Quale carne per il ragù napoletano?


di Andrea Docimo
Il ragù in Campania è una tradizione le cui sfumature mutano di luogo in luogo, intrecciandosi al tessuto socio-culturale e storico del posto.

Al Symposium tenutosi presso Eccellenze Campane in via Brin, organizzato da Luciano Pignataro Wine&Food Blog in collaborazione con Mysocialrecipe e condotto da Giustino Catalano e Marco Contursi, sono stati ripercorsi storia, tecnica, usi e costumi relativi al piatto più identitario della cucina partenopea. Ad assisterli, con tanto di vari tagli di carne esposti e da raccontare agli uditori in sala, Sabatino Cillo, uno dei macellai di riferimento in Campania e in Italia.

Da sx Giustino Catalano, Sabatino Cillo, Luciano Pignataro, Francesca Marino e Marco Contursi

Da sx Giustino Catalano, Sabatino Cillo, Luciano Pignataro, Francesca Marino e Marco Contursi

Il ragu' di Cillo

Il ragu’ di Cillo

Il ragù con braciola di locena – con all’interno aglio, prezzemolo, pecorino, sale, pepe, uvetta e pinoli – ha aperto le danze: a presentarlo Peppe Maiorano, cuoco e patron di Osteria La Chitarra, presso le Rampe S. Giovanni Maggiore, in una traversa di via Mezzocannone a Napoli. La parte più interessante del suo discorso: “Tempo fa il ragù riempiva un intero pranzo: si iniziava con i nervetti come antipasto; si proseguiva con la pasta; si finiva con la carne nel sugo.”. Volendo, si potrebbe anche aggiungere che una fetta di pane nel ragù, di primo mattino, costituisce un bellissimo modo di fare colazione.

Il ragu' di braciola di locana

Il ragu’ di braciola di locana

A seguire, l’intervento di Cillo sulle carni, coadiuvato da Catalano, più concentrato sugli aspetti storici, e Contursi per gli aspetti tecnici. Di centrale importanza la qualità della materia prima – la carne – e la logica dietro la scelta della stessa per il ragù: ci sono tagli che sopportano meglio le lunghe cotture e altri che invece sono più indicati per quelle brevi. Con un’ottima materia prima, inoltre, secondo il macellaio svizzero trapiantatosi nel Sannio, sfumare con il vino è praticamente inutile.

È poi stato presentato il ragù con involtini di capra – ripieno simile a quello della braciola di locena ma senza uvetta, pinoli e con un formaggio diverso dal pecorino -; dunque, il ragù di Cillo, fatto con vari tagli e premiato da un panel test alla cieca dal Gambero Rosso, servito con la pasta.

 Il ragu' con involtini di capra

Il ragu’ con involtini di capra

A seguire, il ragù con la salsiccia rossa di Castelpoto, Presidio Slow Food in questo caso poiché in fase di stagionatura, e le uova. La salsiccia è stata presentata da Pierpaolo Maio dell’Azienda “Masseria Maio” a Castelpoto (BN), che l’ha anche proposta in degustazione alla fine del laboratorio. Ben bilanciato, con una gradevole piccantezza solitamente assente nel ragù.

Il ragu' di Castelpoto

Il ragu’ di Castelpoto

Domenico Fuccio del ristorante-pizzeria “Di Stora” d’Arpaia (BN) ha invece presentato un ragù di allodola, rifacendosi a quello di passero, oggi specie protetta.

Il ragu' di allodola

Il ragu’ di allodola

Dall’Agriturismo “Valle Ofanto” di Rapone (PZ) il “kuta-kuta” calitrano: pollo cappone tagliato a pezzi, fatto rosolare e cotto con il pomodoro, a ricreare un ragù più povero che di fatto richiamava alla memoria il pollo alla cacciatora.

Il kuta-kuta

Il kuta-kuta

Infine, gli gnocchi con il ragù di tracchia.

Gnocchi con ragu' di tracchia

Gnocchi con ragu’ di tracchia