Mastroberardino sulla crisi del vino: si supera se rilanciamo il consumo interno non riducendo l’offerta
Luciano Pignataro
“Ogni dato vendemmiale si presta a diverse interpretazioni, dipende da che punto di vista viene valutato e soprattutto in quale contesto storico”. Il Cavaliere del Lavoro Piero Mastroberardino conferma il suo stile low profile che non si lascia andare a facili entusiasmi o a considerazioni catastrofiche. Dallo scorso Vinitaly presiede il Tavolo Nazionale di Filiera a cui aderiscono tutti, o quasi i protagonisti del mondo del vino.
Toccare dopo tanti anni di nuovo i 48 milioni di ettolitri e distanziando di gran lunga i nostri competitor francesi e spagnoli mi sembra comunque un segnale incoraggiante
“Il 4 agosto ci siamo incontrati con il governo e per la prima volta abbiamo avuto il piacere di avere alla riunione, oltre ai ministri competenti, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Si è trattato di una riunione molto proficua con il massimo livello istituzionale pronto ad ascoltarci e con la volontà di analizzare la situazione e adottare contromisure”
Ripartiamo allora dai dati resi noti ieri.
“La premessa e che nel valutare ogni vendemmia bisogna dividere l’aspetto produttivo da quello commerciale. Sicuramente possiamo parlare di una gran bella annata in tutta la Penisola con un risultato di gran lunga migliore rispetto a quello delle ultime quattro vendemmie e soprattutto tutti siamo contenti della qualità dell’uva sino a qui raccolta. Anche in Irpinia dove ovviamente non abbiamo ancora cominciato siamo molto soddisfatti dell’andamento”.
Non possiamo rinunciare al vino: rappresenta l’Italia
Passiamo allora all’aspetto commerciale. Qui la situazione appare decisamente più problematica.
“Non c’è dubbio che il consumo di vino sia in forte calo nel nostro paese. Le ragioni sono molteplici e vanno dal cambiamento dello stile di vita al terrorismo salutista, dall’aumento dei prezzi nei ristoranti alla paura dell’alcol test. Il tutto in un contesto di riduzione dei consumi generalizzato”.
Dunque avere più uva non serve a molto se le cantine sono ancora piene di bottiglie della vendemmia del 2024.
“Molti territori italiani sono alle prese con queste problematiche, soprattutto quelli legati alla produzione di rossi dove si registrano le maggiori contrazioni di vendite In questi casi la ricetta più facile sarebbe ridurre l’offerta espiantando vigneti con hanno fatto in Australia e come è accaduto anche in Francia, ma noi abbiamo espresso una posizione assolutamente contraria a questa soluzione”
Per quale motivo?
“In primo luogo perché la contrazione dei consumi riguarda soprattutto il mercato interno italiano. A livello di domanda internazionale non siamo in una situazione allarmante. Ci sono contingenze internazionali difficili come la guerra alle porte dell’Europa, ma i risultati del mercato americano sono molto confortanti. Il problema dunque è il mercato italiano, alla cui contrazione non si può rispondere semplicemente puntando sull’export”.
Se l’export e la riduzione degli ettari vitati non sono la soluzione cosa fare?
“L’export non è una soluzione perché va già bene e diventa difficile prevedere forti incrementi tali da compensare la riduzione della domanda interna. Al tempo stesso espiantare viti significa certificare il declino della viticultura in Italia e noi questo non lo vogliamo assolutamente perché abbiamo una storia vitivinicola di quasi tremila anni e il vino rappresenta un asset del made in Italy a tavola in tutto il mondo”.
Quale può essere allora la soluzione?
“Nella riunione del 4 marzo abbiamo chiesto e ottenuto dal governo un impegno a sostenere una massiccia campagna interna a favore del vino italiano. Situazioni di espianto possono essere adottate in zone che versano in particolari situazioni, ma non può essere la chiave di una politica generale da adottare Anche perché andremo contro i piani aziendali che non si fanno di anno in anno e che in molti casi si realizzano su un arco temporale molto lungo. Abbiamo chiesto al governo una forte campagna che rimetta il vino al centro del nostro immaginario collettivo e non faccia sentire in colpa chi lo consuma moderatamente”.
Il governo come ha risposto a questa richiesta?
“Molto positivamente, mi sembra consapevolezza comune di Giorgia Meloni e dei ministri che è il momento di invertire la rotta anche con investimenti capaci di orientare il consumo interno rimettendo al centro il vino. Il 16 settembre ci rivedremo e sapremo nel concreto anche la dimensione finanziaria di questo impegno”.
C’è anche la questione dei dazi che pesano sul futuro dell’export
“Anche di questo si è parlato. Al momento non hanno inciso per nulla sul prezzo del vino italiano negli States. Diciamo che ha pesato più il clima di incertezza che la possibilità di subire questa misura. Al momento la trattativa è in corso e la presidente Meloni ci ha trasmesso ottimismo sull’esito finale mettendo sul campo anche l’eventualità a noi più favorevole, ossia il mantenimento dello status quo. Vedremo”
Insomma, la vera battaglia del mondo del vino va combattuta nel fronte interno.
“Non c’è dubbio. Ed è la convinzione di tutto il Tavolo Nazionale di Filiera. Io sono cautamente ottimista, ma bisogna affrontare di petto la questione come abbiamo fatto sempre, a cominciare dal 1986 quando ci fu la catastrofica crisi del metanolo. Supereremo anche questo momento buttando, come si dice, il cuore oltre l‘ostacolo

Intercettare il consumatore giovane (30-40 enne)con pubblicità mirata per contrastare quella molto efficace fatta dagli spirits che sono in continua crescita in quella fascia di età.Rendere naturale(a volte la ritualità è più accentuata che in unA funzione religiosa)ed economicamente accessibile il consumo del vino nella ristorazione che rimane sempre la porta d’ingresso per tanti iniziati.Spiantare a priori no ma tante zone non vocate agronomicamente industrializzate non sarebbe male se venissero eliminate. FRANCESCO
A quanto pare ci si aspetta il solito auto ..di Stato.Qundi noi contribuenti aiuteremo imprese private