“Pan e Zucch-r”, il libro di Giusi Cirasella sulla memoria delle antiche ricette di Monteverde


Pan e Zucch-r

Pan e Zucch-r

di Alfonso Sarno

“Pan e Zucch-r”, il libro di Giusi Cirasella edito da Arti Grafiche Vultur e con la prefazione di Luciano Pignataro non è adatto ai gastrofighetti che assaggiano e non mangiano come ogni comune mortale oppure, nel migliore dei casi, degustano ma a coloro che in un piatto cercano sapori che riportano alla mente momenti esistenziali. È «…un viaggio a ritroso nel tempo, un ritorno – scrive l’autrice – a quei giorni in cui la vita aveva il sapore semplice e intenso del pane bagnato con lo zucchero, delle mani infarinate delle nonne, delle strade polverose di Monteverde che custodivano le voci e le risate di un’infanzia spensierata».
Un omaggio ai giorni vissuti dall’autrice nel piccolo paese dell’Alta Irpinia, all’amata nonna Arcangela che le dava come merenda una basica cipolla cotta nel forno oppure una fetta di pane casereccio “cunzato” con acqua e zucchero. Pagine che ricordano un film neorealista in bianco e nero dove il racconto della quotidianità dell’appartato borgo inserito tra i più belli d’Italia, scandito dal ritmo delle stagioni e da momenti come la vendemmia e la mietitura del grano, la festa patronale, il Natale e la Pasqua si armonizza con le ricette da lei riportate, per molte non è indicata la grammatura «perché – precisa – nel passato non si usavano le bilance, tutto veniva misurato “a uocchj” con il potere che gli occhi hanno di muovere le mani e il cuore».

Il suo viaggio inizia dal pane raccontato nelle sue declinazioni: dal lievito madre alla pasta per prepararlo, trasformarlo in pizza con l’origano, acquasale cotta e fredda, pancotto, tarallini con il finocchietto per passare agli antipasti con latticini, salumi e conserve fatti in casa ed ai primi piatti, soprattutto a base di pasta, cuore del pranzo dei giorni di festa quando le strade del borgo profumavano di sugo che «usciva prepotente dalle cucina e ti entrava addosso come un abbraccio familiare» e che nobilitava gnocchi, ravioli, cavatelli, tagliatelle ed anche secondi di carne di maiale – simbolo di abbondanza – o di vitello. E poi, ricette con verdure ed ortaggi, la vera ricchezza contadina: zuppe, peperoni con le briciole di pane oppure ripieni, arrostiti, parmigiana di melanzane, asparagi con le uova, pesce povero come il baccalà e le alici. Chiudono il libro le pagine dedicate ai dolci, ai sorbetti ed ai piatti dimenticati quali i ceci nella sabbia, la zuppa di vino, il formaggio con i vermi, i gelsi bianche e neri.