera, Dolcetto, Nebbiolo, Barolo Ravera (3000 bott.) e dal 1993, anche Cabernet Sauvignon in cui vigneto, atto alla produzione del Langhe Rosso DOC Bricco Appiani, mi spiega che è un impianto nato da un’idea di alcuni ragazzi di Slow Food che, andando spesso da lui, capirono che quelle terre avrebbero potuto dare un’interessante espressione di questo vitigno. L’annata 2008 esordisce al naso con il frutto rosso croccante di amarena e prugna, con note corroboranti di china, caffè, di polvere di cacao e ginepro, tutto ben definito e sostenuto da una giusta spinta dell’acidità. Profondo, morbido, fine ed equilibrato.

Cascina Bricco Appiani

Cascina Bricco Appiani

La maggior parte dei vigneti risiede intorno alla cantina: oltre a Cabernet Sauvignon, anche Dolcetto, Nebbiolo e un po’ più in basso, Barbera, la cui produzione annua è attualmente di circa 25 ettolitri. Essendosi, in cinque anni, dimezzata (per via di alcune malattie della vite), ha da poco deciso di impiantare una nuova vigna. La Barbera d’Alba Superiore DOC 2010 Bricco Appiani è una Barbera entusiasmante, con note estremamente fresche, balsamiche e sapide che danno carattere e giusto spessore, anche senza l’impronta tannica. Questo grazie a terreni limosi ricchi di calcare e argilla tipici di questa parte di collina, che è fuori dalla zona di produzione del Barolo.

Cresciuto a Dolcetto, vi è molto legato perché gli ricorda la famiglia ed i tempi di gioventù: “quando ero bambino il vino era Dolcetto, ogni tanto poco Barbera, poi mio padre ha iniziato a piantare un po’ di nebbiolo…”. Flavio, da langarolo fortemente radicato al territorio, riesce a farlo esprimere magnificamente, nonostante la difficoltà di lavorazione che questo vitigno presenta. Il Dolcetto d’Alba DOC Superiore 2015 ha avuto scarsa produzione (per via delle continue grandinate dell’annata). Si presenta subito con intensi profumi fruttati: ribes nero, prugna, fragolina e lampone, con ritorni di cedro e con buona freschezza che smorza la sensazione dell’alcolicità (14%vol), rendendolo gustoso, quasi dissetante!

 I vini di Flavio Roddolo

I vini di Flavio Roddolo

All’interno di Cascina Bricco Appiani vi sono in realtà due cantine: una di quasi sessant’anni con una parte destinata alla conservazione di bottiglie d’epoca (tra le quali alcune Barbera dell’89, anno in cui Flavio ha iniziato ad imbottigliare), disposte rigorosamente in piedi, perché “così le ho trovate e così le voglio lasciare” (ancora ricordi di famiglia, quella famiglia tanto amata che nomina spesso e che fa rivivere ogni volta attraverso racconti e citazioni); l’altra più recente, anche se di modesto profilo. Entrambe sono scavate nell’arenaria (una roccia composta essenzialmente da sabbia, che cementandosi prende il nome di Pietra di Langa) e nella marna rossa, (una roccia tenera composta in prevalenza da limo ed argilla). Costituito anche da calcare, questo è un terreno solido ed equilibrato che trattenendo l’acqua resta sempre umido. Ne risulteranno vini di grande sostanza.

In cantina lavora con lieviti indigeni e botti grandi, per la maggior parte comprate da produttori che passati tre anni le cedevano. Niente chiarifiche, nessuna filtrazione: libera il vino dalle fecce facendolo decantare, poi lo trasferisce in barrique, ma solo per praticità (con poca produzione le botti piccole sono più indicate e semplici da usare). Non svolgono solo la funzione di contenitori: servono soprattutto a dare costante respiro al vino, senza rilasciare alcun sentore di legno, poiché comprate ormai pressoché esauste (anche di dieci passaggi ed oltre).

Le bottaie - In alto la parte vecchia della cantina_ in basso la parte recente

Le bottaie – In alto la parte vecchia della cantina_ in basso la parte recente

Se da disciplinare si può mettere in commercio un Barolo non prima di 3 anni ed un Nebbiolo dopo almeno 12 mesi, Flavio lo fa uscire, se necessario, anche dopo 5/6 anni: rimane in botte tutto il tempo che necessita per diventare il vino che lui vuole. Capita anche che non evada degli ordini “perché il vino non è pronto come dico io”. Beh, si è capito il personaggio, ma avrà pur ragione se il Nebbiolo che realizza è così unico! Il Nebbiolo d’Alba DOC 2011 è dotato di profumi molto intensi di frutti rossi croccanti: mirtilli, ribes, lamponi. Fiori, erbe officinali ed aromatiche. È pieno, alcolico ben strutturato, con tannino ruvido e dinamico, che scalpita insieme a freschezza e sapidità. Dopo la deglutizione il frutto dà spazio allo speziato di pepe nero e liquirizia, per ritornare al fiore ed al frutto, in un gusto continuo e duraturo. Un vino prorompente, che lascia la bocca pulita e soddisfatta. Si dice che il suo Nebbiolo abbia gli attributi di un Barolo: è proprio così. Intenso, complesso, vigoroso, attraente! Per questo se ne resta affascinati!

Bottiglie di famiglia, gelosamente conservate

Bottiglie di famiglia, gelosamente conservate

Il Barolo viene prodotto da una piccola vigna sul Bricco Ravera di Monforte, da cui prende il nome. La vigna, coltivata interamente a nebbiolo da Barolo, si impone su suoli formati da Marne di Sant’Agata Fossili Sabbiose, con presenza di conchiglie fossili. Si tratta di un appezzamento di famiglia ereditato dalla Madre, che prima ancora lo ebbe dalla nonna, originarie entrambe di questa parte di Langa. Negli anni Sessanta era un fazzoletto ancora più ristretto di come si presenta ora: vi si produceva barbera, poi è stato reimpiantato a nebbiolo. Ingrandendolo, Flavio ha acquistato dai cugini altri piccoli appezzamenti confinanti: tutti volevano vendere per disfarsi di quei terreni da cui Flavio produce uve straordinarie, che da anni ormai diventano Barolo Ravera, terre, oggi, dal valore inestimabile! Il Barolo DOCG Ravera 2011 ha 16 gradi non percepibili per la grande freschezza! Matura in botte grande. Profondo al naso, esordisce con caratteri dolci ed invitanti, densi di note floreali e fruttate di amarena, lampone e note più complesse di incenso, anice e liquirizia. Al gusto manifesta estrazione e vigore. Il legno è perfettamente dosato. Potente, etereo, dotato di gustoso e fitto tannino e di nota fresco-sapida esuberante. Solido nel corpo e nella struttura, è elegantissimo e disarmante per la sua incredibile leggerezza!

Ecco, la semplicità nel fare il vino come lo si faceva una volta, anche se questo non è affatto il vino di un tempo: genuino e libero da stereotipi, è un vino che non ti aspetti, ma che non dimentichi, poiché ti sorprende sin dal primo istante: intenso, a volte austero, ma dotato di un’anima viva, palpitante, sempre audace, sempre emozionante!

Grazie a te, Flavio, per la tua sapienza vitivinicola e per la tua straordinaria, ingenua schiettezza:” a me il vino piace o non piace. Oltre non vado, non ne sono capace!”

 

Flavio Roddolo

Cascina Bricco Appiani

Località S. Anna, 5, 12065 Monforte D’alba CN

Telefono0173 78535

Sito web: ND

 

Un commento

  1. Almeno un paio di bottiglie per il Gran Capo.Notoriamente bianchista ha sempre e comunque apprezzato il Barolo Ravera di Flavio Roddolo FRANCESCO

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