Le guide sono morte? Le guide sono vive


Riflessioni tra Desenzano sul Garda e Firenze, senza catene a bordo

Le guide enogastronomiche? Il monsone polemico autunnale, stavolta meno intenso degli ultimi due o tre anni, ormai è passato, ma è in questo week end tormentato dal cattivo tempo che l’argomento è tornato d’attualità, almeno per alcuni di noi. Enzo Vizzari ha infatti convocato i coordinatori regionali sul Garda per una due giorni intensa di riflessione oltre che di pragmatica organizzazione del lavoro, poi a Firenze Guido Ricciarelli di Spirito Divino ha messo in piedi una sfarzosa ed esclusiva manifestazione nello spazio di Galateo a Piazza del Carmine in cui sono sfilati i migliori vini italiani.
La prima domanda a cui bisogna dare una risposta è fondante: servono o non servono? La risposta è nel mercato che, sebbene con meno entusiasmo, continua ad assorbire un numero molto consistente di pezzi (siamo complessivamente poco sotto il mezzo milione tra vino, ristoranti e varie quali agriturismo, bar, alberghi). Ma l’argomentazione decisiva è molto più semplice e brutale, se non servissero gli editori non le stamperebbero, soprattutto di questi tempi in cui non c’è spinta alcuna all’investimento.
Per quelle che si occupano di ristoranti la navigazione è sicuramente più tranquilla. Tutti i dati statistici, dai quotidiani alla tv sino a internet esprimono una proporzione di 4 lettori di cibo per uno di vino ed anche in questo sito, sicuramente più vinoso, gli articoli più cliccati sono quelli dei ristoranti e delle ricette (una curiosità per i lettori, quella della pasta e lenticchie è una vera superstar). Inoltre le guide dei ristoranti hanno ormai mappato completamente i territorio, è difficile che sfugga qualcosa e, a mio giudizio, il successo è legato alla affidabilità delle informazione di base oltre che alla scrittura precisa e profonda delle schede. Sebbene la crisi stia mettendo in moto il settore della ristorazione, i cambiamenti sono molto più lenti e riguardano soprattutto gli chef della fascia medio-alta, non a caso quella più in sofferenza dal punto di vista economico. Per questo motivo internet non impensierisce più di tanto ed appare più che altro una verifica a quanto scritto sul cartaceo. A chi gira per lavoro o per passione la guida resta uno strumento indispensabile tutte costituiscono, nel loro insieme, una fotografia antropologica molto profonda del paese.
Le guide di vino appaiono invece più in affanno, anzitutto perché in Italia la cultura del vino, fatta eccezione per alcune zone come le Langhe, il Veneto e parte della Toscana, non può considerarsi, come per il cibo, un fenomeno di massa radicato nelle famiglie e nella consuetudine quotidiana di ciascuno.
La nicchia di pubblico è più ristretta, molto mobile e ben informata e non si aspetta dalle guide di scoprire ormai più nulla quanto, piuttosto, la conferma o la smentita ad alcuni convincimenti maturati sul campo o navigando su internet. Inoltre, come ben sappiamo, il vino è materia viva, cangiante, due o tre mesi di bottiglia possono cambiare i descrittori e addirittura la resa complessiva del prodotto e, obiettivamente, le guide cartacee appaiono sempre più come un fermo immagine.
Nonostante questo il de profundis è ben al di là da venire, ché nel frastagliato e individualistico mondo del web manca, e credo così sarà per molto tempo, un momento di sintesi capace di orientare la media del consumatore. In una parola, nessun sito e blog di vino è strutturato per digerire dai 15.000 ai 20.000 assaggi che portano alla nascita di una guida. Sicché il web, salvo radicali ristrutturazioni e massicci investimenti, è relegato per il momento ad un ruolo di guerriglia, incursioni corsare, segnalazioni, punzecchiature che, per quanto interessanti, non potranno essere di per se stesse il faro. Sta all’intelligenza dei curatori delle guide cogliere questi messaggi, filtrarli a dovere e assorbirli nel modo giusto evitando di apparire vetusti. La sfida è appunto questa.
Del resto, vi trasmetto, a titolo di conoscenza, chi c’era a Firenze domenica sera: tra gli altri, basta ricordare le conferme di aziende toscane come Ama, Antinori, Avignonesi, Badia a Coltibuono, Biondi Santi – Villa Poggio Salvi, Boscarelli, Casanova di Neri, Castellare, Collemassari, Felsina, Fontodi, Grattamacco, Le Macchiole, Le Pupille, Monsanto, Ornellaia, Petrolo, Podere Forte, Poggio di Sotto, Poliziano, Riecine, Rocca di Frassinello, Rocca di Montegrossi, Salustri, Salvioni, San Guido, Terriccio, Valgiano, più che bilanciate da capofila regionali come Les Cretes, Cavallotto, Cisa Asinari, Ettore Germano, Bruno Giacosa, Elio Grasso, La Spinetta, Armando Parusso, Poderi Aldo Conterno, Bruno Rocca, Luciano Sandrone, Vietti, Vigna Rionda – Massolino, Bellavista, Cantina Bolzano, Colterenzio, San Michele Appiano, Stroblhof, Termeno, Ferrari, Foradori, San Leonardo, Allegrini, Dal Forno, Gini, Venica, Caprai, Castello della Sala, Colpetrone, Falesco, Oasi degli Angeli, Masciarelli, Valentini, Galardi, Montevetrano, Tormaresca, Fucci, Donnafugata, Girolamo Russo, Palari, Terre Nere, Argiolas.

Ecco, qualcuno può negare, a prescindere dai gusti, che è la sintesi di quanto di meglio si è prodotto in Italia negli ultimi dodici mesi?
Leggete il resoconto dettagliato di Andrea Gori

Qui una parte del mio intervento sul rapporto tra guide e internet, sempre girato da Andrea.