
Via Giovanelli, 2
Tel. 044.830214
www.lapeca.it
Sempre aperto. Chiuso lunedì e domenica sera. Nei mesi estivi anche a pranzo
Ferie: variabili a febbraio, due settimane a giugno e una in agosto.
A metà strada fra Vicenza e Verona c’è il ristorante veneto più importante dopo le Calandre e Perbellini. Per l’Espresso 2010.
La Peca (vuol dire traccia) ha dal 1996 la prima stella Michelin, da qualche mese la seconda. Siamo nella campagna veneta, l’ambiente è assolutamente rilassante, l’atmosfera ricorda vagamente i salotti delle nuove case borghesi degli anni ’70 con bei pezzi e pavimento di parquet: molta funzionalità niente ostentazione e pochi ricordi per capirci. C’è la sala grande per la tavolate familiari e di gruppo, e poi un po’ di angolini dove è possibile vivere più intimamente la serata.

Il panorama rilassa, ma noi, come al solito, siamo avvolti dal buio. Noi? Beh sì, stavolta ero con il Gran Capo in missione non segreta, una serata tranquilla prima del combattimento nella Fiera di Verona. Ovviamente spunti e valutazioni sono soltanto mie, anche perché Enzo, lo sapete, le cose non le manda a dire.
Prima domanda: cosa ricordo?
In primo luogo un servizio impeccabile e discreto, preciso ma contenuto.
Poi sapori molto precisi, niente inguacchi, una cucina costruita attorno ad una materia prima attorno alla quale Nicola gira come faceva Cassius Clay con gli avversari. Una cucina di energia dunque, legata sicuramente alla ricca tradizione territoriale continuamente richiamata, ma anche divertita, aggiornata con guizzi biricchini decisamente interessanti.
Sicuramente, insomma, non un ristorante autocelebrativo o fermo, ma ancora in movimento dinamico.


Vale la pena soffermarsi sul pane, in genere un po’ trascurato nelle recensioni eppure fondamentale, anche in considerazione del fatto che in genere è la cosa che più si mangia. Abbiamo ammirato l’ottima tecnica di lievitazione, come del resto potrete vedere anche dalla foto.
Quanto ai vini, la Carta è un aggiornamento della Treccani.


Si comincia con questo cuoppo veneto, ampollosamente chiamata cornucopia, un bel fritto semplice e pulito.
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Io non ho resistito e mi sono buttato su un classico, le variazioni del foie gras

Un piatto ghiotto, giocato sulle diverse consistente, talvolta si punta omeopaticamente sulla dolcezza, altre si lavora per contrasto. Una materia prima assolutamente sotto controllo, di quei colpi lanciati a memoria
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Potremmo dire il grande Nord, del resto annunciato dal burro a tavola. Sapore rotondo, morbido.
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Qui siamo sull’antipasto ordinario, con la carne impegnata a giocare nelle pieghe di ortaggi e legumi di stagione
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Qui torno bimbo quando si andava nei boschi in cerca di sciuscelle. La sapidità iodata dell’ostrica in combattimento con la dolcezza della pasta. Piatto dinamico, doccia scozzese nel palato, direi per certi versi emozionante. E poi buono, tanto buono.
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Qui il piatto è invece tranquillo, semplicemente buono.
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Non poteva mancare ovviamente il classico della casa

Qui è come dire spaghetto con lo scammaro a Napoli. Buono, goloso, netto, nessuna velleità di inventare nulla su un Propileo come questo
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Tra i secondi questo è stato sicuramente il più divertente: fresco, molto dinamico, la dolcezza della carne d’oca è molto ben contrastata e si finisce rapidamente anche con l’aiuto delle erbe di campo.
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Questo invece è stato il piatto più deludente, il tonno. Già di per se la sua carne non è esaltante, assolutamente monotematica, qui penalizzata a mio parere da un eccesso di cottura che lo ha caramellato all’esterno. Dov’è il mare?
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Le sfere di zucca esplodono in bocca spandendo dolcezza poi rinsavita da freschezza. Grande pensata ed effetto fuochi artificiali.
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Infine qui il rischio zucchero è sventato. Chiusura che ripulisce la bocca dopo una cena così importante.
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Dopo uno sguardo alla carta Vizzari ha studiato menu incrociati per consentire di provare praticamente tutto e confrontarlo: l’esperienza è stata piena e completa, spaziando dai classici sino ai piatti innovativi di stagione.
La Peca è sicuramente un luogo di sapore e di alta professionalità. Da non perdere se siete in Veneto, facile da raggiungere perché è logisticamente quasi al centro.
Avrete modo di entrare nel palato regionale, studiare il suo aggiornamento, sperimentare il naturale alleggerimento verso cui anche questa cucina è inesorabilmente diretta.
Vi lascio con l’altro vino e con una grande voglia di tornarci.
Un commento
markuskoellner
25 aprile 2010 - 11:22Piccolo appunto: la Peca, per la guida dell’Espresso 2010, viene dopo Perbellini (18)..quindi (purtroppo) non immediatamente dopo le Calandre..è un auspicio? in tal caso lo condivido :-)
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