Logroño e la Rioja: la Spagna del vino


Logroño, rotta enoturistica, i tipici portici, il fiume Ebro che attraversa tutta la Rioja ed il simbolo del cammino di Santiago

di Sara Marte

Città sussurrata, spirituale, malinconica, amichevole e calda. Vivacissima di notte con i suoi pinchos bar, qui piccoli bocconi di alta e prelibata cucina, Logroño è meta di pellegrini e raffinati buongustai che troveranno una struttura enogastronomica di altissimo rilievo. Capoluogo della comunità autonoma de la Rioja, tappa del Cammino di Santiago, cuore vitivinicolo attivo, è capitale gastronomica di Spagna dal 2012.

Le strade affollate per la cena itinerante tra pinchos bar

Prelibati pinchos, dal brasato di toro al fegato grasso alla piastra o maiale laccato con composta di mele.

Il fascino della discrezione, la meraviglia della semplicità che nasconde e quasi protegge la grandezza di una vera e radicata competenza enogastronomica. Le due anime di Logroño, spirituale e terrena, convivono, giocano in una commistione in cui c'è un grande ponte: l'uomo. Non conta cosa ti abbia condotto fin lì, ma solo ciò che sei disposto a dare e a ricevere dal contatto genuino e istintivo con gli altri. Parte da qui la scoperta di Logroño anima della Rioja, incredibile sintesi di storia e tradizione enologica di Spagna, cui si affianca un'idea moderna di cantina con i suoi eccessi, splendori architettonici ed artistici.

Logroño, La Rioja. Bodegas Darien. Premio Best of wine Tourism 2009. Enoturismo e architettura

La storia della città è legata indissolubilmente al vino. Una legge del 1905 disciplinava la protezione delle vigne a Logroño ed ancora, nel 1595, si proibiva la circolazione di carri nelle strade interne della città poiché le forti vibrazioni potevano rovinare i vini custoditi nelle cantine. Il XIX secolo, segnato, per il mondo del vino dalla fillossera, fu per la Rioja, un vero punto di svolta. Enologi e produttori, principalmente da Bordeaux, si guardarono attorno alla ricerca di territori non ancora raggiunti dalla fillossera. Scelsero così questa terra vocata, portando con sé conoscenza e competenza. Da allora la Rioja deve a Bordeaux due pratiche che divennero basilari: fermentazione alcolica e affinamento in rovere francese. Al contempo i grandi centri del vino come Haro (vedi Barrio de la Estación), Cenciero, Fuenmayor e ovviamente Logroño, fiorirono con la costruzione di linee ferroviarie che portavano le botti verso la vicina Francia.  Il XX secolo definisce la grande crescita del vino, con uno sviluppo quantitativo e forti investimenti in tecnologia. Approdati al XXI secolo, l'esclusivo obiettivo è la qualità e puntando sulla diversificazione. Qui si colloca inoltre temporalmente quello sviluppo e quella sensibilità nei confronti dell'arte e dell'architettura.

Rioja vitivinicola divisa nelle tre sottozone Rioja Alta, Alavesa e Baja (foto di repertorio)

Questa è la regione “dei centomila vini”, ufficialmente divisa in tre sottozone – Rioja Alta, Rioja Baja e Rioja Alavesa- è però così eterogenea da vantare una miriade di microzone differenti.  Le cantine allora creano blend specifici per i propri vini che, assemblati, identifichino uno stile aziendale specifico e costante.  Da qui dunque è spiegato il soprannome “terra dei centomila vini” poiché infinite sono le possibilità: diverse zone, microzone o piccoli vigneti, affinamento e legni, la mano dell'enologo e l'ulteriore variabile blend.

La tipica terra e le distese a perdita d'occhio di vigne.

Le strade corrono veloci tra vigneti che si perdono dietro colline e tramonti. La terra è loro ed il resto sembra gli sia stato costruito attorno, quasi per sbaglio. Grandi spazi ed insieme frammentarietà, una delle caratteristiche che contraddistinguono la Rioja. I numeri lo spiegano chiaro: Ci sono circa 500 aziende e oltre 20.000 coltivatori, una vera potenza, spesso riuniti in cooperative. Monovitigni, Single Vineyard ed ancora parole come “terruño”, terroir, sono la forza che muove queste terre ormai lontane da quel passato in cui il “vignaiolo produceva solo l'uva e la cantina faceva solo il vino senza cura l'uno dell'altro”, così come racconta un enologo in azienda fuori dai denti e soprattutto da quei tour di plastica.

La Concatedral Santa Maria la Redonda

E allora, dimenticato ogni dato-numero-impegno, vi perderete nel tempo in giro fra storia e tradizione avvinghiate ad un'inesorabile e constante evoluzione; vi smarrirete nelle stradine con i pellegrini sfiorando la buia Concatedral Santa Maria de la Redonda o l'Iglesia de Santiago el Real, dove le guide, profane, spronano a osservare i poderosi attributi del cavallo della statua di Santiago. (Risparmiamo documentazione fotografica). Sarete pervasi dalla rassicurante sensazione di conoscere da sempre questa terra e vi sembrerà che in fondo “le persone giungono sempre al momento giusto nei luoghi in cui sono attese” [cit. P. Coelho, Il cammino di Santiago].

2 Commenti

  1. Spettacolare la descrizione del connubio territorio, uomo, spirito ed enogastronomia. Se aggiungete l’incontro con un amico che non vedevate da almeno 10 anni alle prese con il cammino De Santiago, capirete come questa città possa solo affascinarvi e coinvolgervi.

  2. Altro ottimo servizio. Complimenti Sara. A proposito dei francesi scesi nella Rioja dal non lontano Bordolese, fu Jean Pineau nel 1868 che per primo insegnò i metodi francesi di vinificazione ai viticoltori locali ed introdusse poi il Cabernet Sauvignon qui.

    Un abbraccio.

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