L'Olivo del Capri Palace


L'Olivo del Capri Palace

Due stelle Michelin non sono frutto del caso o di una scelta arbitraria.
E neanche subordinate alla pre-condizione di avere la cantina zeppa di vini francesi, una delle tante leggende in circolazione negli ultimi anni. Un riconoscimento così importante nasce dalla chimica prodotta nell’incontro tra un imprenditore, in questo caso Tonino Cacace impegnato a qualificare il Capri Palace su più versanti, e uno chef con solide esperienze alle spalle, come Oliver Glowig, dunque capace di coniugare gusto gourmet internazionale ed espressione tipica del prodotti di territorio. Citiamo subito, per esempio, alla pasta e patate con astice blu del Mediterraneo. Questa in corso è la prima stagione bistellata dell’Olivo: un crescendo rossiniano secondo noi non ancora giunto al termine.
La prima stellina arriva nel 2004, nel 2007 il Capri Palace viene introdotta nella Gold list di Condé Nast Traveller. Come Oliver nel Sud ci sono solo, Taverna del Capitano, il Don Alfonso e la Torre del Saracino (l’altro campano è Tonino Cannavacciuolo), in Abruzzo Nico Romito al Reale di Rivisondoli, in Sicilia il Duomo di Ciccio Sultano. Il cuoco tedesco trapiantato a Capri per amore e per lavoro si è fatto le ossa a Le Gourmet di Otto Koch in Germania e con Marchesi in Italia, rappresenta ormai la ”terza via” al dualismo maturato negli ultimi anni in Penisola tra gli appassionati. Una stella l’aveva già beccata insieme alla moglie Paola con il suo Acquarello a Monaco. Una esperienza dunque da fare se amate davvero l’alta cucina, con alcuni spunti geniali come il risotto al limone con il crudo di mare e la scaloppa al fegato grasso con albiccocca e pistacchi.
Già, ma quanto costa? Il menu della tradizione prevede pomodoro e mozzarella, la parmigiana, i ravioli capresi, i totani ripieni, la granita, il ragù e la torta e costa 150 euro, 50 euro come supplemento ai clienti che hanno la mezza pensione. Il menu degustazione comprende trippa di baccalà con caviale, pancetta, ricotta e taccole, scaloppa di fegato, ravioli di friarielli e scamorza affumicata con alici alla colatura, triglia, crudo e cotto di verdure, piccione e sfera di cioccolato. Pagherete 170 euro, 70 euro come supplemento. Il servizio del ristorante, diretto dal giovane e navigato Fabio Raucci, è perfetto. La carta dei vini, seguita dai sommelier Giovanni Guida e Angelo Di Costanzo, curiosa in Campania, ampia e profonda nel resto.
Gli artusiani troveranno classici rivisitati come la fantasia di vitello da latte, i ravioli capresi sono per i tradizionalisti mentre i creativi saranno coinvolti dalla triglia con croccante di pelle di pollo e fagioli di Controne: insomma, l’avete capito, ognuno troverà il suo motivo di soddisfazione. Ma qualunque sia il vostro orientamento, non perdete il cotto e il crudo di verdure: excellent.