Migliaccio dolce e migliaccio salato: Carnevale nei Campi Flegrei


Elena e Gilda Martusciello

Elena e Gilda Martusciello

di Gemma Russo
Foto: Gemma Russo

PRIMA TAPPA: Migliaccio puteolano, detto Tatiello, e Migliaccio dolce puteolano

Sul tavolo della cucina sono già pronte le ricette che dettagliatamente descrivono le due preparazioni che andremo a fare. Elena Di Gennaro e Gilda Guida hanno in comune il cognome Martusciello, aggiunto al proprio dopo il matrimonio. Sono nate e cresciute entrambe a Pozzuoli nelle storiche attività commerciali che le rispettive famiglie avevano e ancora hanno tra via Cosenza e Piazza della Repubblica. Sono state spettatrici del cambiamento che ha investito la cittadina flegrea e che ha lacerato il tessuto socio-economico originario. Lo sgombero del Rione Terra, la crisi bradisismica dei primi anni ‘80 con l’evacuazione dell’intera città e la sistemazione altrove, la dismissione e la delocalizzazione delle fabbriche che, tra fine Ottocento e Novecento, assorbivano gran parte della forza lavoro cittadina sono stati eventi che hanno determinato l’esigenza di plasmare un nuovo modello di sviluppo economico per un territorio schiettamente votato al turismo.

‹‹Il bradisismo ha cambiato la linea della nostra costa››, racconta Elena, ‹‹le fabbriche ci hanno fatto dimenticare di essere gente di mare. Abitavo a via Roma, la strada che corre proprio avanti al Macellum. Scendevo dal palazzo dove vivevo e avevo la strada, un muretto e poi il mare, con gli scivoli per le barche. Alla sera ci si incantava a guardare dai barconi le lampare che andavano a pesca. La cementificazione del porto ha cancellato la naturalezza di quel luogo, gli scivoli e pure la poesia. I pescatori alla sera facevano scivolare le barche a mare, tornando a terra la mattina seguente. Vendevano il loro pesce e poi si mettevano a riparare le reti››. Intanto Gilda ha disposto sul piano d’appoggio gli ingredienti. Si divideranno le preparazioni. Sarà Elena a mostrare la prima.

Ricetta migliaccio puteolano, detto Tatiello

Migliaccio puteolano, detto Tatiello

Migliaccio puteolano, detto Tatiello

Dosi per 5 persone

Base

250 grammi di semolino
1,5 litri di acqua
1 cucchiaio di sugna fresca
12 grammi circa di sale grosso
200 grammi di spaghetti

Impasto

500 grammi di ricotta
250 grammi di fiordilatte o mozzarella tagliato a cubetti
100 grammi di salame napoletano a cubetti
Parmigiano grattugiato o pecorino romano
2/4 uova a seconda della consistenza dell’impasto
Pepe quanto basta

Procedimento

Sul fuoco mette a bollire un litro e mezzo di acqua. Quando questa raggiunge la temperatura di ebollizione, la sala aggiungendo i 12 grammi di sale grosso, un cucchiaio di profumata sugna e poi cala la pasta.

‹‹Il formato di pasta che utilizzo? Gli spaghetti!››, afferma Elena mentre è intenta a mettersi i guanti per iniziare ad impastare, ‹‹Ma va bene anche la pasta corta, anzi è più semplice lavorare il composto in questo caso, soprattutto se si è alle prime armi. Una volta si mettevano insieme i rimasugli dei diversi formati di pasta che si trovavano nella dispensa. Era un’altra epoca, attenta al consumo. Una volta calata la pasta sai cosa faccio? Una bella spolverata di pepe e lascio cuocere per circa tre minuti. Non occorre che sia cotta; continuerà a farlo in forno. In questi tre minuti s’aggiunge il semolino. Lo aggiungi a pioggia, piano piano. È questo il segreto per non fare grumi. Nel frattempo che aggiungi continui a girare con una certa tempra, fino a quando diventa compatto. Si fa raffreddare e poi lo mettiamo in una ciotola capiente. A questo punto siamo pronte ad impastare››.

Aggiunge due uova, il pecorino romano grattugiato, ma va bene anche il parmigiano, e poi metà della ricotta. Si fa mettere un poco d’olio sui guanti e inizia ad impastare energicamente. Aggiusta di sale e fa una generosa spolverata di pepe. Mette un terzo uovo, poi a suo avviso l’impasto ne vorrebbe anche un altro e lo aggiunge.

‹‹Non è tutto così preciso››, chiarisce, ‹‹dipende tanto dall’umidità della ricotta. Non è detto che ci voglia un quarto uovo››.

Unge con generoso olio una pirofila di ceramica, ma potrebbe essere utilizzata anche la sugna. Dispone in essa metà dell’impasto e posiziona sopra la restante ricotta a cubettoni grossi, il fiordilatte e il salame, avendo cura, aiutandosi con un cucchiaino, d’affondarli. Ricopre il tutto con il restante impasto, lo livella e crea con una forchetta delle striature su tutta la superficie che idrata massaggiando con olio di cui si è fatta generosamente inumidire i polpastrelli. Lo inforna in forno ventilato a 180⁰/200⁰; dovrà cuocere per 1 ora e 15 minuti circa. La superficie dovrà avere una consistente crosticina.

‹‹Quando si sistema nella pirofila, ci sono due possibilità a seconda di come piace mangiarlo››, spiega Elena, ‹‹Alcuni lo amano morbido al morso, allora bisogna farlo più alto. A noi piace croccante e per questo lo facciamo non molto alto. Mi raccomando di evitare l’acciaio. Il giorno dopo, quello che resta lo tagliamo a fette e lo friggiamo. È buonissimo››.

Jeanne Carola Francesconi nella sua pubblicazione La cucina napoletana annovera tra le preparazioni anche quella del Migliaccio puteolano, detto Tatiello, raccontando della variante fritta del giorno dopo, necessario alla cucina di recupero del tempo. All’assaggio è dolce; piacevole è la sensazione tattile che lascia sulla lingua; il salame induce ad una timida succulenza. Elena e Gilda sono rispettivamente suocera e nuora. Sono molto complici ed è una meraviglia vederle interagire in cucina. Mentre Elena è intenta nella prima preparazione, Gilda ha già predisposto tutto per la seconda, quella dolce che sarà proprio lei a raccontarmi.

 

Ricetta del migliaccio dolce puteolano

Migliaccio dolce puteolano

Migliaccio dolce puteolano

Dosi per 5 persone

Base

150 grammi di semolino
500 grammi di latte
250 grammi di zucchero (da utilizzare metà nella preparazione della base e metà nell’impasto)
40 grammi circa di burro

Impasto

200 grammi di ricotta
1 limone grattugiato
3 uova
Sale
Mezza bustina di lievito Pane degli Angeli

Procedimento

Dal giardino di casa ha raccolto un limone.

‹‹In un pentolino mettiamo a scaldare il latte››, spiega briosa, ‹‹quando è ben caldo ci mettiamo la semola a pioggia e metà dello zucchero previsto dalla ricetta. Facciamo cuocere girando con la frusta in modo che non si facciano grumi. Quando diviene consistente, aggiungiamo i quaranta grammi di burro e continuiamo a girare fino a quando non si è sciolto. Spegniamo e facciamo raffreddare››.

Prende la base fredda e la sistema nell’impastatrice; ci grattugia la scorza del limone che invade con il proprio profumo l’intera cucina; monta le tre uova e le aggiunge all’impasto, insieme allo zucchero rimasto; un pizzico di sale e la ricotta; infine, aggiunta la mezza bustina di lievito Pane degli Angeli sciolta in un po’ di latte, aziona l’impastatrice. Unge con olio un tegame basso e sistema il composto in esso. Inforna e cuoce in forno ventilato a 180⁰/200⁰ per 25 minuti circa. È pronto quando diventa color oro.

‹‹È il dolce che veniva ed è consumato tutt’oggi a Pozzuoli nel periodo di Carnevale››, racconta Gilda, ‹‹Porta con sé il messaggio della Pasqua. Dentro ci puoi mettere anche la frutta candita. All’assaggio ricorda il ripieno della sfogliatella, solo che in questo non c’è la cannella››.

Questa la tradizione puteolana della tavola di Carnevale.

Un commento

  1. E per dolce Migliaccio e savoiardi con Doppiacrema(sanguinaccio introvabile) di cui ieri ho fatto scorta da Mignone e……a conclusione un buon caffè:la bibita dell’illuminazione .FM.

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