I cavatelli di Magliano Vetere, la più povera delle psate fresche: acqua e farina
di Alfonso Sarno
Cavatelli per coloro che amano l’idioma italico, capunti o cicatelli per i pugliesi, cavatille per gli abruzzesi, cavatiell per i molisani ed i campani anche se poi, per quest’ultimi, assumono nomi diversi a seconda dei luoghi trasformandosi così in crusicchi a Caggiano, cecaruccoli a Gesualdo, cicatelli ad Ariano Irpino. Tanti, diversi nomi per un tipo di pasta, nato dalla fantasia e dalle necessità di chi, coniugando sapientemente farina di semola ed acqua – senza aggiungere altro, neanche un uovo – riusciva non soltanto a mettere un piatto in tavola ma anche a sfamarsi alla grande, condendo la saporosa pasta che ricorda nella forma, per quanto riguarda Magliano Vetere, un piccolo gnocco incavato mentre in altri posti rimanda ad una conchiglietta, con del sugo fresco, o ragù di castrato.
Ma non solo: in cucina la fantasia è sovrana, e i cavatelli possono essere accompagnati anche da cigoli di maiale oppure verdure come i broccoli o da cozze, aglio, ottimo olio,prezzemolo e pomodorini. A loro è dedicata “Festa, Farina e Forca – Sagra del Cavatiello Maglianese”, organizzata dall’Associazione Manluim, giunta alla 20esima edizione, in calendario dal 31 luglio al 6 agosto prossimi a Magliano Vetere, fascinoso, antico borgo d’epoca romana, in provincia di Salerno ed immerso nel Parco del Cilento, Vallo di Diano ed Alburni. Sette giornate animate da spettacoli e musica per celebrare un piatto, simbolo della cucina cilentana che sarà servito – abbinato al genuino e generoso vino locale – insieme con le altre eccellenze alimentari come i salumi e formaggi, salsiccia e trota alla brace, melanzane imbottite, rape e patate, zeppole, struffoli e cannoli. Una festa che va al di là del semplice evento turistico di mezza estate per trasformarsi in orgogliosa manifestazione identitaria e di ricerca delle antiche origini, di resistenza ad una società che vuole omologare tutto tutti e si inserisce nel certosino lavoro di valorizzazione dei piccoli centri come Magliano Vetere, abitato da circa seicento persone.
Un puntuale e coraggioso lavoro, portato avanti dal sindaco Adriano Piano insieme con la sua Giunta e che trova in “Festa, Farina e Forca” un fondamentale tassello, attraverso la Sagra dedicata ad un cibo povero e che ha ancora tanto da raccontare.
Alimento basico, non da ricchi epuloni, appartiene ad una tipologia di pasta che si inserisce nelle cosiddette paste “strascinate” ed è considerato, insieme alle lagane, la più antica pasta fatta in casa e, sembra, che sia nata nel Molise per poi raggiungere ed affermarsi in tutte le regioni del Meridione d’Italia. Controversa la sua nascita, certo, invece, il momento in cui iniziò l’inarrestabile conquista delle tavole dei ceti più poveri e legato all’epoca dominata dall’imperatore Federico II di Svevia come risulta da alcuni documenti rinvenuti negli Archivi della Puglia dove compaiono sotto il nome di “croseti rotondi ed oblunghi che vanno calcati con un dito per ottenere la forma incavata”, lo ricorda Anna Martellotti nel libro “I ricettari di Federico II. Dal “Meridionale” al “Liber de coquina”. Una piatto povero, legato anche ad alcuni importanti ricorrenze cattoliche come la Festa di Sant’Antonio Abate, festeggiato in diversi paesi del Sud con “cavatielli e carne e puorche” . A Larino, invece, e torniamo così nella terra da cui è iniziata la fortuna dei cavatielli, il 12 agosto, in occasione della Festa della Madonna della Pietà, a tutti i passanti si offrono cavatielli preparati dalle donne del centro storico. «Io, con il mio vice e con l’assessore alla cultura ed alla pubblica istruzione Anna Ferrentino e tutti gli altri che mi supportano nell’amministrazione del paese – afferma il sindaco Piano – siamo convinti che la riscoperta dei cibi del passato unita ad una sapiente promozione turistica contribuirà al rilancio socioeconomico del nostro amato paese”.

