Le Comunità di Slow Food: la nocciola della Tuscia


Antonio Sciardiglia e Angelo Fioretti

Antonio Sciardiglia e Angelo Fioretti

di Paolo Mazzola

Slow Food in questi anni sta attraversando un importante momento di cambiamento, che la spinge ad essere sempre di più un’organizzazione internazionale che si occupa di cibo nei suoi diversi aspetti e inserito nella realtà sociale, politica e ambientale del mondo odierno. Il congresso internazionale di Cheng Du del settembre 2017 ha esplicitato e sintetizzato, attraverso le sue 6 mozioni e la sua dichiarazione, questo percorso che ovviamente ha anche risvolti organizzativi.

Per l’importanza e la globalizzazione delle battaglie che si compiono, è forte la necessità di aprire sempre più l’organizzazione alla rete e alla condivisione e collaborazione con altre organizzazioni, e  rendere più aperte e orizzontali le proprie strutture organizzative, basandole di più sulla condivisione dell’obiettivo e sull’affettività e meno su una rigida organizzazione gerarchica tipica delle strutture di fine millennio.

Ecco quindi il focus sulle comunità, forma organizzativa già in parte praticata da Slow Food, luogo dove le persone si incontrano, si danno degli obiettivi, in parte generali di affiliazione e di adesione ai principi dell’associazione e in parte specifici e territoriali e sostengono l’associazione finanziando con una piccola quota un progetto specifico.

Molte sono le comunità che stanno nascendo in tutte le regioni d’Italia, nel Lazio ne sono nate 5 (3 ufficiali e 2 alla firma.) e tante sono in cantiere.

Qui raccontiamo una bella realtà che si è data un obiettivo ambizioso: la Comunità della Nocciola della Tuscia.

I territori della comunità, che nasce in ambito Valle Amerina e Forre, ma che si estende all’intera Tuscia,  sono da sempre vocati alla coltivazione del nocciolo; negli ultimi anni, complice la incrementata richiesta della Ferrero, che ha presentato un piano specifico e che acquista solo nocciole italiane e la crisi economica che ha ridotto le attività manifatturiere della valle, (oggi solo la produzione della ceramica, pur ridotta rispetto al passato, è una valida alternativa occupazionale), molti si sono dedicati alla coltivazione del nocciolo che garantisce a tutt’oggi una buona marginalità.

Tra i 25.000 e i 30.000 ettari sono coltivati a in Tuscia, e 1/3 del prodotto nazionale viene dalla Tuscia, tradizionalmente vocata per questa coltura.

Se percorrete oggi la Valle Amerina e le Forre vedrete distese di noccioleti per chilometri quasi senza soluzione di continuità. Un’opportunità economica importante, ma anche problemi di sostenibilità e diverse emergenze ambientali:

  1. La perdità di biodiversità , come avviene per tutte le monocolture che non affrontano in maniera sostenibile quest’aspetto, dedicando parte dell’impianto (10% – 20% ) a piante diverse dal nocciolo. Vecchie colture di olivo, oggi meno remunerativo si stanno perdendo in nome della corsa al nocciolo
  2. Inquinamento da fitofarmaci ed erbicidi, per l’alto rischio che una produzione monocolturale e intensiva comporta. Inquinamento da concimi chimici
  3. Falde acquifere che diminuiscono di livello, perché l’irrigazione non è effettuata a necessità, con sensori che misurino l’umidità del terreno, ma a tempo di irrigazione e perché oggi si coltiva nocciolo ovunque in Tuscia, non solo nei territori vocati con falde acquifere disponibili

Non secondario è il problema della prospettiva economica, il mercato dipende quasi esclusivamente dall’acquisto della Ferrero, e questo conferisce un enorme fragilità a questo indotto. Sovraproduzione, oppure scelte diverse della Ferrero potrebbe mettere in crisi un’intera economia, se non si sviluppano capacità autonome di trasformazione del prodotto e metodi agronomici diversi e di qualità, in grado di garantire anche prezzi di mercato diversi.

Questa comunità, raggruppa produttori, trasformatori, ristoratori e sostenitori di un approccio diverso, legato alla salvaguardia dell’ambiente e all’ ecosostenibilità del territorio e pone come requisito per l’adesione , specificato nella dichiarazione fondativa:

Accogliere al proprio interno tutti coloro che rispettano il disciplinare dell’Agricoltura Biologica o che abbiano intrapreso il percorso di conversione a coltura Biologica.
Accogliere inoltre tutti coloro che s’impegnano per iscritto ad intraprendere entro un anno dalla firma dell’impegno, il percorso di conversione mantenendo inalterato il principio di conservazione della biodiversita’, rispettando gli stessi principi per i vecchi ed i nuovi impianti e mantenendo eventuali altre coltivazioni esistenti elo siepi e tare boschive e l’utilizzando consapevolmente ed in modo mirato le risorse idriche del territorio.

Un modello diverso rispetto a quello intensivo oggi imperante nella Tuscia, che salvaguarda la biodiversità, le risorse idriche e propone come unica pratica colturale il biologico e che collabora con il Biodistretto della Via Amerina e delle Forre.

Mario Profili, Fattoria Lucciano

Mario Profili, Fattoria Lucciano

Granella di nocciola romana, Azienda La Fescennina

Granella di nocciola romana, Azienda La Fescennina

Altro obiettivo della comunità è quello di dotarsi di impianti di trasformazione autonomi per semilavorati e crema di nocciole, prodotto finito

Un produttore, la Fescennina ha impiantato un laboratorio di trasformazione , che produce granella, semi lavorati per pasticcerie, per gelaterie e come prodotto finito la crema di nocciole. Molti produttori della comunità si servono di questo laboratorio, e questo è un altro aspetto che dimostra quanto possa essere concreto e importante un approccio comunitario.

Coltivazione di nocciole in biologico con impianto di irrigazione comandato da sensori di umidita' sul terreno

Coltivazione di nocciole in biologico con impianto di irrigazione comandato da sensori di umidita’ sul terreno

La creazione della comunità ha anche l’obiettivo di valorizzare turisticamente questi territori, ricchi anche di notevoli patrimoni artistici e di fare rete con realtà italiane per condividere quest’approccio sostenibile alla coltura del nocciolo.

Semi-lavorato di nocciole

Semi-lavorato di nocciole

Noi di Slow Food riteniamo che questo modello vada difeso dalle evidenti difficoltà e turbative che ci possono essere in zona in quanto propugna un approccio agricolo diverso, ci impegniamo a farlo conoscere e aiutarlo a fare rete con altre realtà nazionali che abbiano affrontato in questo modo la problematica della coltivazione del nocciolo.