Lonigo (Vicenza). Ristorante La Peca dei fratelli Portinari
Ristorante La Peca a Lonigo dei fratelli Portinari
Via Giovanelli, 2
Tel. 044.830214
www.lapeca.it
Sempre aperto. Chiuso lunedì e domenica sera. Nei mesi estivi anche a pranzo

La Peca – chef Nicola Portinari
di Giulia Gavagnin
L’anima del Veneto è una-e-trina.
Sotto la bandiera unica del Leone riposano tre dimensioni spirituali.
Quella veneziana, Serenissima Repubblica estinta, oggi luna park per adulti e lo scempio della Grande Industria intorno che ha lasciato macerie.
Quella veronese dei suoi abitanti “tutti matti”, terra di confine che si trastulla nelle fredde acque lacustri del Garda e guarda con un occhio alla Lombardia, con l’altro –sghembo- al Brennero.
Infine, il cuore del Veneto, il Deep Veneto. Incuneato nelle province di Padova, Treviso, Vicenza, terra elle partite Iva, dei capannoni che hanno deturpato il piatto piano Padano, dei “schei” (“sghei” in altre declinazioni vernacolari). Nel Deep Veneto – Veneto profondo- sono fioriti i due ristoranti più importanti del miracolo economico della Regione.
Le Calandre e La Peca.
Una storia di rivalità che esiste soltanto nell’immaginario dei loro clienti affezionati, i padovani con il loro istinto espansionistico da un lato e dall’altro i vicentini –terra di artigiani dell’oro e della concia- amanti dell’altissimo artigianato e della familiarità d’impresa. Entrambi si contendono lo scettro di “miglior ristorante del Veneto”, ma il dibattito è ozioso perché diversi sono gli stili, gli intenti, l’approccio.
Nella realtà, La Peca continua a essere, semplicemente, “l’altro” grande ristorante del cuore del Veneto.
“Grande ristorante” inteso come luogo dove il territorio narra se stesso nella sua versione più elevata, ma anche dove il cuore pulsante dell’economia locale discute affari, elabora piani, progetti, sviluppo, decide il futuro proprio e del comparto aziendale.
Si parla troppo di ristoranti e troppo poco di clientela.
Il pregio di luoghi come La Peca (o Le Calandre) è che continuano a detenere un’ampia percentuale di clientela imprenditoriale locale, stabile e abbiente, che contribuisce a orientare la solidità della proposta culinaria.
Una e trina, come l’anima della sua Regione.
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La Peca sembra un piccolo forte nel cuore di Lonigo, sul limitare dei Monti Berici.
Tutt’intorno svettano alcune famose ville Palladiane, simbolo di un’ideale di classicismo connaturato al territorio.
Colonne, proporzioni auliche, cupole e rotondità.
In questo panorama, fiorisce la cucina di Nicola Portinari, figlio di macellai che con il fratello Luigi “Gigi” ha iniziato negli anni Novanta l’avventura de La Peca (“impronta” nell’idioma locale) portandola fino al traguardo indiscusso delle due stelle Michelin.
Due sale, una panoramica sulla Rocca Pisana dove si erge la villa dello Scamozzi, il servizio preciso di Luigi Portinari e Cinzia Boggian, e uno dei migliori sommelier d’Italia, Matteo Bressan.
Non del Veneto, d’Italia. Bressan è uno che potrebbe lavorare ovunque, a New York, a Parigi, a Madrid e invece, da più dieci anni convive felice con la famiglia Portinari che grazie alla sua conoscenza si avvale della carta dei vini più interessante della Regione. E –per fortuna- non ha alcuna intenzione di andarsene, ci dice.
La proposta stagionale consta di tre menu, uno di terra (180 Euro), uno di mare (190 Euro) e uno vegetale (160 Euro), oltre a una ricca scelta à-la-carte.
Nicola Portinari è sempre stato attento al vegetale, anche in tempi non sospetti.
Il menu esclusivamente vegetale non è una concessione alla moda del momento, ma una naturale evoluzione di un percorso iniziato molti anni prima, ci dice Portinari. In ogni caso, nei mesi di gennaio e febbraio questo menu non sarà disponibile, presumibilmente sostituito da un intrigante percorso di selvaggina che non mancheremo per tutto l’oro del Mondo.
Così, nella quiete di una ventosa giornata dicembrina, ci avventuriamo in un percorso misto, che rappresenta La Peca ora ed allora.
Tiriamo il collo e avvistiamo qualche tavolo più in là Elisabetta Foradori, la signora del Teroldego trentino in anfora, con un noto esperto locale di vini francesi.
Per nulla suggestionati dalla presenza dell’Illustre Indigeno, stavolta evitiamo incursioni transalpine e sfruttiamo la conoscenza di Bressan per avvicinare il poco conosciuto mondo enologico locale.
Scegliamo il “Cinque” di Marco Buvoli, pinot nero metodo classico emozionante ed emozionale di Gambugliano, che uno deve cercare apposta sulla mappa geografica e il Tai Rosso di Daniele Portinari, insospettabile nelle delicatezze del frutto e nella trama piacevolmente elegante.
Cosa si mamgia alla Peca dei fratelli Portinari

la Peca – Cinque di Marco Buvoli

La Peca – Tai Rosso
Amouse bouche di rito, “il nostro pane” e iniziamo con il classico dei classici de la Peca, il Gelo di Acqua Tonica, lime e profumo di gin con tartare di scampi, gamberi rossi e canoce.

La Peca – amouse bouche

La Peca – Il Pane
Un piatto che fu il trait d’union tra Adriatico e suggestioni ispaniche, quando lo chef frequentava Lo mejor de la Gastronomia e si produsse persino in un piatto chiamato “Cartoline da San Sebastian”. Erano anni più scoppiettanti, ammettiamo tutti.

La Peca – Boom di calamaretto e ricotta fermentata

La Peca – gelo di acqua tonica, lime profumo di gin con tartare di scampi, gamberi rossi e canoce.
Ma, poiché la vita continua, procediamo con alcune estrapolazioni dal menu vegetale: un’estetica rosa di rapa, kefir di capra, liquirizia e arachidi e le Casarecce integrali “Fracasso” (piccolo pastificio locale) con Fagioli di Lamon e Olio “Le Marsicane” di intrigante persistenza, prima di pescare a piene mani nella parte più selvatica e intensa del menu di terra.

La peca – petali di rapa rossa, kefir di capra, liquirizia e arachidi

La Peca – Pasta e fagioli di Lamon
Un trittico sensazionale, da manuale della cucina. Risotto di faraona, porro e mosto d’uva Garganega; Sella di lepre dry-age, nespole al bitter, scorzonera e amaranto; e Germano reale alle verze tostate, coscia fondente e crostone ai fegatelli.

La peca – risotto faraona, porro, mosto di uva garganega

La Peca – sella di lepre dry-age

La Peca – Germano reale alle verze tostate

La Peca -Germano reale, secondo sevizio

La Peca – filetto di germano reale
Game, set, match: intravediamo il piacere più lussurioso nell’imminente menu di caccia by Portinari.
Infine, la lezione di cucina si conclude con due soufflé, armonici e delicatissimi che mi riportano direttamente alle scorribande lionesi da Mère Brazier.

La Peca – souffle’ al frutto della passione
Un dessert che si trova sempre meno, perché sempre in meno sono capaci di farlo, triste verità.
De La Peca non si parla moltissimo perché la sua eccellenza è fatto noto, perché i Portinari sono gente riservata non incline ai riflettori, perché si sa che gli abatini della ristorazione sono affaccendati in altre ricerche di immagine.
La verità è che La Peca è un grande ristorante ancora nel pieno della sua vitalità, e questa è la notizia più importante di tutte.
REPORT DEL 16 APRILE 2010
La Peca
Via Alberto Giovannelli, 2
Lonigo (VI)
Via Giovanelli, 2
Tel. 044.830214
www.lapeca.it
Sempre aperto. Chiuso lunedì e domenica sera. Nei mesi estivi anche a pranzo
Ferie: variabili a febbraio, due settimane a giugno e una in agosto.
A metà strada fra Vicenza e Verona c’è il ristorante veneto più importante dopo le Calandre e Perbellini. Per l’Espresso 2010.
La Peca (vuol dire traccia) ha dal 1996 la prima stella Michelin, da qualche mese la seconda. Siamo nella campagna veneta, l’ambiente è assolutamente rilassante, l’atmosfera ricorda vagamente i salotti delle nuove case borghesi degli anni ’70 con bei pezzi e pavimento di parquet: molta funzionalità niente ostentazione e pochi ricordi per capirci. C’è la sala grande per la tavolate familiari e di gruppo, e poi un po’ di angolini dove è possibile vivere più intimamente la serata.
Il panorama rilassa, ma noi, come al solito, siamo avvolti dal buio. Noi? Beh sì, stavolta ero con il Gran Capo in missione non segreta, una serata tranquilla prima del combattimento nella Fiera di Verona. Ovviamente spunti e valutazioni sono soltanto mie, anche perché Enzo, lo sapete, le cose non le manda a dire.
Prima domanda: cosa ricordo?
In primo luogo un servizio impeccabile e discreto, preciso ma contenuto.
Poi sapori molto precisi, niente inguacchi, una cucina costruita attorno ad una materia prima attorno alla quale Nicola gira come faceva Cassius Clay con gli avversari. Una cucina di energia dunque, legata sicuramente alla ricca tradizione territoriale continuamente richiamata, ma anche divertita, aggiornata con guizzi biricchini decisamente interessanti.
Sicuramente, insomma, non un ristorante autocelebrativo o fermo, ma ancora in movimento dinamico.
Vale la pena soffermarsi sul pane, in genere un po’ trascurato nelle recensioni eppure fondamentale, anche in considerazione del fatto che in genere è la cosa che più si mangia. Abbiamo ammirato l’ottima tecnica di lievitazione, come del resto potrete vedere anche dalla foto.
Quanto ai vini, la Carta è un aggiornamento della Treccani.
Si comincia con questo cuoppo veneto, ampollosamente chiamata cornucopia, un bel fritto semplice e pulito.
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Io non ho resistito e mi sono buttato su un classico, le variazioni del foie gras
Un piatto ghiotto, giocato sulle diverse consistente, talvolta si punta omeopaticamente sulla dolcezza, altre si lavora per contrasto. Una materia prima assolutamente sotto controllo, di quei colpi lanciati a memoria
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Potremmo dire il grande Nord, del resto annunciato dal burro a tavola. Sapore rotondo, morbido.
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Qui siamo sull’antipasto ordinario, con la carne impegnata a giocare nelle pieghe di ortaggi e legumi di stagione
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Qui torno bimbo quando si andava nei boschi in cerca di sciuscelle. La sapidità iodata dell’ostrica in combattimento con la dolcezza della pasta. Piatto dinamico, doccia scozzese nel palato, direi per certi versi emozionante. E poi buono, tanto buono.
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Qui il piatto è invece tranquillo, semplicemente buono.
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Non poteva mancare ovviamente il classico della casa
Qui è come dire spaghetto con lo scammaro a Napoli. Buono, goloso, netto, nessuna velleità di inventare nulla su un Propileo come questo
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Tra i secondi questo è stato sicuramente il più divertente: fresco, molto dinamico, la dolcezza della carne d’oca è molto ben contrastata e si finisce rapidamente anche con l’aiuto delle erbe di campo.
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Questo invece è stato il piatto più deludente, il tonno. Già di per se la sua carne non è esaltante, assolutamente monotematica, qui penalizzata a mio parere da un eccesso di cottura che lo ha caramellato all’esterno. Dov’è il mare?
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Le sfere di zucca esplodono in bocca spandendo dolcezza poi rinsavita da freschezza. Grande pensata ed effetto fuochi artificiali.
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Infine qui il rischio zucchero è sventato. Chiusura che ripulisce la bocca dopo una cena così importante.
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Dopo uno sguardo alla carta Vizzari ha studiato menu incrociati per consentire di provare praticamente tutto e confrontarlo: l’esperienza è stata piena e completa, spaziando dai classici sino ai piatti innovativi di stagione.
La Peca è sicuramente un luogo di sapore e di alta professionalità. Da non perdere se siete in Veneto, facile da raggiungere perché è logisticamente quasi al centro.
Avrete modo di entrare nel palato regionale, studiare il suo aggiornamento, sperimentare il naturale alleggerimento verso cui anche questa cucina è inesorabilmente diretta.
Vi lascio con l’altro vino e con una grande voglia di tornarci.
Ristorante La Peca a Lonigo dei fratelli Pertinari
Un commento
I commenti sono chiusi.
Piccolo appunto: la Peca, per la guida dell’Espresso 2010, viene dopo Perbellini (18)..quindi (purtroppo) non immediatamente dopo le Calandre..è un auspicio? in tal caso lo condivido :-)