La voglia di Pizza, surgelata&inscatolata, chi l’avrebbe mai detto…


Mica balle

Mica balle

 

di Marco Galetti

Alcuni si fanno tatuare la pizza sul bicipite, altri nascono direttamente con un’equivocabile voglia di pizza  sul collo, solo uno, dopo una notte insonne con Mica Arganaraz, rifiuta le fusa e colto da un’irrefrenabile voglia di pizza viene accontentato, l’ingiustizia del mondo…

Quando la voglia di pizza si fa sentire, solitamente, per assecondarla, mi reco in una delle poche pizzerie di fiducia che mi consentono un incontro ravvicinato con il disco volante, senza dover usare per più di mezz’ora, volante, macchina e quattro ruote per pizza a ruota di carro come si deve o per un canotto pompato al punto giusto ma non oltre i suoi meriti.

A volte però,  complice il clima, il sabato del villaggio nel quale è consigliabile starsene a casa, o semplicemente per pigrizia resa estrema dai chilometri macinati in settimana per motivi meno nobili e gioiosi, mi rivolgo al panettiere di fiducia, riponendola in una panetto di pasta per pizza che chiede solo di essere steso, farcito e infornato… ma ieri no, ieri, pur consapevole che avrei potuto commettere un errore imperdonabile, nel reparto surgelati di un supermercato dalla esse talmente lunga che sibilava con forza nelle mie orecchie come un serpente tentatore, mi sono lasciato ammaliare e adescare da un cartellino accalappia fuf-blogger con la scritta: sconto 61%, colto da frenesia alimentare alimentata dall’impulso ho acquistato una confezione di pizza nella scatola che conteneva due margherite, quelle stesse confezioni che ho sempre irriso, carrello alla mano, nei carrelli degli altri, ma gli altri siamo noi, almeno saltuariamente.

Ora, partendo dal presupposto che non credo di essere rincoglionito del tutto, e pur conscio della differenza sostanziale tra una vera pizza preparata dalle mani di una bravo pizzaiolo, se campano è meglio, e una similpizza surgelata non artigianale ma industriale, posso affermare, approssimandomi al vero, che la similpizza degustata ieri con i dovuti accorgimenti, si è rivelata gustosa e digeribile e sicuramente migliore delle pseudo pizze artigianali che la gran parte delle pizzerie propone facendo leva sulla richiesta in aumento e sul fatto che nel livello medio o medio basso c’è posto per tutti.

Due le modalità di cottura, infornare subito per 8 minuti circa o lasciar scongelare un’oretta e infornare per qualche minuto meno, ho scelto la seconda, pochi minuti prima di infornare ho arricchito la similpizza con capperi, origano, un pomodoro a fette e un giro d’olio buono, poi, controllando la cottura dall’oblò del forno, ho atteso dubbioso ma speranzoso… il trancio, pur non essendo strepitoso come l’origano che ho aggiunto, mi è piaciuto molto, uno spicchio di similpizza è fonte di similfelicità.

Cosa mi ha insegnato questa parabola…

Tre cose, la prima è che non si finisce mai d’imparare, la seconda è la possibilità di poter controllare ingredienti e apporto calorico (arduo poterlo fare in pizzeria) la terza, la più importante, è che avere certezze è bello fino ad un certo punto, inutile avere certezze incrollabili destinate a crollare, molto meglio essere disposti mentalmente a riconsiderare, a mettersi in dubbio, a sperimentare… la similpizza casalinga, surgelata e per nulla disperata era di gran lunga meglio di tante assaggiate, dimenticate o da dimenticare.

 

8 Commenti

  1. Sono d’accordo. Il segreto è aggiungere buoni prodotti a guarnizione. L’evoluzione nell’industria ha fatto sì che la digeribilità di questi prodotti abbia fatto passi da gigante rispetto a 10/20 anni fa.

  2. Sono quei segreti che si tengono nell’armadio, grazie per aver sdoganato questa possibilità. Ebbene sì mi è capitato, complice la distanza, la pigrizia e la voglia di pizza nonostante tutto. Io faccio fatica a digerire grassi anomali e stranezze varie, ma devo dire che l’industria alimentare ha fatto passi da gigante. Anche questa è la capacità del nostro paese di essere imbattibile quando si parla di cibo e “segreti”
    Un caro saluto Antonio

  3. @Leo, per la seconda ancora in freezer, sto pensando a due fette di cavolo nero e un po’ di salsiccia maremmana, se concordi procedo
    @Antonio, ricambio il saluto

  4. Due articoli su due prodotti diversi.
    Due autori: uno del Sud e uno del Nord.
    Lo stesso nome: Marco.

    A parte l’amicizia risaputa tra gli autori, c’è qualcosa che collega questi due specifici articoli che, per caso, sono uno dopo l’altro?

    Prima di tutto dico che condivido le opinioni espresse da Marco G e poi dico che ci vedo una relazione con l’articolo dell’altro Marco con la C.

    Qual è questa relazione?
    Sta nella parola “artigianalità” che viene discussa in entrambi gli articoli. Potrei chiarire meglio ma preferisco chiudere il discorso qui.

    I due articoli sono, poi, collegati dal fatto (anche più importante) che “rompono” alcuni “schemi mentali” molto diffusi.
    Escono dal “conformismo enogastronomico” che affligge l’Italia: mostrano dei “punti di vista” diversi, “divergenti”.
    E questo per me è(sempre) apprezzabile.

  5. Ne vedremo delle belle.Saranno scintille.Grande concorso a premi tra i due Marco.Sprint finale poco dopo Natale.Allo stato attuale un sostanziale pareggio ma prevedo che ognuno dei due si attrezzerà alla meno peggio pur di vincere lo spareggio.PS.Mi sta tutto bene ma non venitemi a tavola col bilancino che mi si contorce l’intestino.FM.

  6. Uno dei commenti più belli sotto il mio pezzo su facebook diceva ” …del tuo pezzo mi piace il tema dell’Affidabilità: non possiamo accettare che sia sempre tutto relativo, la verità da qualche parte dovrà pur stare”……. e mangiare una pizza surgelata, per quanto si possa migliorarla con ottimi ingredienti (ma il pomodoro resta quello che è come pure la mozzarella o simil tale messa sopra……e lo dice uno che sta col culo tra i campi più buoni del mondo) resta una offesa a oltre 100 anni di storia, offesa che verrà lavata la prossima volta che scendi, costringendoti a mangiare oltre che una marinara e una margherita napoletane doc anche una pizza fritta e un tortaniello…oltre che a un coppo di panzarotti, sgagliozzi e zeppolelle.
    Se però a tua discolpa mi dici che te l ha portata la signorina di cui sopra, bè, sei perdonato poiche come dicevano gli antichi” Patata uber alles”.

  7. @Contursi, domani, tanto per evitare la febbre del sabato sera che coglie qualsiasi essere vivente spingendolo a conquistare un posto in pizzeria, pensavo di cimentarmi in una pasta e ceci di Cicerale, ma se le offese si lavano come dici, userò ceci in lattina, chiudo con l’offesa suprema, la madre di tutte le offese, la pancetta di suino nero casertano non è granché ;-)

  8. Caro amico dopo questa ultima affermazione scellerata sul suino casertano,mi hanno appena comunicato essere stato installato a Caserta un cartello con la tua faccia,barrata,e la scritta “IO QUI NON POSSO ENTRARE”. Ti ricordo che Caserta per chi viene dal nord è la porta della Campania.Ergo se vuoi godere ancora di fusilli,mozzarelle e similia, fai pubblica ammenda mangiando mezzo guanciale di suino casertano,oppure resti ai confini a guardare.
    Come dicevano i latini:”DURUS PORCUS,SED PORCUS.”

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