Pensieri tristi da caldo estivo: perchè il food è diventato il terreno preferito di gente senza competenza e perchè pizzaioli e ristoratori abboccano e pagano?


di Marco Contursi

Non è un pezzo strappa like, perché me la prendo un po’ con tutti, e non faccio neanche i nomi, cosa che piace tanto ai forcaioli del web.
E’ un pezzo di uno, che è stanco e schifato. Da come vanno le cose in Italia e in Campania in particolare, nel food e non. E l’emergenza Covid, ha, se possibile, peggiorato la situazione. Ormai, questo mondo della gastronomia e delle produzioni tipiche che dovrebbe essere fatto di cose belle, di saperi e di sapori, è diventato terreno di agone politico, discarica di frustrazioni, palcoscenico di vanità. Un mondo che, per una parte consistente, si regge sulla fuffa, su investimenti dubbi, su consulenze fasulle, su personaggi squallidi, su soggetti incompetenti. Qualcuno si salva. Qualcuno. Per chi come me lo vive in prima persona, pur cercando di restare fuori da certi ambiti troppo complicati ( leggi: pizzerie ), le braccia mi cadono sempre più spesso.

Da cosa nasce la voglia di mettere su carta, pensieri che mi giravano nella testa da un pò? Dal caldo in primis, e da due episodi, banali sicuramente, che però mi hanno fatto girare le gonadi a trottola: l’ennesima persona, che si autonomina “consulente” e inizia a fare consulenze e l’addetto al settore, famoso, che giudica ottimo un prosciutto palesemente difettato.

Primo caso, ognuno è legittimato a fare quello che vuole, ci mancherebbe, ma che tristezza vedere che una persona senza uno straccio di competenza, scriva di cibo e cerchi di farlo diventare un lavoro, senza aver prima studiato la materia di cui parla. Ma poiché la disperazione nel settore è tanta, causa Covid e non, ecco che il pizzaiolo o ristoratore sprovveduto di turno, lo contatta, chiedendogli aiuto, dove aiuto significa, “parla bene di me”. Ma parla bene, di cosa? Che semmai fai veramente pena come cucini, o usi prodotti indecenti? Ma poiché siamo nella società dell’apparenza e non della sostanza, al ristoratore basta che qualcuno ne parli bene, alle persone basta leggere parole altisonanti di gradimento, “spettacolare pizza, ineguagliabile calzone, mistica frittatina, celestiale crocchè”, per correre a provarlo. Perché chi legge è ignorante quanto chi scrive, dove ignorante sta a significare “non conoscitore della materia in oggetto”. Perché uno non può scrivere che un biscottificio è artigianale ed usa prodotti di qualità e io poi mi trovo una etichetta, che a parte una svista grammaticale, mi parla di olio di palma, margarina, conservanti, emulsionanti. Cioè peggio di un biscotto da supermercato, visto che le principali aziende industriali, hanno bandito almeno l’olio di palma. Ma scommetto che quell’etichetta sotto la confezione, non la leggerà nessuno e si fideranno della parola di chi ha scritto la recensione, perche vale il brocardo “scribit ergo est”. D’altronde, chi produce o somministra, non vuole consigli su come migliorare la qualità dell’offerta ma vuole solo pubblicità. Sapeste quante volte, mi viene chiesto di scrivere di salumi che non darei al mio cane, qualora decidessi di prenderne uno, e alle mie obiezioni su alcuni difetti degli stessi, mi viene candidamente detto:” Ma tanto la gente non capisce nulla, si mangia di tutto”. E purtroppo è tristemente vero.

Mai uno che ti chieda: “Ma come posso fare meglio?”. O che ascolti un consiglio, motivato dettagliatamente.

E quindi anche uno che di cibo “ne capisce” ( e siamo al secondo episodio che mi ha fato incazzare), una “autorità” anziana del settore può scrivere che è ottimo un prosciutto, che presenta una ossidazione del grasso palese, che sicuramente conferisce un sapore rancido alla fetta, oltre alla colorazione scura di alcune parti indice probabile di una stagionatura andata oltre e quindi di una proteolisi spinta oltre il dovuto, con sentori metallici e amari, sgradevoli. Verosimile pure un difetto di vena nel pezzo in esame.

Ma se lo scrive “Illo”, sarà sicuramente ottimo. D’altronde se chi cura una guida ai salumi di caratura nazionale, scrive di un prosciutto cotto “stagionato in cantina”, capirete perché il mio intestino si torca senza speranza.

Vogliamo parlare poi della “claque”, che va ad ogni inaugurazione o evento, spostata dal/lla PR di turno, che si fa pagare, mentre i partecipanti al “press tour”, quasi nessuno giornalista, devono accontentarsi di un piatto di pasta e fagioli, che semmai fa pure schifo, e scrivere che è “sublime, squisito, paradisiaco”, sennò il Pr di turno ti richiama subito all’ordine?

Ma poi, il committente, quasi sempre un pizzaiolo, si è mai chiesto quanta gente visiti le pagine dei blog o finanche solo di facebook di questi “professionisti”del food, che certo non hanno il seguito di Chiara Ferragni? Cioè, tu hai cacciato mille euro per raggiungere si e no, 2 mila persone? Se mettevi 10 euro di sponsorizzazione sulla tua pagina di facebook, ne raggiungevi molte di più. Ma poi, se non migliori prima l’offerta, che senso ha farti pubblicità per far venire più clienti? Della stessa claque che gira intorno ai pizzaioli, ha magistralmente scritto una persona che stimo, titolare di pizzeria ma non pizzaiolo, che li descrive perfettamente come sempre pronta ad accorrere in loro difesa se qualcuno osa criticarli, indulgendo in lodi sperticate e parole di stima incondizionata (frà, brò, il mio carissimo amico, maestro, messia..), manco avessero scoperto il vaccino anticovid.

Andiamo avanti, un po’ dovunque si continuano ad aprire locali, ma con quali soldi? E’ facile fare gli sboroni, mostrare mille etichette di champagne, con soldi “facili”, o semplicemente non pagando l’affitto per anni e facendo piangere tanti fornitori. Ecco io in un posto così non ci metterei piede, e mi guarderei bene anche dallo scriverne. Certo, non è che si può fare una indagine di polizia, prima di scrivere di un locale, ma se la cosa è di dominio pubblico (tipo, titolare arrestato e condannato in via definitiva), io giro alla larga. Perché se non paghi i fornitori, i dipendenti, l’affitto, se hai redditi di provenienza illecita, se hai tutte queste cose insieme e hai un ristorante, fai una concorrenza sleale a chi si fa il mazzo quadrato per far quadrare i conti. E non meriti l’avallo di chi scrivendo, può indurre persone a venire nel tuo locale.

Veniamo a food e politica. In Campania pizzerie e ristoranti, sono diventati il terreno su cui fare propaganda elettorale. A partire dal Governatore a finire all’ultimo dei Sindaci, tutti a fare ordinanze capestro per il settore, dall’abbigliamento obbligatorio, alle aperture con le limitazioni, passando poi per regole assurde e multe folli a chi già sta in sofferenza. Lasciando stare quello che ognuno di noi pensa del Covid e che nulla è verità assoluta visto che anche il mondo accademico è diviso, una cosa si deve ribadire: quello che vale qui, deve valere pure lì. Punto. Rientra nel concetto lato di certezza del diritto. Non è possibile che io se attraverso 5 paesi limitrofi, debba trovare 5 regole comportamentali differenti, che potrebbero giustificarsi, solo in presenza di situazioni locali, così gravi e palesi, che finora non sono state riscontrate da nessuna parte in Campania. Non è possibile che il pizzaiolo di Brescia possa fare la delivery e quello di Napoli no, che il cittadino di Baronissi debba indossare la mascherina al parco e quello di Mercato San Severino no, che il cittadino di Scafati non possa comprare le zeppole e quello di Pompei si, che a casa si possa fare quello che si vuole (feste ecc..) ma in pizzeria si debba stare come se fosse un lazzaretto, che un pizzaiolo debba trasformarsi in un ufficiale di polizia, invece che preoccuparsi di non bruciare la pizza, che un ragazzo debba pagare mille euro, per essersi abbassato la mascherina per respirare vicino al forno. Ovviamente i soliti mediocri, acritici, diranno che le leggi vadano applicate, con rigore, senza preoccuparsi del principio di discrezionalità, come pure del buonsenso che dovrebbe far capire che se un pizzaiolo si toglie la mascherina 5 minuti, per respirare, non ha messo in pericolo la vita di nessuno. Punto. Oltretutto, gli strumenti del singolo cittadino, per contestare la legittimità di alcuni provvedimenti dell’autorità, sono pochi e costosi. Della serie, io faccio questo provvedimento, infischiandomene se qualcuno viene danneggiato pesantemente e voi o ubbidite o gettate soldi per fare ricorso. Come quando su alcuni tratti di statali viene messo il limite di 50 km/h, quando è impossibile rispettarlo, un modo legale per far fare cassa ai comuni.

Il settore tutto è in crisi, in alcune zone più di altre, probabilmente lo era già da prima, e quindi non mi meraviglio se leggo di una chef stellata che rubava la corrente. Capita molto più spesso di quello che si creda. Anche perché conviene, se poi ti condannano a una sanzione pecuniaria di appena 200 euro. Perché la crisi non è solo economica, ma di valori e comprende tutti gli operatori della filiera (produttori, ristoratori, consumatori, writers). Perché in fondo, il mondo del food è solo lo specchio della società. Quella stessa società, in cui una donna decide di darsi fuoco davanti a tutti, e in 20 la filmano ma nessuno la aiuta. O dove una famiglia con bimbi piccoli, dorme in auto perché, perso il lavoro il capofamiglia, hanno avuto lo sfratto. O ancora, dove gente che guadagna 12mila euro al mese chiede il bonus di 600 euro (ma l’ hanno chiesto pure centinaia tra notai, avvocati ecc..).

Forse, serve a poco, raccontare così come ho appena fatto alcune cose che proprio non vanno, ma aiuta almeno a non far chiudere tutti e due gli occhi a chi legge, e a me, a non esplodere di bile.

 

p.s.ai soliti forcaioli che diranno “tira fuori i nomi”, poiché sarebbe lunga ed inutile, la spiegazione del perché non lo faccio, mi limito a dire: passate oltre, magari andate al mare, che fa davvero caldo.

25 Commenti

  1. Ho ho scritto Claque con una R di troppo, l’ho notato solo ora chiedo venia .

    1. Francè lo faccio a casa e senza maialino, magari una sera recuperiamo da te…..so che hai belle bocce in cantina..

  2. Come non concordare con ogni parola? Da cliente e utente del cibo e della ristorazione (moderatissimo) fruitore dei social effettivamente mi trovo sempre più davanti a giovani (instagrammer, twitstars, vblogger, etc) che – seppur con apprezzabile passione – fomentano e cavalcano questi fenomeni che lei ha elencato disorientandoci spesso nelle scelte. A sentire certi divulgatori di “foodporn” pare che si fatichi a a trovare un locale in cui si mangia male o anche “così così”. Come in tanti altri campi è difficile individuare la competenza, perchè lo strumento social (breve ma impressionante) impedisce di approfondire non solo sulla notizia pubblicata ma anche sulla conoscenza di quell’ambito da parte di chi scrive. Grazie

    1. Gentile sign Leuci ha perfettamente descritto il problema, la difficoltà di distinguere chi è competente da chi, incompetente o in cattiva fede,scrive.

  3. Ma ancora state a scrivere di mascherine con i contagi che salgono? Avete qualche serio problema cerebrale mi sa, voi e tutti quelli che non la mettono perché “Che fa, quello poveretto aveva caldo!1!! E poi che fai, non la baci zia Assunta che è da tanto che non la vedi? E che fa la movida, fateci guadagnare, ne uccide più il lockdown!” da perfetti epidemiologi e poi infettano la gente, le multe dovrebbero farvele per la stupidità eccessiva e non per la mascherina, vergogna.

    1. Me o come diavolo si chiama,lei insulta senza argomentare,credo sia capitato per sbaglio in questo blog, la associo al consiglio in calce al pezzo di andare al mare.Intelligenti pauca,e con lei ne servirebbero troppe.

      1. Davvero c’è bisogno di argomentare? Di fronte alla gente che muore devo leggere chi piange perché gli hanno fatto la multa per non aver rispettato una legge che serve per salvare la vita alle persone e qual’è la giustificazione per non averla rispettata? Aveva caldo. Inoltre da quanto scrive si evince chiaramente come abbia maggiori conoscenze di chi ha scritto la legge per capire quando un comportamento è innocuo e d’altronde era qualche secondo per respirare, guarda caso proprio in quel momento sono entrati i carabinieri, avrebbero dovuto dar retta al pizzaiolo/epidemiologo e lasciar stare, da quel momento in poi avrebbe di sicuro rispettato l’obbligo. Lei giudica intelligente quanto scritto? Io lo considero stupido ed irrispettoso nei confronti di chi di questo virus ci è morto e ci sta morendo, senza nulla togliere al professionista in difficoltà che le assicuro capisco, ma si limiti a scrivere di quello che tanto c’è da dire di intelligente senza toccare la parte medica se uno non ne ha competenza.

        1. Ma lei legge di una notizia solo quello che vuole?ma lo sa che il comitato scientifico aveva detto che non era necessario chiudere tutto?che fior fiore di medici dicono che oggi i contagi sono con una carica virale bassissima. E che una legge può essere pure sbagliata? O può essere applicata senza buonsenso. Comunque ha espresso più volte il suo parere, lo abbino compreso e ripeterlo insultando serve solo a qualificarla.Io non le risponderò più.

          1. Lei può anche non rispondermi, sapesse quanto me ne importa di avere a che fare con chi la pensa in un certo modo, mi sembra di ragionare con i no-vax. Tanto perché sia chiaro a tutti quelli che leggono, ciò che sta scrivendo sono al pari di quelle dell’articolo stupidaggini, non basta dire che ci sono fior fior di medici che dicono qualcosa per avere ragione, ci sono anche fior fior di medici che dicono che l’omeopatia cura ma non la rende meno una stupidaggine, e come lei e quelli come lei continuano a ripetere che la legge sia sbagliata, rischiando di influenzare qualcuno convincendolo a non mettere la mascherina, così io sono libero di ripetere che dovreste vergognarvi ad insistere su questa cosa, la libertà esiste per entrambi mi pare.

          2. Cosa cosa?questa è una distorsione della realtà gravissima.cts consiglió chiusure differenziate ai primi di marzo…poi per salvaguardare le realtà produttive non si chiuse nulla,sbagliando.quando si è arrivati al lockdown nazionale erano tutti concordi.

  4. concordando in molti passaggi ciò che ho appena letto,dovrei fare un appunto riguardo le discrezionalità regionali,che vengono qui messe alla gogna.spesso ci sentiamo di difendere le nostre artigianalità(sia alimentari,che no)le nostre unicità,i nostri valori. ecco,questa cose purtroppo,ci portano ad avere bisogno di legislazioni particolari,o particolarmente adattate.sono d’accordo sui paradossi che questo atteggiamento crea,e non ne vado certo fiero,ma credo che sia uno scotto da pagare in nome delle nostre eccellenze.

  5. Signor Giancarlo parla con leggerezza di distorsione della realtà e riporta una tesi sua personale che cozza con quanto scritto dai maggiori quotidiani, cito repubblica di due giorni fa:” Il 7 marzo scorso con un documento riservato inviato al ministro della Salute Roberto Speranza, sull’analisi della situazione epidemiologica, il Comitato tecnico scientificio propone al governo di “adottare due livelli di misure di contenimento: uno nei territori in cui si è osservata maggiore diffusione del virus, l’altro sul territorio nazionale. Due giorni dopo, però, il presidente del Consiglio Conte con il Dpcm del 9 marzo dà il via al lockdown estendendo le stesse misure a tutto il territorio nazionale senza distinzioni e senza citare a giustificazione del provvedimento alcun atto del Comitato tecnico scientifico”.

  6. Bravo Marco
    È importante mantenere alta l’attenzione su un settore importante per la nostra economia ma spesso trattato con superficialità soprattutto dalla politica. Qualche associazione cerca di rendere consapevoli i consumatori ma spesso la cura è peggio del male. Chi sa parli e chi non sa ascolti, anche un confronto duro se fatto senza scopo di lucro può essere utile alla causa.
    Buon lavoro a chi ci mette passione e sacrificio
    Carlo

    1. Grazie Carlo per le tue parole di plauso e di incoraggiamento. Le ho davvero apprezzate.

  7. Non rispondo a Me, che comunque ringrazio per animare la discussione e per seguire il sito con costanza, perchè già abbiamo avuto una discussione. Lui è del partito tolleranza zero (negli anni ’70 avremmo detto forcaiolo) in fatto di applicazione della legge, come se la legge sia qualcosa divina e non frutto di equilibri sociali, sbagli e talvolta di mera prepotenza. La storia è ancora tutta da scrivere sulla pandemia e gli faccio sommessamente notare che nel rapporto morti/abitanti l’Italia resta sul podio mondiale purtroppo. E la causa non è certo da cercare nel povero pizzaiolo senza mascherina che serviva a fare notizia.
    Quanto al tema di Marco vale per il cibo ma credo ormai valga ovunque. La corsa alla quantità e all’apparire non determina più alcun approfondimento e la competenza non è un requisito pubblico che fa audience. Io, professionista (nelsenso che ho fatto un esame di stato per essere iscritto nell’albo) da ormai 35 anni mi sento dare lezioncine di giornalismo da ex casalinghe affamate di soldi che si sono inventate esperte di vino e di cibo, ex recensori di video giochi, ex stracciafacenti, ex avvocati, ex dottori, ex tutto. E se mi rifiuto di colloquiare non perché sono altezzoso ma perchè non ho tempo da perdere purtroppo, vengo definito “antidemocratico”. Come se io entrassi in sala operatoria e iniziassi a dare consigli al primario che opera o all’infermiere che assiste. Così vanno le cose.Sui social, e purtroppo anche nella realtà, con tanti improvvisati, tutti critici,tutti presidenti del consiglio e tutti allenatori dlla nazionale. Ale!

    1. Perfettamente d’accordo con Luciano. si deve capire che “il ripetere numerose volte una azione, non fa di te un esperto, se non ti hanno insegnato a farla nel modo corretto”. Ciò vuol dire che se mi ubriaco ogni giorno, non sarò un esperto degustatore di vino, se mangio ogni giorno fuori non sarò un critico gastronomico, se guardo tutte le partite del campionato, non sarò il ct della nazionale”…….altrimenti, io sarei l’alter ego di Rocco Siffredi…….ops, lo sono. ;-)

  8. Hai ragione, Marco…. Io ho trovato cosiddetti esperti anche in associazioni che promuovono i prodotti locali… Ho avuto l’impressione, sia per comportamenti avuti che per attività di controllo omessi, che sia tutto business….

  9. Bene la parte Destruens sul mercimonio
    che caratterizza il food e non solo.

    Passiamo alla parte Construens :
    cosa possiamo fare per non incrementare
    la produzione e il consumo di schifezze
    che vengono “mostrate” come prelibatezze
    assolutamente da assaporare.
    Molto dipende da entrare o fuggire da un locale, pizzeria o ristorante, magari appena sorto con gli auspici dei più eccentrici critici
    gastronomici del momento.
    Per dirla in una parola:
    cosa distingue il giornalista credibile e serio
    dal pagliaccio di turno?
    Non sempre quello che sembra piacevole
    è buono realmente.

  10. Concordo in pieno, da produttore di latticini e agriturismo, per me è una lotta continua a far capire il valore dei prodotti fatti bene, anche se non pago per recensioni stellari.
    Difficile campare con l’onestà personale, e la genuinità dei prodotti.

  11. Signor. Gianni: cosa distingue un giornalista serio da un pagliaccio?La credibilità. Come faccio a coglierla? Cercando di essere informato, facendo corsi, leggendo l’etichetta, cercando cioè di non essere completamente a digiuno di informazioni cosi da dover credere a tutto quello che mi viene detto. Prima di comprare una auto, ognuno, compra 2-3 riviste, chiede agli amici, si informa su internet. Perchè invece quando andiamo al supermercato non leggiamo neanche gli ingredienti riportati in etichetta?
    Signor Savarino: Cerchi persone serie che gratuitamente possano scrivere dei suoi prodotti e farli conoscere agli appassionati.Dove ha il suo agriturismo?

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