Pizza napoletana, Sorbillo al Mattino: la bocciatura Ue sotto pressione delle lobby industriali


Gino Sorbillo

La Ue ha bocciato la Stg Pizza Napoletana ottenuta appena un anno fa. Sul Mattino abbiamo intervistato Gino Sorbillo

«Non voglio pensare ad una macchinazione, ma sento puzza di bruciato. L’ennesimo affondo delle lobby industriali contro l’artigianato alimentare in combutta con la burocrazia di Bruxelles. La storia delle battaglie perse dall’Italia negli ultimi anni è in questa direzione, penso per esempio alla questione della cioccolata con il divieto di specificare in etichetta quando è pura».

Gino Sorbillo, ultima generazione di una famiglia che ha iniziato a sfornare pizze 75 anni fa a via dei Tribunali, reagisce a muso duro contro il rapporto Ue che mette a rischio la Stg della pizza napoletana. Un anno fa le telecamere erano tutte per lui, segretario dell’Associazione Pizzaiuoli presieduta da Sergio Miccù.
Neanche un anno e arriva la doccia fredda.
«Cosa dire, evidentemente davvero non è un bel periodo per la nostra città».
Voi però avete fatto poco per tutelare la Stg.
«A livello istituzionale e burocratico forse sì, non abbiamo creato un organismo di controllo unico nel quale potevano far parte le diverse associazioni di categoria. però negli ultimi mesi abbiamo lavorato molto».
In quale direzione?
«Stiamo cercando di far capire che la pizza non è una seconda scelta, ma ha pari dignità con un pranzo o una cena. Con Enzo Coccia, Franco Pepe a Caiazzo abbiamo promosso incontri e seminari, fatto belle manifestazioni, l’ultima la settimana scorsa con Stefano Bonilli, fondatore del Gambero Rosso, a Vico Equense assieme a Gennaro Esposito»
Si certo, siete delle star anche su Facebook e tra i food blogger al pari dei grandi chef. Ma tutto questo per Bruxelles non conta: manca un interlocutore istituzionale.
«Ovvio, però volevo sottolineare che il marchio ha portato a una nuova presa di coscienza da parte di una categoria in genere messa all’ultimo posto nella scala gerarchica della ristorazione pubblica».
E adesso quali le prossime mosse?
«Mi sono sentito con Massimo Di Porzio, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, e insieme ci vediamo  qui a via dei Tribunali per delineare una strategia comune. C’è ancora margine per la discussione e speriamo che su questa questione l’Unione Europea torni indietro».
Ma davvero una buona pizza dipende dal disciplinare di produzione?
Sicuramente no, però è importante fissare dei paletti, e soprattutto legare in maniera indissolubile questo prodotto a Napoli. Purtroppo in America già non è più così».

3 Commenti

  1. qui da noi abbiamo vissuto l’esperienza della dop pane di altamura, con un disciplinare largo, alla fine la dop si è avuto con l’unico effetto che il VERO PANE TRADIZIONALE DI ALTAMURA è uscito dalla dop ed è diventato presidio slow food.

  2. Ricordo bene che un altro nodo spinoso sono i controlli. Chi controlla come riesce a valutae fattori poco descrivibili come la manipolazione della pizza? Me ne parlava Antonio Starita durante la mia visita. Ricordo bene che disse “Non è a Napoli che c’è bisogno di sorvegliare. Qui la pizza la sappiamo fare già”. Cmq una tutela seria di questo nostro prodotto che qualunque nazionale al Mondo giubilerebbe per avere per sè, ci vuole.

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