Parigi, La Table d’Aki a rue Vaneau
49, rue Vaneau, 7 arrondissement
Tel. 0033 01 45444348
Chiuso la domenica, aperto a pranzo e cena
La fine del ristorante? Chissà, certo è che dopo vent’anni all’Ambroisie con Bernard Pacaud il signor Akihiro Horikosci ha letteralmente staccato la spina, come quei cinquantenni che dopo aver giocato in Borsa gettano giacca e cravatta e si ritirano in monastero.
Insomma, uno spin off come si diceva negli anni ’90.
Ora il suo locale non è informale, molto di più: è un piccolo spazio dove convivono sedici posti azzeccatil’uno all’altro come usano in Francia e la cucina. Un po’ come la prima Acquapazza a Cetara per intenderci.
Qui avrete una entrèe non specificata, poi potete scegleire tra due pesci come piatto principale e il dolce.
Semplicità assoluta ed essenzialità in uno dei quartieri più borghesi e meno chiassosi di Parigi, dunque, ma anche grande cucina. Grandissima.
La decisione di offrire solo pesce nel menu detta la linea e la scelta del consumatore: e sono tecniche di cottura che rispettano la materia prima in maniera perfetta e sublime, con accostamenti semplici e centrati con l’orto.
A cominciare dalla sarda servita come Benvenuto insieme all’asparago.
I nostri due piatti erano un San Pietro e un merluzzo, entrambi molto ben eseguiti. Colpisce l’equilibrio raggiunto e la semplicità.
E’ una cucina che tiene la barra verso l’acidità, diciamo anche che non lesina il sale e che cerca di rafforzare il pescato del’Atlantico con un uso non invasivo e dosato di odori e di spezie.
Dolce naturale, come questa mela e bottiglie Aoc più che soddisfacenti, come il nostro Chablis.
Una esperienza rilassante e intima che sicuramente è destinata a far parlare proprio perché è tutto ciò che non si associa in genere alla cultura gastronomica francese. Anche se però, occhio, la tecnica è sempre qui che si impara, anche quando presenti un pescetto semplice semplice.