Articolo due. Pizza napoletana e stile napoletano…non sono la stessa cosa!


Ciro Salvo a Londra, la margherita

Ciro Salvo a Londra, la margherita Stg

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Articolo Primo

Pizza napoletana e stile di pizza napoletano. Purtroppo le due definizioni si confondono nei dibattiti e nei convegni, come al solito nell’era del sapere superficiale, ci si ferma alla prima impressione e non si va a fondo.

L’esempio più facile è quello che riguarda i canotti. Sono pizza napoletana? Sicuramente no. Ma possiamo dire che non sono napoletani? Anche in questo caso la risposta è no.

Diciamo che in Italia siamo abituati a fare confusione un po’ su tutto: quante volte vi è capitato di sentire aziende che dicono: noi facciamo il metodo biologico ma non siamo certificati, perché le norme che definiscono il biologico non veramente valide e vanno riviste?

In realtà la traccia esiste, precisa, ed è la definizione della pizza napoletana secondo il disciplinare europeo e quello dell’Associazione Verace Pizza, appena aggiornato sui tempi di lievitazione e sull’uso al 20% di farina tipo 1, e il dispclinare della Stg, specialità tradizionale garantita.
Ecco, chi fa la pizza seguendo queste regole fa la vera pizza napoletana.

Antonio Pace, presidente Avpn

Antonio Pace, presidente Avpn

I due disciplinari sono costantemente sotto attacco e sappiamo perché: gli interessi commerciali sulla pizza sono cresciuti enormemente e dietro il termine pizza ormai si fanno passare, panini, panuozzi e focacce. Tutto quello che viene lievitato e informato diventa pizza. Pizza è anche quella usata dalle multinazionali, pizza è anche quella dei panettieri, in teglia, al forno elettrico. Pizza ha un sounding fortissimo ed efficace perché vuol dire gioia, famiglia, convivialità.

Il caso vuole che con  l’aggettivo napoletana il sostantivo pizza acquisisce valore, ed è uno dei pochi casi, in genere nel settore food, musicale e teatrale, che ha un risvolto positivo a fronte di un uso diminutivo se non dispregiativo introdotto con la vittoria piemontese del 1860. Vae victis, e i guai per quella sconfitta epocale purtroppo non sono finiti come ben sappiamo.

Però sulla pizza l’aggettivo ha valore positivo, per un semplice e banale fatto: la pizza è napoletana.
Nel 1984 fu tracciato un solco preciso che, piaccia o non piaccia, definisce cosa è la pizza napoletana, un po’ come la ricetta dei tortellini registrata alla Camera di Commercio di Bologna.

Quel disciplinare fu oggetto di mediazioni, come tutti i disciplinari, e guai se non fosse così. Fu bocciato l’olio di semi e introdotta la mozzarella di bufala, impasto diretto e un minimo di tempi di lievitazione.

Ora siamo in un paese libero, almeno sino alla vittoria finale di Salvini, e ognuno fa la pizza che vuole. Ma sapendo bene che non è pizza napoletana.

Ma allora le varianti? Il canotto, quelle con tante farce diverse, dalla salsiccia e friarielli alla quattro formaggi, dalle verdure alle carni? Ben in quel caso si tratta di pizze di stile napoletano, che è caratterizzato soprattutto dalla scioglievolezza dell’impasto determinata da alta idratazione e cottura rapida che non lo asciuga definitivamente.

Non vi sia dubbio alcuno: la pizza napoletana si scioglie in bocca, i sapori di pomodoro, olio d’oliva, latticino e impasto si fondono e diventano altra cosa, il profumo della pizza napoletana non è quello del pane.

Ma è pizza napoletana solo quella fissata dai disciplinari, soprattutto quello a marchio europeo.

Perché questa definizione è importante? Non per stabilire chi è bravo e chi no, chi è migliore o chi è peggiore, ma per fissare dei paletti precisi in un mondo globalizzato dove solo le regole scritte e riconosciute valgono. Basti vedere i problemi del San Marzano in Usa, dove il marchio europeo non ha valore e, credo ben presto, i problemi della mozzarella di bufala con il crescere delle produzioni in Cina, Argentina e degli stessi Stati Uniti.

Naturalemente i primi  sollevare dubbi su quanto detto, inutile dirlo, stanno nelle mura di Napoli, dove ognuno ha la propria ricetta. Per fortuna che esitono le associazioni, Dio ce le conservi sempre, come l’Avpn e l’Apn, ma anche le giovani Gruppo Piccola Napoli e Mani d’Oro, che hanno le idee ben chiare. Senza di loro, forse, anzi, togliamo il forse, non esisterebbe la pizza napoletana. Ma solo lo stile napoletano, con gran sollazzo di chi non sa fare la vera pizza napoletana.

8 Commenti

  1. Leggevo attentamente, fino ad un commento di carattere politico, che mi ha fatto cadere le braccia. SIAMO IN Un PaESE libero almeno fino alla vittoria finale di Salvini?? Ma quanta ignoranza e sinistra memoria intravedo.
    Bhe, forse caro scrivano forse è proprio ora che vivi la tua illusa libertà.
    Viva la pizza e soprattutto Impariamo a distinguere gli argomenti, ogni cosa ha il suo posto, parli di pizza? Parla di pizza e così via
    Mah!!!

  2. Trovo assurdo il tentativo di limitare la LIBERA ESPRESSIONE del pensiero del titolare di questo blog che, invece, non ha censurato:
    e questo è molto apprezzabile.
    La preoccupazione per una svolta autoritaria, in Italia, È REALE, non è un’invenzione, e molti italiani la condividono.
    Tra l’altro sta danneggiando moltissimo L’IMMAGINE DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO.

  3. La mia modesta opinione e figlia di alcune riflessioni che mi arrivano di getto e sicuramente opinabili.La stg disciplinare,per me e la pizza Napoletani che cosi l’hanno concepita come cosi, pare venga aggiornata.Esistono molti scritti su libri e riviste datate e odierne,ma se la Bibbia pare sia la summa di traduzioni sbagliate,correzioni e aggiunte a seconda di chi ha manipolato nelle varie edizioni…I dubbi aumentano e si confondono.Però grazie a you tube ho potuto apprezzare filmati d’epoca dove persino il grande Toto’riceve una pizza Napoletana che a occhio dovrebbe avere un diametro 24 o pressapoco,un mini documentario dove vengono realizzate pizze sempre a Napoli negli anni 60′ Allora?Perche’uniformare la pizza Napoletana? Credo sia saggio navigare sulla tradizione,seguire linee guida di base,ma sopratutto metterci del proprio in base al target di zona e clientela.Se davvero in tutte,dico tutte le pizzerie del mondo si gusterebbero solo stg…la tristezza sarebbe infinita,buona ma triste.Saluti

  4. per me e la pizza,che solo alcuni… Napoletani che cosi l’hanno concepita.

    correzione…

    1. caro Fabrizio,

      non credo sia un tentativo di uniformare la pizza. anzi, ognuno puo’ fare la pizza come gli pare e piace. la scelta degli impasti e delle farciture sono libere e possiamo anche dire che sono quasi una espressione “artistica” del prodotto pizza.

      Il problema e’ quando si usa il termine “napoletana”, “verace”, “stg”. In quel caso occorre rispettare quanto previsto per l’uso di quel termine. come vedi esistono le “stile napoli/napoletana” che sono ovviamente una approssimazione ma dove persiste un qualche cosa che non le rende propriamente “napoletane”.

      Nessuno obbliga nessuno a mangiare solo pizze STG pero’ se non siamo noi italiani in primis a difendere i nostri prodotti, le nostre tradizioni e la nostra cultura – non aspettatevi che lo facciano chi ci mette l’ananas o la carne di renna…

  5. Concordo in parte caro Nello,pur avendo avuto maestri Napoletani,e da 45 anni al banco,fregiarmi del titolo pizza verace stg non aggiunge nulla e forse qualcosa toglie.La disciplinare fu’sicuramente cosa giusta e ben fatta,ma..sussistono sul campo variabili che necessariamente vanno considerate.Per quanto riguarda le farciture libere,come tu dici..beh per me questa e nota dolente.Ritengo solo che Michele a Napoli,Condurro…per intenderci e pochissimi altri,difendono tradizione e cultura come giustamente tu dici.Molti bravissimi pizzaioli,purtroppo hanno ceduto nel segno dell’innovazione ad espressioni che di tradizione e cultura ne fanno volentieri a meno.Saluti!

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