La ricetta della mia vita. Carmela Abbate di Zi Teresa: spaghetti con i purpetielli
Da Teresa a Carmela: uno dei ristoranti più spettacoli del mondo, adagiato all’ingresso di Borgo Marinaro con vista su Castel dell’Ovo e sul Vesuvio, con le barche che sembrano legate ai tavoli, è donna. La storia di Zi Teresa è nota: la fondatrice era la figlia di Gennaro Fusco, marinaio della flotta borbonica diventato pescatore perchè rimasto senza lavoro dopo la conquista piemontese del Regno delle Due. Rimasta vedova, Teresa andò a vivere insieme ad una sua cugina, anche lei vedova ma con tre figli, in un piccolo basso del Borgo dove preparava da mangiare ogni giorno per i nipoti. Ogni giorno lei preparava da mangiare per i nipoti e l’odore di quei diventando un punto di riferimento tanto che decise nel 1890 decise di mettere dei tavolini e poi, visto il successo, di ingrandire e chiamare il suo ristorante Zi Teresa, così come la chiamavano tutti, non solo i figli della cugina. Lo diciamo per dire a chi sostiene che la cucina italiana non esiste perché inventata dagli americani dai nostri emigranti.
Dopo oltre un secolo al timone di questo locale storico c’è Carmela Abbate che quest0’anno taglia il traguardo dei 70 anni a settembre ma che ha l’energia e la passione di una ragazzina.
“Il mio piatto preferito? Senza dubbio gli spaghetti con i purpetielli, i polipetti. E’un piatto legato alla mia infanzia quando li andavamo a pescare a Posillipo, vicino palazzo Donn’Anna, e mia madre Mariolina ce li cucinava subito. Per me è il miglior modo per sentire davvero il mare”.
E tu come li prepari?
“In modo molto semplice. Prendo i polipetti e li calo tre volte nell’acqua bollente, poi li aggiungo ad un soffritto di olio, aglio, olive e capperi e lascio andare coprendo con la carta paglia che un tempo si usava nei mercati per non far perdere umidità. Poi li tolgo, e aggiungo i pomodori, io preferisco i pomodorini per la verità, meglio se del piennolo del Vesuvio perché hanno un sapore unico e inimitabile. Poco dopo li rimetto nella padella e lascio andare sempre comprendo il tutto. A parte preparo la pasta, la tiro fuori cotta al dente per non far cacciare amido e giro rapidamente il tutto. Un piatto molto apprezzato, per la sua velocità ed ingredienti è tipico napoletano, anzi, proprio del quartiere di Santa Lucia alle nostre spalle”.
Come ti trovi a dirigere questo posto iconico per Napoli, frequentato tanto dalla clientela locale quanto dai turisti?
“Nel 1975 lo comprammo con mio marito Mario Della Notte e la famiglia che aveva Giuseppone a Mare a Posillipo. Purtroppo nel 2010 è scomparso e io ho deciso di andare avanti per portare avanti la tradizione. Non c’è personaggio importante che non sia passato di qui in questi 135 anni di attività, e la tradizione continua”.
Tu non sei solo la proprietaria, stai spesso ai fornelli.
“Ma certo, a me è sempre piaciuto cucinare, sin da piccola aiutavo mamma nella trattoria che avevamo a Posillipo che i miei genitori avevano dedicato a me perché si chiamava Da Carmela. Fui anche l’ispirazione della canzone “Carmela” scritta nel 1975 da Sergio Bruni, in collaborazione con Salvatore Palomba. Entrambi clienti fissi. Questa storia l’ha raccontata Vittorio Del Tufo proprio sul Mattino nel 2019. Sergio Bruni mi disse: Picceré, Carmela sei tu. Anche Eduardo De Filippo veniva spesso, adorava gli spaghetti con i purpetielli”.
Con te Zi Teresa è diventato un punto di riferimento per tante iniziative gastronomiche.
“Assolutamente si. Ricordo con molto orgoglio soprattutto quando insieme a Sergio Miccu, Antimo Caputo, Franco Manna e Alfonso Pecoraro Scanio organizzammo proprio da qui la raccolta di firme per sostenere la candidatura dell’arte del pizzaiolo napoletano come patrimonio immateriale dell’Umanità all’Unesco. E poi tante manifestazioni, sempre per sostenere il nostro patrimonio gastronomico, diffondere la nostra storia e anche per aiutare chi fa beneficenza”.
Hai fatto anche innovazioni…
“Certo. Ho introdotto la pizza, tra i primi forni elettrici in Italia con ottimi risultati. E poi ho ingrandito la carta dei vini e dei distillati.”
Dove trovi tutta questa energia?
“Da tre cose. Dal ricordo di mio marito Mario che oggi sarebbe felice di vedere questo locale così ben tenuto con successo, dai miei tre figli Stella, Serena e Antonio e, permettimi, dalla mia grande passione per la cucina. Adoro allestire il tavolo dei dolci a Natale e a Pasqua, seguire la stagionalità, realizzare una cucina di sapore e semplice. Poi Napoli sta vivendo un periodo veramente fantastico, forse il migliore che io ricordi, speriamo che continua”.
Non c’è un po’ di rischio di troppo turismo?
“Beh, questo è un tema italiano, non solo napoletano. Napoli ha il vantaggio di essere grande e profonda, ricca di storia, capace di assorbire ogni cosa e di farla propria. Non ha difficoltà a mantenere la propria identità, basta crederci. Per guadagnare soldi oltre il mordi e fuggi è sufficiente continuare a fare quello che sappiamo fare. Napoli non è solo cibo, è arte, musica, bellezza, cultura. Ma quale città in Italia ha tanti teatri sempre pieni? Ora però devo io chiedere una cosa a te.
Cosa?
“Il migliore vino da bere sullo spaghetto con i purpetielli”
Senza dubbio il Piedirosso dei Campi Flegrei, non c’è vino al mondo che possa abbinarsi meglio ai piatti della tradizione.
“Bravo, hai indovinato”

