Orto Ristorante a Monopoli: un nuovo racconto dalla terra alla tavola
Orto Ristorante
Presso Nina Trulli Resort
Contrada Tortorella, 520, 70043 Monopoli – Ba
Telefono: 379 154 5902
Aperto solo a cena dalle 19.30 alle 23.00. Lunedì chiuso
di Angela Petroccione
Tra le colline ondulate della Valle d’Itria, dove a disegnare il paesaggio sono ulivi secolari, vigneti, muretti a secco e trulli bianchi che si stagliano come custodi del tempo, c’è una destinazione che si astrae dalle rotte del turismo veloce, immersa nella quiete della Selva di Fasano, a pochi chilometri dalle coste di Monopoli.
Nina Trulli Resort, dimora del ‘700, un tempo nota come Masseria San Francesco, è oggi un piccolo villaggio di pietra dove il tempo sembra seguire i ritmi della natura. Dal dicembre 2024, sotto la guida di Rosalinda Paparella, il resort ha imboccato un percorso ancora più consapevole: niente plastica, compostaggio attivo e un orto coltivato in piena sinergia con la terra.
La nuova visione di Orto: la terra resta al centro, ma cambia la voce
È in questo contesto che Orto Ristorante trova la sua anima. Nato nel 2020, da subito ha portato avanti una cucina agricola, rispettosa della biodiversità e attenta al ciclo naturale delle stagioni.
Il cuore pulsante è sempre stato, come si può immaginare, l’orto stesso, a due metri dalla cucina. È da lì che tutto inizia, ogni giorno: spezie, ortaggi, frutta, fiori commestibili raccolti quotidianamente e trasformati in piatti che raccontano la Puglia più autentica.
Qui il concetto di “prossimità” è reale, tangibile: il dehors con circa 20 posti a sedere affaccia direttamente sulle coltivazioni, e ciò che cresce sotto gli occhi dell’ospite arriva in tavola con immediatezza e rispetto.
Oggi, pur mantenendo intatta la sua filosofia originaria, Orto si rinnova attraverso l’arrivo di nuove figure: una brigata giovane, appassionata e complementare, che condivide valori, ma anche una visione comune di ristorazione etica, concreta e al passo con il presente.
Angelo Borrelli, lo chef che coltiva il gusto e l’equilibrio
A guidare la cucina c’è Angelo Borrelli, 33 anni, originario di Casamassima, affiancato da Davide Passalacqua e Nicolò Pipoli.
Coinvolto nel progetto sin dall’apertura nel 2020, Angelo è calmo, misurato, osservatore attento della natura. Il suo approccio è fatto di cura e rigore ma anche di sentimento, ascolta la materia prima di trasformarla: “Le basi della mia cucina sono sostenibilità e territorialità, tutto inizia nell’orto, continua nella cucina, passa per la compostiera ed è restituito all’origine. Usiamo ogni parte dell’ingrediente vegetale e quando la materia è esausta, torna alla terra.”
Il legame con i produttori è personale e diretto: “Voglio sapere come lavora chi mi fornisce un prodotto. Il miele? Passo una giornata con l’apicoltore. L’olio? Lo scelgo sul campo. La carne? Vado a conoscere l’allevatore. Cucino come se ospitassi qualcuno a casa mia.”
Lorenzo Catucci, il sommelier che ha ritrovato casa
Accanto a lui, in sala, c’è Lorenzo Catucci, 36 anni, sommelier e maître, rientrato in Puglia dopo un lungo percorso nel fine dining toscano, culminato con una stella Michelin al ristorante Paca di Prato, condivisa con lo chef Palumbo.
“Ho lasciato la Puglia malvolentieri. I miei genitori sono qui, sono figlio unico. Quando ho letto un articolo su Orto in una rivista l’ho sentito come un segno. Ci ho messo due anni per lasciare Prato. Ma quando è arrivata l’occasione ho pensato: ora o mai più.”
Oggi ha costruito da zero la cantina, ospitata in un trullo riconvertito, con oltre 140 etichette. “Non mi interessa la distinzione naturale-convenzionale. Scelgo chi lavora con etica, chi rispetta la vigna, chi usa pochi interventi in cantina. La carta è una vetrina sulla Puglia, ma include anche piccole chicche fuori regione e dall’estero, tutte frutto di una ricerca personale. E spesso vado io stesso a recuperare le casse dai produttori. È faticoso, ma è un modo per costruire relazione.”
Domenico Carpignano, il custode dell’accoglienza che ha riportato calore e stile in Puglia
Al fianco di Lorenzo, Domenico Carpignano, 30 anni, maître con una solida formazione e uno stile accogliente e consapevole. Cresciuto dietro al bancone del bar dei genitori, ha lavorato in contesti di altissimo livello come Borgo Egnazia, Osteria Francescana (dove è rimasto 5 anni), Dina con Alberto Gipponi, e Porta de Mar con Angelo Sabatelli.
“Cercavo un progetto in Puglia che mi permettesse di esprimermi, come quelli che avevo vissuto fuori. Non ce ne sono tanti così. Poi è nata mia figlia e volevo stabilità. Quando ho conosciuto Orto, ho capito che era il posto giusto: serio, ma umano.”
Il legame con Lorenzo è stato immediato:
“Ci siamo trovati subito, senza forzature. Sala e cucina qui non sono due mondi separati. Lavoriamo insieme, ci confrontiamo. Con lo chef c’è una serenità rara: anche sotto pressione, resta lucido. È un piacere lavorare così.”
Francesco Giovane talento della sala con la testa al vino
Completa la squadra Francesco, 23 anni, entrato in sala con esperienze accanto ad Angelo Sabatelli. È grazie all’incontro con Domenico che ha sviluppato una passione crescente per il vino, tanto da intraprendere un percorso di studi e concorsi.
“Quello che cerchiamo in chi entra qui non è solo tecnica, ma anche energia, dedizione. Questo lavoro è passione, certo, ma ci vuole mentalità e voglia di capire il perché delle cose. Solo così si cresce davvero.”
Un’identità chiara, due percorsi di gusto
Orto non prevede menu à la carte ma due percorsi degustazione:
“Ingredienti Verdi”, completamente vegetale, che celebra la biodiversità dell’orto in ogni forma e consistenza;
“Il Viaggio Lento”, che parte dalla materia vegetale per attraversare il territorio, tra pascoli, mare e piccoli artigiani locali.
I piatti non seguono la logica del virtuosismo fine a sé stesso, ma raccontano l’ambiente che li ha generati, gli artigiani che lo abitano, e l’intelligenza silenziosa della terra.
Gli spazi sono curati ed essenziali, improntati alla materia, i coperti sono 40, equamente divisi tra la sala interna a ridosso della cantina e quelli del dehor vista orto.
La degustazione: un viaggio sensoriale tra orto, mare e memoria
L’esperienza gastronomica di Orto comincia già prima di sedersi a tavola, con un rito di benvenuto pensato per immergere l’ospite nell’atmosfera del luogo. Tra le piante aromatiche e i muretti a secco del giardino esterno, l’aperitivo, servito con una spettacolare vista tramonto (quando le condizioni atmosferiche lo consentono) si apre con un drink al rosolio profumato di zenzero, alloro e cedrina, che risveglia i sensi e prepara al viaggio.
Accanto, quattro piccoli assaggi che sono un manifesto della filosofia del ristorante:
Raviolo ripieno di cialledda, omaggio alla cucina povera pugliese, reinterpretato con eleganza.
Concentrato di mandorla amara di Toritto, espressione di intensità e persistenza, un morso che racconta un territorio.
Tartelletta di carrube e olive Celline dai sapori antichi e profondi, un equilibrio perfetto tra dolcezza e sapidità.
Sfera di pane raffermo e patate con pecorino, simbolo di cucina circolare, sostenibile e no-waste.
Gli antipasti: terra, ricerca, intuizione
Ci si sposta in sala e la prima parte del menù si apre con piatti che esprimono l’anima vegetale e agricola del ristorante e un pairing che per l’intera degustazione racconta la Puglia e le sue poliedriche identità enoiche:
Crepe di farina di castagne e funghi, avvolta in una foglia di vite fritta, servita con un pesto di semi di zucca e pinoli: croccantezza, affumicature naturali, legami con il sottobosco.
Barattiere fermentato – varietà autoctona tra il cetriolo e il melone – accompagnato da un sorbetto alla pala di fico d’India
Kimchi di pomodoro dell’orto: freschezza, acidità, fermentazione controllata e memoria estiva.
Indimenticabile anche la composizione sul pomodoro:
Gazpacho al gin, sfera liquida di pomodoro, aria di basilico e panino al vapore con origano da intingere senza indugio con una rituale scarpetta.
In abbinamento “Iniziali”, un blend fresco e sapido di Verdeca e Bianco d’Alessano dell’azienda biodinamica Domini San Calare, un sorso pulito, che rinfresca e prepara al prosieguo.
I piatti principali: intensità e stagionalità
Tra i primi piatti si distinguono creazioni che fondono tecnica e narrazione:
Quadrato di peperone rosso leggermente arrostito, con tartare di agnello dell’Azienda Querceta, finocchietto di mare e gel di limone: contrasto armonico tra affumicatura, grasso animale e acidità marina.
Gnocchi ripieni di erborinato di capra, con cipolle pugliesi (di Acquaviva e Margherita) stufate, sferificazione di aceto di vino e brodo caldo versato al tavolo: un piatto avvolgente, che evolve al contatto con il calore.
Nei secondi, la cucina agricola di Orto raggiunge la sua massima espressione:
Dalla cicoria dell’orto, scottata alla plancha, con scampo crudo di Santo Spirito e tuorlo d’uovo
al Pancotto di legumi e cicoria servito con ravioli zero-waste alle erbe amare e jus vegetale: piatti che parlano di radici, di recupero, di nutrimento autentico.
In abbinamento il “Nido del Gruccione” di Tenuta de Maio, un orange wine da uve Fiano coltivate in biologico la cui lunga macerazione (10 mesi in acciaio, senza filtrazioni) dona un sorso minerale, profondo, agrumato e speziato.
Si prosegue con Pecora cotta a bassa temperatura, morbida e succulenta, con tortino di bietole, patate e albicocca disidratata: un secondo che racconta la pastorizia locale, senza forzature, con profondità e rispetto.
Melanzana in conserva, scottata e glassata con riduzione di Primitivo, accompagnata da bruschetta all’origano fresco dell’orto: dolcezza, acidità e sapidità fuse in una struttura sorprendentemente elegante.
E qui l’abbinamento è con Bucciarossa” di Cantina Pantun: un Primitivo in purezza, vinificato e affinato in cemento, elegante, dalle note fruttate e con una spinta acida che alleggerisce la grassezza del piatto.
Il finale: dolci concreti, emotivi, mediterranei
Il dessert segue la coerenza del menù, senza cadere nell’eccesso
Semifreddo al miele di Asfodelo, con gel di limone, frolla al miele di mandorlo e ricotta mantecata, un dolce che sa di macchia mediterranea, con punte di freschezza e una dolcezza mai stucchevole.
A chiudere, la piccola pasticceria servita direttamente dallo chef, con il Crumble di mandorle salate e miele di castagno, dove la sapidità si intreccia alla dolcezza in un morso che richiama il paesaggio stesso e la tradizione delle feste di piazza. Una coccola finale che porta con sé il gusto della terra e la sensibilità di chi la abita.

Orto Ristorante. Piccola Pasticceria Crumble di mandorle salate e miele di castagno. foto di Giulia di Michele
In abbinamento Goneis di Cantine Pallotta, dagli aromi floreali e di frutta secca, ottenuto da appassimento sulla vigna di uve malvasia, moscato e bombino, un sorso avvolgente ma non stucchevole, denso e complesso.
Una sintesi tra umanità e visione
Orto Ristorante oggi è la sintesi riuscita di un progetto che ha saputo attendere il momento giusto e riunire persone giuste.
Il risultato è una ristorazione che non cerca lo stupore, ma il senso, che non punta al lusso, ma alla profondità delle relazioni, tra chi coltiva, chi cucina, chi accoglie e chi si siede a tavola, una cucina agricola che non segue mode, ma il ritmo della vita.




















