Il futuro del Piede franco, ricerca e visione per valorizzare biodiversità e territori
di Fosca Tortorelli
Le viti a piede franco, simbolo di autenticità e custodi di una biodiversità irripetibile, tornano al centro del dibattito nazionale. L’occasione è stata data dalla Conferenza Nazionale sulla Viticoltura a Piede Franco, organizzata dall’Associazione Culturale Identità Mediterranea l’8 settembre a Villa Campolieto a Ercolano, con il patrocinio morale del Consiglio Regionale della Campania, del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, dell’Associazione Nazionale delle Città del Vino, del Consorzio di Tutela dei Vini del Vesuvio, del Consorzio di Tutela dei Vini di Salerno, della Fondazione Monti Lattari Onlus, della Fondazione Ente Ville Vesuviane e del Mavv – Wine Art Museum.
Dopo i saluti istituzionali, la giornata ha visto interventi che hanno spaziato non solo sul tema del piede franco ma anche sul ruolo strategico del comparto agricolo per lo sviluppo del Mezzogiorno. L’evento ha riunito docenti universitari, agronomi e rappresentanti della pubblica amministrazione per presentare un progetto ambizioso, quello dell’affiancare alla redazione di un protocollo integrato – affidato a una Commissione Scientifica Multidisciplinare – la creazione di una guida interamente dedicata al Piede franco, nata sotto l’egida universitaria e pensata per mettere in rete cantine, studiosi e territori.
La Campania, spesso data per scontata, è in realtà un vero scrigno di vigne a piede franco, dalle terrazze di Tramonti in Costiera Amalfitana al Vesuvio, fino ai Campi Flegrei, dove questa pratica viticola sopravvive ancora in condizioni irripetibili. Una ricchezza da valorizzare non solo per la qualità dei vini, ma per il legame profondo con la storia, la cultura e il turismo locale.
La profondità di questa storia affonda nelle fonti antiche. Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia, descrive la vite come “radice unica con molti rami”, concetto che ritorna nel termine latino caudex, usato per indicare il ceppo vecchio (codex vetus). Proprio questa espressione è stata rinvenuta su anfore pompeiane accanto agli aggettivi summum ed excellente, a indicare vini di altissima qualità provenienti da viti vetuste e non innestate. Un dettaglio che lega la viticoltura campana a piede franco a una genealogia millenaria che oggi ritrova nuova attualità.
«L’idea di supportare la viticoltura a piede franco non soltanto con un protocollo scientifico, ma anche attraverso una guida, è ciò che si può definire un’azione inattuale» – ha spiegato Gaetano Cataldo, presidente di Identità Mediterranea. «Nietzsche scriveva che l’azione inattuale è controcorrente, non si fonda sul conformismo del tempo e anticipa ciò che verrà. Così, con un pizzico di anarchia e molta visione, il progetto guarda al futuro senza recidere le radici: radici che accompagnano l’umanità da più di ottomila vendemmie. La guida rappresenta un’iniziativa inedita, che ribalta il tradizionale schema delle pubblicazioni enologiche; non sono i punteggi o le classifiche a determinare il prestigio, ma la qualità e l’autenticità dei produttori. Inoltre, una parte dei fondi sarà destinata alla ricerca universitaria, creando un legame diretto tra produzione vitivinicola e mondo accademico».
Durante la giornata di studi, la professoressa Teresa Del Giudice, docente di Economia Agraria, ha sottolineato l’importanza di un sistema integrato tra agricoltura e piede franco: «Il piede franco non è solo vino, ma territorio, e proprio per questo richiede progettazione. Servono tre passaggi fondamentali: quantificare quante vigne esistono realmente, inserirle nel sistema della conoscenza e includerle in progetti integrati, così da riconoscerne il valore in termini di biodiversità, storia e turismo, oltre a sviluppare strategie che ne garantiscano la continuità».
«Il progetto – ha aggiunto Cataldo – sta prendendo forma come un mosaico. La Commissione Scientifica Multidisciplinare definirà il protocollo e collaborerà alla guida con competenze che vanno dall’analisi sensoriale alla genetica, dalla patologia della vite all’economia agraria, fino agli studi sul turismo e sul Destination Management».
Il messaggio che emerge è chiaro: il piede franco non è soltanto una rarità genetica da conservare, ma una risorsa culturale ed economica. La conferenza ha evidenziato la necessità di un protocollo che unisca ricerca, tradizione e innovazione. Una sfida che parla di identità, sostenibilità e futuro, trasformando l’eredità agricola in opportunità di sviluppo per i territori.
«Accanto alla guida – conclude Cataldo – nasce anche il progetto Ungrafted Vine Ambassador (UVA), che coinvolgerà enologi, agronomi, sommelier e comunicatori come ambasciatori di questa viticoltura. Il logo stesso diventa un segno: una spilla e una vetrofania per cantine e ristoranti aderenti, e forse un giorno un marchio per le bottiglie prodotte da viti a piede franco. Da qui vogliamo ripartire, da un piede franco che è radice antica, ma anche prospettiva di futuro».

