Alla Locanda De’ Banchieri, Giacomo Devoto raggiunge l’equilibrio, tra devozione per la Lunigiana e lezioni di grandi maestri
di Giulia Gavagnin
Ha lottato, ci ha creduto, e alla fine ce l’ha fatta. Giacomo Devoto, chef de La Locanda dè Banchieri di Fosdinovo, Lunigiana, dopo averla concretamente perseguita, quell’agognata stella Michelin l’ha ottenuta, alla fine del 2024.
Quindi, da quasi un anno, si gode il macaron ricamato sulla giacca e, una volta ottenutolo, cos’ha fatto, contrariamente alle (non buone) abitudini di alcuni suoi colleghi quando raggiungono l’obiettivo? E’ tornato in cucina, con un bel grembiule sopra alla giacca, stile Pierangelini, e un berretto da sanculotto.
Cucina proprio lui, dunque!
De resto, in direzione ostinata e contraria, Giacomo Devoto ha fatto molte cose, ma non gli è mancato per nulla un pizzico di sana furbizia tipico di chi non ha avuto la strada spianata dal principio, e certe cose se le deve conquistare tutto da solo. Sembra che anche quelli della Rossa abbiano apprezzato, nell’anno in cui dovevano prendere la prima, la seconda e la terza sempre i soliti nomi che esibiscono mostrine di vario genere e poi falliscono inesorabilmente nel raggiungere i gradi che contano, e cui auguriamo comunque sempre, con tutto il cuore, di ottenere.
Forse il cursus di Devoto, che nasce con una cattiva premonizione quand’è ancora ragazzo sedicenne, quasi sguattero di Paracucchi, o, comunque, ultima ruota del carro, potrebbe insegnare qualcosa.
Il sous chef del maestro ligure della Locanda dell’Angelo gli disse che, per quanto gli riguardava, poteva cambiare mestiere. Un duro colpo per il ragazzo di Sarzana. Poi succede che quel ragazzo si trasferisce in Val D’Aosta con la madre, rileva un rifugio a 2400 metri a Champoluc ove serve spezzatino di camoscio e altre amenità montane, fa pure l’albergatore e, come dire, fa esperienza vera. Non senza iniziare a sperimentare già ad alta quota, con cotture veloci e materia prima di livello.
La passione un certo tipo di cucina è preponderante, vuole tornare a casa, ma la discesa verso il Magra prevede uno step precedente, quello del pizzaiolo. Apre Officine del Cibo che con l’ausilio di Gianmarco Ferrandi diventa una delle migliori pizzerie d’Italia (42° posto in 50 Top Pizza Italia nel 2024), poi rileva un’antica dimora malatestiana su una sommità collinare che diventa il suo nuovo regno.
Come un’autentica piccola azienda a conduzione familiare, Locanda dè Banchieri s’è progressivamente ingrandita nel corso degli anni, aumentando numero di camere, ettari d’orto, giardino esterno e spazi in cucina, spesso con l’apporto fattivo di Devoto che non ha lesinato l’impegno anche come muratore.
Il suo pragmatismo si riverbera anche nell’odierna proposta culinaria, che è il corretto prodotto degli anni precedenti, in cui correttamente non ha mai smesso di sperimentare, con piatti talvolta troppo carichi di ingredienti e altri con qualche spigolo di troppo.
Oggi ha raggiunto la quadratura del cerchio e se ne sono accorti anche gli ispettori: Locanda dè Banchieri è un luogo che mi sentirei di consigliare a chiunque, perché ha raggiunto l’equilibrio in tutto ciò che un ristorante contemporaneo dovrebbe offrire. Amenità dei luoghi, cura verso il cliente, una cucina che legge con acutezza il territorio, un’amalgama di sapori suadenti, che non conoscono stonature. Una piacevolezza complessiva.
Alla Locanda si giunge salendo da Sarzana, dopo qualche dolce declivio punteggiato di oliveti e dimore storiche. Si intravede l’orto con animali da cortile, dietro all’edificio principale vi è il giardino, che degrada verso la piscina di recente edificazione. Da un lato le Alpi Apuane, in fondo Lerici con il Golfo dei Poeti. Non si può dire che manchi la bellezza, da queste parti.
Non è male accomodarsi in giardino, prima di cena, a godersi la vista e un cocktail dalla nuova lista preparata da Simone Bellè. Che la scelta cada su un “Vista Mare” con Gin Cinqueterre, Vermouth alla Maggiorana e Clorofilla o un 2In Piana”, con Rum Bianco, Succo di Limone, Liquore Pruni e soda alla barbabietola, sarà sempre azzeccata. Un ottimo prodromo a lanciarsi in questo territorio.
Una volta accomodati in veranda, sarà possibile optare per la carta, due menu degustazione di piatti ormai collaudati ovvero il nuovo e più ampio “Lunezia Andata e Ritorno”, l’unione tra Luni e La Spezia che segna l’origine culturale cui Devoto è debitore.
In questo menu su cartoncino illustrato dall’artista Sofia Figliè (che firma anche le altre illustrazioni della Locanda) e stampato su carta piantabile (se la piantate in un vaso, divertitevi a vedere cosa ne uscirà), balzano all’occhio due aspetti: la devozione al territorio e l’omaggio a due grandi maestri: Piergiorgio Parini pe ril vegetale, che rivela essere la più fertile influenza degli chef nei loro mid 40’s (vedasi anche Gianluca Gorini e Antonia Klugmann, ad esempio, senza tuttavia dimenticare la sogliola di Uliassi che è già un suo nuovo classico) e Igles Corelli per la caccia.
Il percorso è una sorta di canovaccio, con alcuni inediti e una propensione a cambiare ingredienti, a seconda della stagionalità e delle verdure e delle erbe che offre il giardino in quel preciso momento.
Così se il “Welcome in Lunigiana” riassume un po’ la tradizione più nota del territorio, con la scarpazza ligure, la cialda di minestra spezzina (“mesciua”), il testarolo, “Da qui si vede la Versilia” presenta dei calamaretti tenerissimi sapientemente arrangiati con le salse di erbe prevenienti dall’orto, di cui ve ne saranno almeno di cento specie.
Cresce rispetto alla versione precedente il “gambero su Gambero” con la sua goduriosa bisque, il bottone tosco emiliano cambia il ripieno a seconda della stagione, Sinestesia tra gusto e olfatto è ostrica spezzina di eccellente carnosità che si giova dell’aggiunta dei profumi disegnati dalla madre di Devoto, la profumiera di fama internazionale Maria Candida Gentile (acquistabili presso la Locanda). L’orto della Locanda, una variazione di carciofi di casa.
E poi appunto, non può mancare il tributo a Parini, un crostino con note dolci-amare che si appalesa come un giardino nè quella selvaggina appresa strada facendo anche a contatto con Igles Corelli, omaggiato con il cervo (ma si, sa, qualcosa potrebbe sempre cambiare), per terminare con i “pomi rodei”, la mela “rotella” autoctona della Lunigiana e il “salviamisu”, il tiramisu alla salvia che segna la propensione moderna a chiudere con un dolce non dolce ma buonissimo.
Un percorso dove si incontrano forza, gentilezza, profumi, scoperte per forza non consuete per una cucina fortemente evocativa e identitaria, dove si respira un’atmosfera dolcemente familiare.
Locanda dè Banchieri
Via Porredo, 32
54035 Fosdinovo (MS)
Scheda del 9 ottobre 2021
Locanda de Banchieri, Fosdinovo: Giacomo Devoto

Chef Giacomo Devoto
Fosdinovo
Via Porredo, 32
tel. 333 184 9263
Sempre aperto
di Giulia Gavagnin
Ci sono storie di cucina raccontate col megafono, reclamizzate, a volte oserei dire “strombazzate”, dove c’è dietro il comunicatore, l’agenzia, il guru di turno che si inventa un fenomeno inesistente per arrogarsi il merito di aver scoperto un genio. Poi ci sono le storie sussurrate, di lavoro, di sacrificio, di giovani silenti che da bruco si trasformano in farfalla senza il chiasso dei balli di corte.
Una di queste storie –sussurrate- si svolge in Lunigiana, marca di confine tra Toscana e Liguria, chiusa tra le valli, e per questo storicamente un po’ scontrosa e diffidente.

Locanda De Banchieri
Il suo protagonista si chiama Giacomo Devoto, spezzino, che a un certo punto della propria adolescenza si trova a tenere bordone –in senso buono- nientemeno che ad Angelo Paracucchi, il mitologico cuoco ligure che ebbe la stella Michelin anche all’estero. E’ l’inizio di una carriera accidentata, che l’ha visto prima acquisire uno chalet in Val d’Aosta a far ragu’ di capriolo e selle di camoscio, poi a tornare in Liguria a studiare panificazione e divenire uno dei migliori pizzaioli del nord Italia, acclamato anche da 50 Top Pizza nella sua Officine del Cibo a Sarzana. Infine, il richiamo delle origini lo ha spinto a rispolverare l’antica passione per l’alta cucina, ha acquistato una storica dimora subito di là del confine, sponda Massa Carrara e vista sulle Alpi Apuane e Golfo di Lerici, “Locanda de Banchieri” il suo nome storicamente certificato, ampio scoperto, un orto vero (non i due filari di cui si vantano taluni cuochi in odor di santità), oche e galline a razzolare, un uliveto, quattro camere con vista e una piscina allestita di fresco, tutto con mezzi propri, senza sponsor né improvvisati talent-scout. Peraltro, aperto tra un intervallo pandemico e l’altro.
Non è semplicissimo arrivarci, soprattutto di sera.
Da Sarzana su per i tornanti collinari, molti uliveti, alle spalle le Alpi, si capisce che ci attende una piccola oasi che riporta indietro a un’Italia che fu.
Si giunge accolti dallo starnazzare delle oche, animali belli e intelligenti, le camere sono accoglienti, al ristorante si accede giù per le scale, livello giardino.
Si capisce che Giacomo Devoto si è fatto un regalo nell’età in cui un uomo si affaccia alla maturità, si è messo alla prova per realizzare un sogno prima che sia tardi, quello di essere uno chef di prima grandezza..
Il percorso progressivo, l’abilità acquisita e ormai pacificamente riconosciuta nella panificazione, lo hanno senza dubbio aiutato a costruire i mattoni di una cucina che è già solida e matura, che si caratterizza per l’utilizzo delle frattaglie ittiche e per sorprendenti inserimenti vegetali, erbe in particolare, tutte prodotte dall’orto.
La cucina di Giacomo Devoto

Locanda de Banchieri – zucchina, brasato e maggiorana
La proposta è equidistante tra carni bianche allevate personalmente e rosse di piccoli produttori, pescato che giunge ogni mattina dal golfo, suggestioni vegetariane, tutte cariche del fascino che ogni terra di confine porta.

Locanda de Banchieri – baccala’, peperone, alloro, salsa di acciughe
Tra i menu alla carta e quelli a mano libera, non possono mancare il baccalà con peperone, alloro e salsa di acciughe; le acciughe di Levante coi fegati dei moscardini e catalonia cotta nell’olio di trota, uno strepitoso gambero rosso su concentrato di melanzana bruciata, la locale trota d’Equi, il palombo, e una selezione di pasta ripiena che cambia a seconda dell’estro e del mercato: i bottoni di ricotta di pecora e salvia con milza grattugiata valgono da soli il viaggio.

Locanda de Banchieri – gambero su gambero, melanzana bruciata
Menu Locanda de Banchieri

Locanda de Banchieri – acciuga, fegato di moscardino, catalonia, limone

Locanda de Banchieri – bottoni di melanzane

Locanda de Banchieri – bottoni alla pecora, milza, salvia
Si è cimentato in un temibile spaghetto al pomodoro con foglia di fico, buonissimo, ma nell’anno in cui Mauro Uliassi ha fatto la sua pasta al pomodoro con la foglia di fico penso che il ragazzo sia estroso e coraggioso (in realtà mi ha detto che con la foglia di fico c’entra un antico suggerimento della madre, profumiera di professione… vuoi vedere che d’ora in poi il cuoco o si avvale del naso professionale o niente??).

Locanda de Banchieri – spaghetti Alfredo e fegati di moscardini
In stagione ci si gode il giardino, che a dire il vero più che giardino è un uliveto, con una piscina inaugurata di fresco, peraltro.
Si esce dalla Locanda de Banchieri con la sensazione che la pandemia abbia accelerato determinati cambiamenti, che nel mondo della buona cucina si stiano affacciando tanti giovani interessanti che lavorano a testa bassa, con serietà, per far star bene il cliente, senza anteporre il proprio narcisismo creativo all’obiettivo finale. Giacomo Devoto sta dimostrando di saperci fare davvero anche oltre il mondo della panificazione e della pizza. Insomma: è un tipino da tenere d’occhio!
Report del 23 Ottobre 2020

Parini e Devoto
di Fabrizio Scarpato
foto di Stefano Caffarri
Al buio. Da sempre una cena a più mani la vedo come un appuntamento al buio. Potrebbe anche non essere un male, ma non mi scombicchiera tralasciare l’identità di un locale e del suo cuoco, il rispettivo mettersi in gioco, per consegnarmi, palato e forchetta, a una serie di piatti distribuiti col manuale Cencelli, uno a te e uno a me, in una sequenza che temo tenda sempre verso il basso, verso un appiattimento: come dire… non potendo verificarsi uno scambio di dritti precisi sul lungolinea per troppo tempo, prima o poi uno dei due sbaglia. Sicché a volte si pensa sia meglio giocare un match dimostrativo. Salvo eccezioni, di quelle che spostano qualcosa nel vecchio cuore gurmé. Tipo incontrare per la prima volta, seduto a un tavolo come si deve, un cuoco iconoclasta e anticipatore, silenzioso e carismatico come Pier Giorgio Parini, ma anche visitare la nuova, agognata casa di campagna di Giacomo Devoto, che ha il solo torto di trovarsi in quella lingua di Toscana che un cartografo impazzito ha infilato in mezzo alla Liguria: cento, duecento metri, col rischio e il piacere di ritrovarsi a dormire in una regione e far colazione nell’altra. Tant’è che la dimora è molto bella, e sembra subito avere l’allure, il vasellame e l’extravaganza design necessari per far da scenografia a un incontro che si presenta tirato e ambizioso, in cui i protagonisti promettono fiondate lungolinea senza risparmio. Al pensiero gongolo, mentre abbandono l’Aurelia per intraprendere il breve viaggio che mi porterà in Toscana.
E così non mi par vero di stropicciarmi occhi e palato con una serie di piatti impressionanti, in cui gli ortaggi, spesso prodotti nell’orto dietro casa, sparano una mitragliata di sapori, dall’amaro all’acido, dal dolce al sapido, attraverso consistenze le più disparate e sorprendenti.

Banchieri, Cialda e Lecca Lecca
Uno dopo l’altro mi scapicollano un Lecca lecca di pala di fico d’India e Chartreuse, un Guanciale croccante con verdure fermentate, un Bouquet di rucola dell’orto che nasconde tra le pieghe brandelli di mortadella nostrale dei Carpinelli e un Brodo vegetale denso e fresco, dal rapporto acqua/estratto invertito, prodotto con ogni possibile verdura di stagione cotta all’infinito, per farne un court bouillon, servito appena tiepido.

Banchieri, Guanciale croccante, Verdure fermentate

Banchieri, Brodo Vegetale
Prendo la ciotola tra le mani e bevo, chiedendo perdono per i miei peccati e consentendo alle papille di farsi una doccia rigenerante, ché ci sarà bisogno di aprirsi, subito dopo, a un altro sbalestramento che si chiama Assolutamente pomodoro.

Banchieri, pomodori

Banchieri, Assolutamente Pomodoro
Quattro varietà di solanacea si alternano nel cucchiaio, con cotture diverse, diverse dolcezze, differenti acidità, inconsueti passaggi, forse un dashi, forse una qualche alga kombu (più di tanto non so…). Un piatto davvero assoluto, ma relativamente (giochìn giochìno), perché il colpo basso è una tazzina da caffè di ristretto di pomodoro, servita distrattamente lì accanto, a completare, a pimpanteggiare, a ripulire. Perché poi arriva una Zucchina bollita.

Banchieri, Zucchina bollita
Detta così sa un po’ di ospedaliero, ma in realtà il piatto resusciterebbe anche i morti, intenso com’è, denso com’è, profumato com’è: del burro in cui la nobile zucchina s’è rigirata mollemente per ore e della spolverata di sedano e prezzemolo che svolge qualcosa di più di una banale funzione a corredo. La taglio dolcemente col coltello, con lo stesso piacere della scrittura con una stilografica d’altri tempi su una carta giustamente porosa, avvalendomi della colorata nota citrina di una sauce bearnaise fatta come si deve (ammesso che io lo sappia), comunque bellissima e buonissima. Tecnica a palla, fanti. Squarci nelle tenebre. Gioco, partita, incontro? Manco per niente, solo primo set.
Buia è la strada e buio anche tra i fari, che fanno tagliare i tornanti come un ubriaco senza destra e sinistra, finché la signorina dalla voce algida non ci tiene ad informarmi che la mia destinazione si trova un chilometro e rotti più in là: perplesso le do corda, la strada si fa sempre più stretta e impervia, mi ritrovo senza radar dentro un bosco, la mia Ford che si bulla sentendosi Land Rover, auspicando l’immancabile guado di torrente fangoso: qualche bestemmia lanciata attraverso la campagna come s.o.s. di soccorso, finché la pietosa signorina mi dice con che ora la mia destinazione si trova sulla destra, ma a circa un chilometro, in discesa. Ridacchiava sotto sotto, lo so. Forse la signorina poteva dirmi «torna indietro» e mi evitavo il giro della Lunigiana: comunque ne ho fatto tesoro, non sono un gran guidatore, ma la clorofilla fa bene. Ora sono più tranquillo, anche perché nel piatto ho un amato Spaghetto aglio, olio e peperoncino, rosso di barbabietole, ma non dolce.

Banchieri, Spaghetti Aglio Olio e Peperoncino

Banchieri, Porco Gallo Porco
Mi sa che trigliceridi, capsicina e allicina si sono messi d’accordo per inventarsi una nota sapida, magari anche acidula, con l’aiuto di una goccia di limone: farla breve, il boccone è eccitante ma insieme familiare e rassicurante, giocosamente austero, perché se ne frega altamente dell’effettismo che colpisce tutti noi fighetti, cuochi della domenica, quando esibiamo al colto e all’inclita la colorazione anomala di una pasta secca. Con le papille pervase da un certo senso nostalgico, attacco poi, in discesa, i Bottoni di ricotta, salsa alla salvia e bottarga di carne e il Porco Gallo Porco: due piatti ben fatti, con materie prime da urlo, fondi e cotture altrettanto impeccabili, morso e gusto abbracciosi, confortevoli, piatti che da qualche parte hanno un predellino nella memoria (anche se a pensarci bene quel testacoda di maiale farcito con ciccia di gallo, aveva una sua sacrosanta, imprescindibile scostumatezza rivelatrice).

Banchieri, Bottoni di Ricotta, Salsa alla Salvia, Bottarga di carne
Cosi che l’Uovo poché, faraona marinata e crema di patate, tanto radicato e déja vu, fa la fine, porello, di una specie di intermezzo ricreativo e fuggevole (però belin, cotto alla perfezione, e che buono, e che colore quel tuorlo: della serie alla fine siamo tutti bambini schizzinosi e viziati).

Banchieri, Uovo Poche’, Faraona marinata
Bui, sono bui questi tempi che viviamo. E come dice l’Incommensurabile Cuoco Affabulatore è necessario esser creativi, scartare di lato rispetto al consueto, magari prendendosi dei rischi pur di illuminare la strada. Infatti ora in discesa, a fari spenti nella notte in cerca di emozioni, al punto che Lucio Battisti nemmeno mi allaccerebbe le scarpe, sbando di brutto per due piatti abbaglianti, tanto luminosi, e rischiosi, da spettinare tutte le certezze e far rabbrividire tutte le nonne, compresi i loro fornelli, ai lati d’Italia, tutta. Perché la Tagliata di zucca è un capolavoro di tecnica (vi sfido a fare quelle fettine dalla tessitura così compatta e soprattutto a farle stare in piedi), un manifesto di cucina moderna, in cui il vegetale si impone anche come scelta etica e sostenibile, commendevolmente presentato con una certa crudezza e realismo, senza soggiacere alla dittatura lacrimevole del fiorellino e della fogliolina a tutti i costi.

Banchieri, Tagliata di Zucca
Luce intermittente, però, perché la dolcezza è dura a morire, e pur non cadendo nella svenevolezza grazie alla potenza balsamica e silvestre di abbondanti aghi di cipresso (foraggiati in loco), il piatto non mi ha preso fino in fondo, o forse non sono disposto io a resettare certi circuiti, stampati sul mio fragile e non così collaudato palato. Un po’ mi sento inadeguato e mi ci incazzo, e così al carico di briscola Bietola, kiwi e capperi, vado fuori giri e alzo bandiera bianca (non senza un buffetto di consolazione alla povera bieta che mi guardava implorando «non ce la posso fare…»): troppo dolce il kiwi giallo, troppo latitanti i capperi e la loro necessaria spalla sapida. Troppo bella però l’idea, tanto da immaginare un’alternativa tutta verde, di kiwi (più acidulo), bietola e polvere di capperi. Insomma la palla è fuori, e non è servito nemmeno l’occhio di falco, pur apprezzando il gesto tecnico.

Banchieri, Bietola, Kiwi, Capperi
Alla fine, un po’ sconsolato, trovo conforto in un convalescenziale Riso al latte, che all’idea non mi fa palpitare: invece, trattenendomi a stento in un disperato tentativo di decoro, oso spazzolare un piatto di devastante bontà ed equilibrio, in cui riso, latte, ricotta, canditi e polvere di elicriso accennano infinite sfumature dolci-nondolci, forse non cinquanta (pur sprigionando erotismo ad ogni cucchiaio), ma abbastanza da ricordare un piatto storico di Uliassi giocato, al tempo, con la mozzarella di bufala, ma anche il più buono dei panettoni, per non dire l’immediatezza pastorale di un cannolo siciliano, ai piedi dell’Etna gigante.

Banchieri, Riso al Latte
La tua destinazione è sulla sinistra. In effetti l’insegna è grande così, e ben illuminata. Ho fatto tre o quattro chilometri per tornare praticamente al punto di partenza. Andata e ritorno. Buio e luce. E se, come diceva il filosofo Venditti, i grandi amori fanno giri immensi e poi ritornano, mi persuado che questa sacrosanta verità valga anche per la cucina, in una sorta di boomerang, o meglio di visione palindroma. Perché un piatto racconta gli ingredienti che lo compongono, perché senza ingredienti lo stesso piatto non esisterebbe, perché il cuoco (un cuoco come Parini o Devoto) vede, immagina, catalizza e mette ordine, facilitando la lettura, semplificando la corsa, in un verso o nell’altro. Su e giù. Prima e dopo. Come queste righe, che hanno raccontato il senso di una cena attraverso stati d’animo e situazioni che l’hanno preceduta, come lo stesso menu, che con minime variazioni potrebbe cominciare da dove è finito e terminare dove è iniziato. Palindromi, per cui non ha senso scoprire la paternità di questo o quel piatto, perché alla fine il risultato sarebbe sempre gaudiosamente lo stesso: tratti di cucina coerente e nitida, concisa e intensa, dove la ricerca del cuoco è una corrispondenza d’amorosi sensi con ciò che in qualche modo gli somiglia, con quanto di buono c’è tutt’intorno, da dietro casa fin dove gli pare. Qualcosa dalle parti della bellezza del vivere: mangiare, amare, conoscere, scoprire, imparare, creare, ricordare… tutto di fila, senza fermarsi, nell’ordine e nel verso che più ci aggrada.
Entro. Come aperitivo mi offrono un rosso scalciante di De Battè (tanto per non smentirsi). Mi siedo al tavolo: ora possiamo cominciare.

Banchieri, Foraging
Crediti
– La serata fa parte di una serie di incontri alla Locanda de Banchieri tra cuochi appartenenti all’associazione Chic – Charming Italian Chef
– Le foto sono state gentilmente concesse da Stefano Caffarri. Sono immagini che parlano da sole, tanto da considerarsi salvifiche rispetto alle parole astrusamente immaginifiche dell’umile scriba. Grazie Stefano, è un privilegio.
Locanda de Banchieri
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Un quattro mani messo a fuoco da altre quattro mani, degustato vicino al camino scalda, immaginando…anche il camino