Kresios a Telese, la prima recensione della cucina di Giuseppe Iannotti dopo la conquista della seconda stella


di Albert Sapere

Un sabato di gennaio, ora di pranzo, Valle Telesina. Un piacevole raggio di sole illumina la sala da pranzo. Un casale antico, sapientemente ristrutturato, la vigna, l’orto e tutto quanto rimanda ad una civiltà contadina, spina dorsale dell’economia del Sannio. L’interno è un mix del passato, con le pietre a vista, e di essenziali linee futuristiche con tavolo senza tovaglia. Il Kresios di Giuseppe Iannotti è progetto molto complesso: ristorante, shop, enoteca, camere, il food delivery con 8pus (premiato da 50 Top Italy tra i format innovativi nella guida 2022).

Menu Mr. Brown e l’omaggio a Tarantino

Un solo menu degustazione a disposizione degli ospiti, Mr Brown. Omaggio a Le Iene, film di culto di quel genio di Quentin Tarantino, al suo esordio con un lungometraggio. Mr. Brown è uno dei personaggi del film, interpretato dallo stesso regista. I film per Tarantino sono anche l’occasione per riferimenti, citazioni, giochi, rimandi, ed in questo film sono davvero tanti, da City on Fire, film hongkonghese di Ringo Lam, al triello nel finale (duello a tre), chiaro omaggio Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone. Le citazioni sono una costante nei film di Tarantino, da Pulp Fiction al meraviglioso Kill Bill. Una rilettura del tutto personale di grandi classici, conosciuti da tutti gli appassionati di cinema. Così come le continue citazione ai fumetti, vero feticcio del regista statunitense.

A ben pensarci è proprio il paragone con la filmografia di Tarantino il filo conduttore di questa cucina. Il feticcio, nel caso del regista i fumetti, quello di Iannotti sono i chiari riferimenti alla cultura giapponese, al rigore della tecnica ed alla pulizia gustativa che caratterizza il Paese del Sol Levante. Gli omaggi, nel caso di Tarantino ai film che hanno segnato il suo percorso da cineasta, nel caso di Giuseppe, ai piatti che hanno colpito il palato dell’appassionato, prima che cuoco, come nel caso dei ceci e ricci, citazione colta ad uno dei signature di Momofuku Ko. L’altra costante sono i continui colpi di scena. Stupire prima di tutto, ma non uno stupore fino a se stesso, l’idea in entrambi i casi è quella di mantenere una tensione costante, di stare continuamente concentrati su quello che verrà.

I tre movimenti del menu

Una parte iniziale, quelli degli snack, da mangiare con le mani, una parte centrale, in crescendo nei sapori, una parte finale riservata ai dolci. Niente è lasciato al caso, c’è della musicalità in questa sequenza. Si parte con la fermentazione. Il daikon è croccante, fresco, induce tanta salivazione. Poi il pollo e patate. Una chips di riso che prende il sapore del pollo, attraverso la pelle e le patate croccantissime all’interno ripene di una spuma di patate, soffice ed eterea.

Il cantalupo e lo sgombro sono una versione molto personale del sushi, con un lavoro notevole sul cantalupo che viene osmotizzato con due differenti acidi di riso, un boccone sontuoso. Il tagliolino di zucchine, tartufo nero e menta è uno degli snack storici, ma non è lo stesso delle precedenti cene. La consistenza è cambiata, il morso è diventato più pieno, rotondo e godibile. L’assaggio che più mi ha colpito è senza dubbio la melanzana, miso e lamponi. Una versione contemporanee della parmigiana di melanzane. Se nella tradizione il tutto è giocato sulla golosità, nella versione di Giuseppe eleganza e freschezza ne prendono il posto. Davvero Notevole.

Pane e pomodoro è il Territorio che entra in maniera felpata, ma riesce ad incidere. Un chiaro rimando alla memoria, allo sguardo di un bambino ad alla sua merenda preferita. Il pomodoro viene riempito di pomodoro concentrato essiccato al sole. Memoria si, ma voglia di evolvere quella memoria, di dare il proprio contributo, la propria visione. La batteria dei piatti principali è un’altra assonanza alla narrazione scomposta de Le Iene. Senza soluzione di continuità si passa da New York e da Momofuku con ceci e ricci ai rimandi giapponesi della rana pescatrice, prugna e aglio nero e al coniglio, cime di rapa e pera, fino alla Francia più classica e granitica con il rombo, caviale e beurre blanc. 

L’agnello e shitake è il piatto del viaggio. La parte grassa dell’agnello è croccante, la carne è quasi cruda, il fondo di accompagnamento è perfetto e da solo fa piatto, le due salsine in abbinamento da centellinare perfette.

Il Finale salato con i carboidati

Il colpo di scena che se non ci sei mai stato, quello che non ti aspetti. La parte salata del pasto si chiude con i carboidrati. Il signature, spaghetti allo scoglio e poi la pastina con il formaggino. All’apparenza due piatti semplici, ma di una complessità tecnica elevatissima. Nel primo caso il sapore del mare esplode in bocca e la pasta riesce appena a mediarne le sensazioni palatali. Nel secondo caso golosità e provocazione. Il piatto meno gourmet per eccellenza, la bandiera assoluta del comfort food, viene elevata di rango e portata nel mondo dei gastro-appassionati.

Il Pasto dolce

La parte dolce del pranzo, perchè per complessità, varietà ed esecuzione, si tratta di un pranzo dolce vero e proprio. Memoria e gioco, passando per ‘a subretta, la merenda che facevano le nonne con la neve, il mosto cotto e lo zucchero, al complesso e suadente litchis e violette. La piccola pasticceria è ancora in un escorsus nel percorso dell’appassionato di cucina Iannotti, sempre con personalità e timbro personale. Dal classico e buonissomo cannelés bordelais a una mini e perfetta tarte au citron meringuée, fino ad un mochi di cioccolato e allo scoppiettante marshmallow. 

Gli Abbinamenti di Alfredo Buonanno

Alfredo Buonanno, che nel 2016 è stato premiato da Luciano Pignataro e Santa di Salvo nella Guida Mangia e Bevi del Mattino come sommelier dell’anno (i miei complimenti perchè vederci così lingo è sempre complicato), è lo sparring partner perfetto di Giuseppe Iannotti. Professionale, colto conoscitore della geografia vitivinicola, si adatta alla cucina del cuoco sannita e agli ospiti. Un difficile gioco di equilibrismo, che nel nostro caso ha portato ad un percorso intrigante, anche troppo concettuale per certi versi. Sicuramente lontano dalla banalità e dai cliché dei luoghi comuni.

Costo

Mangiare qui costa 150 euro più, se si vuole, 80 di abbinamento. La carta dei vini è ampia e profonda soprattutto per quel che riguarda la Francia, ma offre un panorama completo dell’Italia e delle maggiori etichette. Nota di merito: il ritmo è incalzante e veloce, l’esperienza nonostante il numero di bocconi elevato, non dura più di due ore e ci si alza leggeri.

Conclusioni

Ho conosciuto Giuseppe Iannotti nel 2007/2008 a Castelvenere, quando cucinava “carne pipauli”, aveva lasciato gli studi di ingegneria e aveva deciso di diventare un cuoco. Un testardo (i fatti gli hanno dato ragione), colto gourmet, uno studioso della cucina, delle tecniche e soprattutto della tecnologia. Il Kresios è un poco ristorante e un poco laboratorio creativo, dove fondere conoscenza, memoria, voglia di provocare. La sfida è raggiungere la perfezione, i piatti spesso sono gli stessi da un anno ad un altro, almeno all’apparenza, mentre invece continua il lavoro di evoluzione di perfezionamento, o meglio di continua messa a punto di un cuoco curioso, inquieto. Nel claim cha appare sul suo sito lo spiega bene: “Se io provassi a rilassarmi, andrei a pezzi. E se andassi a pezzi, il vento mi spazzerebbe via”.

Il menu del Kresios e i piatti di Giuseppe Iannotti

petit fours

 

Kresios
Via San Giovanni, 59, 82037 Telese BN
Telefono: 0824 940723

2 Commenti

  1. Gli stellati italiani stanno diventando molto omologati gli uni con gli altri con una cucina che oggi strizza l’occhio al nord Europa altre volte al far east.si è persa un po’ dell’identità che nelle altre nazioni vi è sempre

  2. Essendo stato al Kresios più volte mi permetto di dissentire, almeno con specifico riguardo al ristorante in questione, da @Giancarlo. La cucina di Iannotti strizza l’occhio all’innovazione ed alla creatività ma soprattutto ad una sua, personale, idea di territorio/identità. Alcuni piatti sono i piatti di “casa” (ovviamente reinterpretati alla grandissima) che si mal si sposano con l’idea di cucina del “nord Europa” o del “far east”. Lo spaghetto, il pollo con le patate, l’agnello, il maialino ed il pane e pomodori sono, a mio modestissimo avviso, emblema di quanto detto: provare per credere :)

    Complimenti per la seconda stella. Ne vale certamente il viaggio!

I commenti sono chiusi.